È fioca, ma una luce in fondo al tunnel c’è. Ci deve essere. È questo che cercano di far intravedere i responsabili di Fipe-Confcommercio, in occasione dell’annuale presentazione del Rapporto sulla ristorazione. Tuttavia, i dati non sembrano lasciare ben sperare: se la pandemia è quasi vista come un problema superato (la data è il 1° maggio, quando si eliminerà completamente l’obbligo di esibizione del Green Pass), l’inflazione generata dall’impennata dei costi delle materie prime e dell’energia paralizza il settore della ristorazione. “Una tempesta perfetta”, la definisce il presidente di Fipe Lino Stoppani, a cui tuttavia il settore è pronto a rispondere.
Rapporto sulla ristorazione Fipe: i dati del 2021
Il rapporto fotografa la situazione dell’anno appena trascorso, con dati influenzati pesantemente dall’altalena di aperture e chiusure. È per questo, secondo Luciano Sbraga, vicedirettore Fipe e responsabile dell’ufficio studi, che l’86% delle aziende ha visto un fatturato ancora in calo rispetto ai livelli pre-Covid. Solo il 15% delle imprese ha registrato un aumento del fatturato, ma la maggioranza di queste registrano un risicato +10%. C’è tuttavia fiducia: il 76,7% delle imprese è convinto che nei prossimi mesi i consumatori torneranno ai tavoli dei ristoranti con uguale o maggiore intensità rispetto al periodo pre-pandemia.

Di pari passo va il dato sui consumi degli italiani nel fuori casa: in due anni il settore ha accumulato una perdita di domanda per oltre 57 miliardi di euro, non compensati dall’incremento dei consumi alimentari in casa, che si attesta in circa 7miliardi di euro. Va detto che i dati più negativi si sono registrati nel 2020 e già nel 2021 si è assistito a una timida ripresa, ma, denuncia Sbraga, questa perdita così consistente è andata a colpire tutta la filiera delle materie prime alimentari.

Dato ancora più preoccupante è il saldo del numero delle imprese del settore della ristorazione: per 23 mila imprese che hanno chiuso i battenti, meno di 9 mila hanno inaugurato in questo 2021 e, se consideriamo anche il 2020, in due anni si sono perse 45 mila attività. Quello a cui si assiste, fa notare Sbraga, è una diffusa insicurezza, che ha portato a dimezzarsi il numero di nuovi ristoranti: se a livelli pre-pandemia ogni anno in media aprivano circa 15 mila aziende all’anno, adesso le nuove attività sono la metà.
Materie prime e personale: le preoccupazioni dei ristoratori
Anche se l’impennata dei costi delle materie prime incide pesantemente sulle previsioni di crescita per il comparto, non si è assistito ancora a un sensibile incremento dei listini dei ristoranti. Il comparto finora si è dimostrato virtuoso, proponendo al consumatore finale aumenti al di sotto dell’inflazione. Ma per i prossimi mesi – avverte Sbraga – è difficile che il trend rimanga su aumenti dei listini così cauti.

È il tema dell’occupazione, tuttavia, l’emergenza più grave da imputare al Covid: 193 mila posti di lavoro in meno rispetto al 2019. Il 21% delle imprese lamenta di aver perso manodopera specializzata e per 4 imprenditori su 10 mancano candidati e competenze adeguate. Faro puntato, quindi, su formazione e politiche attive del lavoro: Fipe chiede alle istituzioni la decontribuzione delle retribuzioni, investimenti sugli istituti alberghieri e sulle scuole professionalizzanti, approfittando anche delle opportunità offerte dal Pnrr. A questo si aggiunge una pressante richiesta di una moratoria sui debiti delle imprese della ristorazione: la guerra in corso e gli aumenti delle materie prime vanno a colpire soprattutto questo settore, per questo viene invocato un occhio speciale, che inizi dalle posizioni debitorie.
I nuovi scenari post-pandemia
Lino Stoppani traccia poi il quadro dei fenomeni che la pandemia, nel bene e nel male, ha lasciato in eredità alla ristorazione. Per primo, lo sviluppo food delivery e dell’asporto, che ancora incide in maniera minimale rispetto al fatturato, ma che si è rafforzato aprendo a nuove opportunità.
Poi si è assistito a un cambiamento dei modelli organizzativi delle imprese: da un lato si è riusciti talvolta a migliorare il business, dall’altro si è dovuto fare i conti con mutate abitudini di consumi, se non in alcuni casi con fenomeni di desertificazione commerciale in alcune zone causati dallo svuotamento delle aziende. Del tutto in positivo è visto da Fipe il tema dello sviluppo dei dehors e delle esternalità, a cui si è aggiunto il terzo fenomeno nuovo, che è un’attenzione maggiore da parte degli addetti alla ristorazione e dei clienti al tema della sicurezza, dal distanziamento agli igienizzanti e alla mascherina per i dipendenti.

Merita una digressione la questione Green Pass, che dicono da Fipe è stata accolta con favore, ma che ha generato spesso contrasti con la clientela. Il 72% delle imprese ha registrato qualche inconveniente, soprattutto nella richiesta dell’esibizione del certificato verde, mentre le sanzioni ai pubblici esercizi inadempienti si sono fermate a cifre irrilevanti (a fronte di un 55% di locali controllati, solo uno 0,8% ha subito multe per l’omissione). Oggi, dice Sbraga, che l’obiettivo vaccinale è stato raggiunto, è ora di sollevare i ristoratori da questa funzione di controllo.