Riapertura dei ristoranti: da Milano a Roma, c'è chi rimanda
Sia a Milano sia a Roma non mancano gli indirizzi che hanno deciso di riaprire subito (sono in prevalenza trattorie, ristoranti di quartiere e pizzerie, con qualche eccezione). Se, per fare qualche esempio, nel capoluogo lombardo Ilaria Puddu e Stefano Saturnino hanno deciso di tirare su le saracinesche di Giolina, Marghe e Gelsomina il 18 maggio, mentre lmmorale ha lanciato il delivery e contestualmente riaperto con metà dei coperti e un format basato sul menu degustazione (con sconto di 15 euro per chi pre-acquista sul sito), nella Capitale, Giancarlo Casa riapre questa settimana al pubblico la sua pizzeria Gatta Mangiona, così come i ragazzi di Santo Palato, che hanno deciso di tirare su la saracinesca il 19 sera su doppio turno, pur continuando con il delivery.
Ma molti indirizzi, soprattutto fine dining, stanno rimandando la riapertura e restano chiusi. "Noi per ora non riapriamo, perché non c’è chiarezza: in tre giorni siamo passati da ipotesi di quattro metri quadrati a persona, a due metri, sino a uno", dice Diego Rossi, chef e patron di Trippa a Milano, assieme a Pietro Caroli. "Hanno reso obbligatorio il rilevamento della temperatura qui in Lombardia, ma una persona potrebbe non avere ancora la febbre e non aver sviluppato sintomi", aggiunge. "Vogliamo aspettare per vedere cosa succede, per evitare di dover chiudere per una seconda volta: se tra una settimana il Governo dicesse che bisogna richiudere, cosa facciamo? Per tre mesi non c’è stata un’informazione certa, con cambiamenti continui, hanno paventato regolamentazioni assurde, ne hanno dette tante, creando confusione: a questo punto aspettiamo un po' ad aprire, vediamo come va, tanto dieci giorni non ti cambiano la vita". Come sarà la riapertura? "Probabilmente, all’inizio, in base a quanto lavoreremo - dovremo calcolare quanta gente ci sta, secondo le ultime disposizioni - qualcuno rimarrà in cassa integrazione (in totale ci sono nove dipendenti, oltre ai due soci titolari, ndr), e avremo le referenze ridotte, in modo da buttare via meno roba", risponde lo chef.
Anche Wicky Priyan ha deciso di rimandare l'apertura, perché "il Coronavirus è un problema serio e non voglio mettere a rischio né me né i miei clienti, preferisco vedere come evolve la situazione, dal momento che i contagi sono ancora a livello di attenzione", spiega. "Preferisco aprire in serenità a giugno: sarà una riapertura graduale, ho intenzione di ridurre notevolmente i posti destinati al fine dining: solamente l'ultima sala sarà dedicata alla degustazione del menu di alta cucina. L'idea è di accogliere, all'inizio, solo due persone alla volta, previa prenotazione ovviamente. Poi, se le cose andranno bene, arriverò ad ospitare al massimo dieci persone, di cui due al bancone e otto divisi per i tavoli della sala. All'ingresso lo spazio sarà tutto dedicato al delivery e all'asporto, ma l'idea è quella di creare in futuro un bistrot dalla proposta più semplice e veloce", racconta.
L'imprenditore siciliano Vittorio Borgia, a Milano patron di Bioesserì e di altre insegne che vanno dalla pasticceria Baunilla a Fud, ha deciso di prendersi del tempo. "Per noi ripartire significa rimettere in pista circa 120 persone, quindi stiamo aspettando di ripristinare la situazione. La riapertura dipenderà non solo dalle regole, ma anche dalla curva epidemiologica e da come reagiranno le persone alle riaperture: se nei ristoranti non viene nessuno, è molto difficile", ha spiegato nel corso di un webinar di #FareRete a Sonia Re di Apci - Associazione Professionale Cuochi Italiani. "Sarà un problema iniziare: un sostegno in termini di liquidità non si è visto, credo che siano solo 5-6 dipendenti su 120 ad aver ricevuto la cassa integrazione al momento. Si tratta di una situazione ingarbugliata, non bisogna essere frettolosi, e riaprire tanto per farlo non ha una logica imprenditoriale, soprattutto con una struttura importante come la nostra", ha proseguito. C'è poi la questione dell'impianto di condizionamento: "Secondo le disposizioni, bisogna escludere totalmente la funzione ricircolo dell'aria. Come fare? Basta spegnerlo, ma il caldo tra poco arriva e sarà difficile gestire la situazione", commenta.
È proprio la gestione dell'aria condizionata ad avere bloccato per il momento la riapertura di RetroBottega Ristorante a Roma, che al momento è in stand by: i titolari spiegano che stanno studiando un sistema che permetta un circolo d’aria che eviti l’aria condizionata. Contano di risolverlo quanto prima, ma per assicurare l'igiene dei locali e la salute degli ospiti, fino a che non avranno una certezza sanitaria, non apriranno. Per quanto riguarda Retropasta e Retrovino, invece, la riapertura è prevista per il 20 maggio. In particolare, RetroPasta sarà aperto sette giorni su sette, solo a pranzo e asporto, fino alle 19.30. All’interno potranno essere accolte non più di quattro persone, quindi meno della metà, a fronte di una capienza di dieci persone. Mentre Retrovino accoglierà gli ospiti dal martedì alla domenica, dalle 17.30 alla 1 pm, e anche qui l'ingresso sarà consentito alla metà degli ospiti usuali.
In una realtà variegata come quella firmata Achilli, poi, se il ristorante stellato Achilli al Parlamento - che da poco vede impegnato in cucina il giovane Tommaso Tonioni, tra i finalisti di S.Pellegrino Young Chef - è ancora chiuso, il locale di quartiere Achilli Caffè, attivo sul fronte delivery e asporto già da qualche settimana, è stato subito riaperto, puntando sulla pausa pranzo dei lavoratori della zona. "Achilli al Parlamento aprirà verosimilmente i primi di giugno", racconta Tonioni. "Il fatto che uscirà il decreto con la misura anti-contagio di un metro di distanza tra le persone a noi non cambia molto: avremo uno o due tavoli in meno, diciamo che da 24 coperti potremmo passare a 20. Pulizia e distanza restano invariate per quanto ci riguarda, ciò che cambierà realmente è che indosseremo le mascherine".
L'Enoteca La Torre, sempre nella Capitale, una stella Michelin a Villa Laetitia, nel mondo del fine dining è un'eccezione. "Riapriamo venerdì 22, circa una settimana prima rispetto a tanti colleghi: le nostre teste in realtà non si sono mai fermate, siamo sempre andati a lavorare per il giorno in cui avremmo riaperto", racconta il restaurant manager Rudy Travagli. "Noi abbiamo anche un catering che lavora su tutta Italia, e che è ancora fermo: per questo abbiamo un nuovo progetto, con cui siamo partiti qualche giorno fa. Si tratta di una sorta di delivery, Eat Me Box con Prêt-à-porter, che permette di comporre un piccolo buffet a casa, come se fosse un evento o una festa. I due nostri locali al mare, invece, La Macchia Club e La Dogana a Capalbio, riapriranno rispettivamente l’1 e il 6 giugno", spiega. Come si sono organizzati per la riapertura di Villa Laetitia, invece? "I tavoli del ristorante stellato sono già distanziati e pronti, sono sufficienti quattro giorni per organizzarci. Il 25% dello staff rimarrà a casa e valuteremo in base all’affluenza cosa fare: stiamo già ricevendo chiamate per prenotazioni, è un buon segno. Realisticamente credo che non lavoreremo tanto, ma queste telefonate ci danno grande energia: penso che in estate la gente si sposterà da Roma in altre località. Rinunceremo a qualche coperto, circa quindici, ma una volta che abbiamo quei sei o sette tavoli occupati a noi va bene e siamo contenti, aspettando che si possa ritornare alla normalità di prima. Mi auguro davvero che da settembre si possa rientrare", conclude.
Misure di protezione e riapertura: il decalogo di Giuseppe Iannotti
È una scelta che non passa inosservata quella di Giuseppe Iannotti, chef e patron del Krèsios a Telese Terme, in provincia di Benevento. Lo stellato, che durante il lockdown si è dedicato alla ricerca con il suo IannottiLab, riaprirà il ristorante il 3 giugno. Nel frattempo, però, ha stilato un vero e proprio decalogo di protezione del benessere dei ragazzi e degli ospiti di Krèsios.
Ecco allora una serie di regole sanitarie e scientifiche, che mirano a tutelare la condizione di dipendenti, ospiti e fornitori.
I All’ingresso a tutte le persone, compresi i dipendenti, che accederanno alla struttura verrà richiesta la misurazione della febbre con apposito termometro ad infrarossi con errore +- 0,2. A chiunque verrà inoltre gentilmente offerto un gel disinfettante.
II Tutti i pacchi in ingresso verranno posizionati al di fuori dal Krèsios, ci sarà una persona adibita al disimballaggio per l’introduzione successiva all’interno dei locali.
III In questa fase sarà inibito l’accesso ai locali, a persone e ospiti esterni, a tutti i rappresentanti. Le visite verranno rimandate in fase successiva, e sicuramente saranno accolti attraverso videoconferenze.
IV Utilizzo di mascherina obbligatoria cambiata e rigenerata due volte al giorno.
V Per la cucina: Timer lavaggio mani, con detergente sanificante ogni 45 minuti.
VI Per la sala: utilizzo guanti di stoffa, lavaggio mani ogni 2 ore.
VII TAVOLI
4 tavoli del diametro di 1,80 m, che ospitano al massimo 4 persone.
1 tavolo del diametro di 2,20 m, per 6 persone.
Distanza tra i tavoli di 2,80 m
VIII Il numero massimo delle persone consentito è di 15 coperti in 120mq di struttura. Non accettiamo ospiti occasionali che non abbiano preventivamente effettuato prenotazioni sul sito web, ai quali verrà sottoposto un piccolo questionario (se sarà richiesto dalle autorità).
IX La cucina è composta da: Giuseppe Iannotti, Eugenio Vitagliano, Livio Improta, Simone Granata, Annamaria Corrado, più 2 ragazzi in stage dalle scuole, suddivisi in 2 cucine da 35 mq per un totale di 70 metri quadri.
X La sala è composta da Alfredo Buonanno, Danilo Maria De Rosa e Gabriele Rapuano operano su una superficie di 120mq più 150mq di cantina.
XI Tutti i ragazzi avranno aderito a un decalogo di comportamento, che limita il contatto con persone esterne al fine di salvaguardare il proprio lavoro, l’azienda e gli ospiti.
XII Tutte le superfici, i tavoli, tutti i piatti, le posate sono sanificati con una soluzione di alcool puro e acqua al 63% VOL. prima di ogni servizio della portata.
XIII La struttura è dotata di sistema di climatizzazione con immissione di aria costante, attraverso estrazione e immissione di aria pulita.
XIV Le cappe di estrazione sono dotate di immissione costante di aria pulita e trattata. Inoltre le cappe sono in depressione rispetto alla sala in modo che il flusso della cucina non si mescoli con il flusso della sala.
XV I bagni sono sorvegliati sempre da una persona della sala del Krèsios e, all’accesso di ogni singolo ospite, vengono disinfettate tutte le superfici di contatto, compreso maniglie e rubinetteria.
XVI In questa fase chiediamo ai nostri ospiti di limitare al massimo il pagamento in contanti. Pertanto, il pagamento sarà consentito attraverso lettore POS contactless, o, in alternativa, su richiesta invieremo un directlink direttamente alla mail del cliente per poter o prepagare la cena, in modo da consentirgli di vivere a pieno l’esperienza senza dover pensare più ai soldi, o a fine cena per pagare direttamente al tavolo inserendo gli estremi dal suo telefonino.
XVII Per Quanto riguarda gli abbinamenti vino, sarà consigliato il pairing studiato dal sommelier, ma sarà
anche possibile richiedere la carta dei vini in formato elettronico.
E poi c'è chi dice no: il caso di Gaetano Simonato a Milano
“Aprirò solo quando potremo stare al ristorante in maniera ‘normale’, senza mascherina e senza guanti, ma tutti sorridenti”. Da questa posizione non si muove Tano Simonato, chef e patron del ristorante una stella Michelin Tano Passami l’Olio a Milano, che poco prima dell’emergenza Coronavirus aveva traslocato in una nuova location. “Sono molto semplici i motivi per cui non riapro: innanzitutto la mia clientela al 50% è straniera, mentre del restante 50%, il 50% ha paura e il 50% non vede l’ora di venire al ristorante”, continua lo chef.
“E questo 25% di clientela, che in numeri si tradurrebbe in 10-8 persone, molto probabilmente non mi darebbe un incasso tale da poter gestire tutti i pagamenti che io ho in essere, e che al momento sono in moratoria. È chiaro che, come riapro e batto il primo scontrino, devo cominciare a ripagare contributi, affitto, telefono, i mutui, i prestiti che ho ottenuto dalle banche per fare il ristorante ecc. Non posso lavorare con questi numeri, avendo delle spese”, aggiunge.
Tradotto in cifre? “Io alzo la saracinesca del ristorante e ci vogliono 2 mila euro al giorno circa per coprire le spese. E poi c’è da considerare un altro aspetto importante: chi viene a spendere 300 euro nel mio ristorante, lo fa perché vuole il massimo, e io non posso fare una linea ridotta perché so che le persone non verranno e devo far venire tre ragazzi alla volta e tre lasciarli in cassa integrazione. Insomma, prima di aprire, devo sincerarmi di come andranno le cose… Anche perché continuano a ripetere di stare attenti al ritorno del Coronavirus, come se fosse già annunciato. Quindi che si fa? Si apre e si chiude in continuazione? Anche per questo credo sia meglio aspettare un attimo, ragionarci con calma”. Per gli stessi motivi - conclude Simonato - non riaprirà nemmeno l’Acquada di Sara Preceruti, ristorante di cui è socio, che ha aperto sui Navigli poco prima dell’emergenza Coronavirus, in quella che è stata per anni la sede del suo ristorante, ora trasferito in via Petrarca.