In Italia l'Associazione Italiana dei Ristoratori Giapponesi c'è da tempo, ma fino ad ora era mancato un sistema di certificazione mondiale vero e proprio, tale da garantire l’autenticità e la qualità dei ristoranti giapponesi.
In Italia i ristoranti di sushi sono diventati comuni al punto che nelle grandi città italiane quasi superano come numero le trattorie tradizionali. La gran parte è gestita da imprenditori cinesi che applicano la famosa formula "All You Can Eat", che spesso incide sulla qualità del pesce e della preparazione.
Le cose non cambiano poi così tanto in giro per il mondo.
Per questo da Tokyo arriva una proposta che potrebbe rivoluzionare tutto: proteggere i veri ristoranti giapponesi con un bollino per i veri chef nipponici che aderiscono alla cucina washoku, ovvero alla tradizionale gastronomia nipponica, riconosciuta nel 2013 come patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Una sorta di disciplinare dunque, un po’ come per la pizza napoletana - piatto che negli anni ha subito variazioni, storpiature come e forse più del sushi.
Preparazione, qualità degli ingredienti e comprensione della cultura nipponica: ecco cosa sancirà la certificazione proposta dal Ministero dell’Agricoluta giapponese, che già da marzo dovrebbe essere in vigore. Qualunque chef, anche non giapponese, ma formatosi almeno per qualche tempo nel Sol Levante, potrà ricevere un bollino di certificazione: bollino "bronzo" se si è partecipato a corsi anche brevi in Giappone, "silver" per chi ha studiato almeno sei mesi e "gold" a chi lo ha fatto per almeno 2 anni.
Un sistema di bollini, quello che viene da Tokyo, per preservare l’identità culinaria, e un modo per i consumatori di scegliere in maniera più critica dove e cosa mangiare.