Non ci era riuscito neppure Masterchef a rendere la ristorazione così popolare. Per la prima volta nella storia, a ristoranti chiusi, l’Italia si è scoperta una repubblica fondata sulla tavola e un argomento un tempo di nicchia ha occupato i titoli del telegiornali, ogni giorno. Per la prima volta però in modo così massivo non si è parlato di chef rock star o di alta cucina, ma di economia, di socialità, e di come i ristoranti fossero baluardo nazionale del Made in Italy ma soprattutto aziende che molto prosaicamente parlavano di soldi più che di filosofia.
Delivery sì, delivery no? Più o meno prodotto italiano? Più padelle e meno sottovuoto? Tradizione o innovazione? Il dibattito gastronomico di inizio pandemia verteva tutto su temi essenzialmente culinari e sul fatto che “il delivery non rappresenti l’identità e l’esperienza di una cena al ristorante” e che quindi poteva essere evitato.
A distanza di un anno sembra passato un secolo: sono fioriti virtual brand, e-commerce, delivery, kit da completare a casa e prodotti a marchio, le frontiere della brand extension sono state esplorate in ogni angolo e il mondo della ristorazione si è ritrovato cambiato. Contro le iniziali reticenze è oggi più vario, disomogeneo, attento alle esigenze del cliente e decisamente più pop. Gli chef parlano apertamente di conti da pagare e di costi, dichiarano le esigenze sottese a menù degustazione e alla scelta degli ingredienti, di eccellenze ma anche di rapporto qualità/prezzo. Si sono ritrovati d’un tratto a far quadrare i conti in pubblico, per un business che fino ad allora sembrava dorato e che invece ha molti costi fissi e molto elevati. La pandemia ha reso i paladini del gusto finalmente vicini ai problemi comuni.
Ne abbiamo intervistati quindi alcuni, stellati e non, che negli ultimi due anni non si sono fermati e che possano essere di ispirazione. Le loro scelte, i nuovi modelli di business e gli adattamenti che hanno dovuto compiere sono diventati patrimonio di tutti, come strumento utile al settore, e per questo parte della campagna S.Pellegrino #SupportRestaurants promossa da S.Pellegrino per dare visibilità ai molti talenti della ristorazione.
Qualità che paga e scelte strategiche all’Harry’s Piccolo
Matteo Metullio e Davide De Pra, chef del ristorante Harry's Piccolo a Trieste, due stelle Michelin, non hanno dubbi “Sinceramente non crediamo che cambiare il proprio stile di cucina possa aiutare ad affrontare questa crisi o a creare una base più solida al settore”. Puntano invece tutto sulla qualità, in termini sia di materia prima che di lavorazione, e sulla resa della qualità stessa. “La qualità proposta, dalle osteria al ristorante stellato, va fatta percepire al cliente e va fatta pagare in giusta misura”.
Il controllo di gestione e la sostenibilità economica oggi non sono più un tabù, e anzi, identificano un bravo chef al pari della proposta gastronomica: menù, una carta vini e lista cocktail devono realmente rispecchiare il tipo di servizio e pareggiare così i bilanci. “Noi, dal canto nostro, cercheremo di proporre sempre più menù degustazione, in maniera da garantire una spesa coperto minima. Da un lato è vero che toglie flessibilità, dall'altro, se ben proposti, regala un'esperienza completa e di valore. Inoltre, inaspriremo i tempi e i modi di cancellazione, e miglioreremo la resa degli spazi a disposizione, per evitare di avere sedie vuote. Sui prezzi proposti, invece, abbiamo sempre cercato di non scendere sotto un certo ricarico, così da essere sostenibili e questa sarà la strada che continueremo a percorrere”.
Più concretezza e piatti al massimo per Matteo Rizzo
Il Desco compie nel 2021 40 anni, e non aveva mai vissuto una situazione simile. Ma lo chef Matteo Rizzo è convinto che vada sempre trovato un lato positivo. “Per far fronte alla poca costanza e tempestività dei fornitori, abbiamo ridotto la carta e snellito i percorsi degustazione. Oggi chi entra a Il Desco trova ogni piatto al suo massimo, perché la proposta è stata distillata e concentrata. Siamo sempre stati un ristorante "concreto", se così si può dire, ma penso che il Covid porterà l'intera cucina italiana verso una maggiore concretezza. Che non significa fare compromessi con la qualità e la ricerca, anzi, al contrario ci terrà più a focus su ciò che si propone al cliente”.
Come ristoratore gestisce insieme al suo staff ben cinque ristoranti, fra cui il nuovissimo Esko, un format di delivery e take away che dato il successo inaspettato si può considerare la vera rivelazione in città. E che resterà sicuramente, nel futuro.
Il futuro secondo il Cuoco del Futuro, Davide Guidara
L’enfant prodige della cucina siciliana Davide Guidara è stato premiato da S.Pellegrino e Acqua Panna in occasione della presentazione della Guida 50 Top Italy 2020: è il Cuoco del Futuro e non potevamo che chiedere anche a lui che cosa vede all’orizzonte nella sua cucina. “Prima che cominciasse tutto, avevo già tracciato una linea ben precisa, che metteva al centro la ricerca tecnica sui vegetali e l’essenzialità. Ho proseguito in questa direzione, ma forse la pausa forzata qualche effetto l’ha avuto. Mi ha permesso di dedicarmi maggiormente allo studio, di affinare alcuni processi che già avevo sperimentato e di arrivare a un minimalismo ancora più estremo”.
Per Davide questo della pandemia è stato anche l’anno della chiusura di Sum e dell’idea di un nuovo ristorante totalmente dedicato ai vegetali da soli 14 coperti. “La mia sarà una cucina completamente vegetale, in cui spingerò al massimo livello i presupposti della mia ricerca. Cercherò in buona sostanza di cambiare la visione della cucina vegetale”.
I prodotti made in Casa Leali
“Da qualche mese abbiamo lanciato una linea di prodotti private label di Casa Leali per portare nelle case delle persone gusti e sapori che caratterizzano la nostra cucina” – racconta il giovane chef Andrea che con il fratello Marco gestiscono il ristorante di famiglia. “Attualmente la linea prevede due tipologie di olio extra vergine di oliva del Garda Dop, due varietà di Limoncino, realizzate utilizzando esclusivamente limoni gialli e verdi della limonaia più grande del Nord Italia, e un pomodoro pelato San Marzano Dop. Nei prossimi mesi usciranno altri prodotti sia dolci che salati”.
Nel mentre però hanno ripensato anche tutta l'organizzazione della cucina, che sarà sempre più espressa, con una linea di acquisti più corta e ripetuta nell’arco del mese, meno magazzino, meno merce lavorata e abbattuta, minor stoccaggio di preparazioni sottovuoto. “Oltre a questo abbiamo approfondito le ricerche per realizzare piatti utilizzando il 100% degli ingredienti, diminuendo o azzerando ove possibile gli scarti. Dovendo gestire numerose preparazioni giornaliere ciò comporterà maggiori costi per noi, ma siamo convinti che sia la scelta giusta”. Menù degustazione e basta? Due, che cambieranno spesso durante il mese e la possibilità di mangiare alla carta scegliendo fra i singoli piatti dei due percorsi.
I delivery delle stellate Marianna Vitale e Iside De Cesare
Marianna Vitale - Foto Andrea Moretti
La piccola cucina di Marianna Vitale a Quarto, provincia di Napoli, ospita due brigate, quella di Sud, il ristorante stellato, e quella che si dedica agli arancini e crocchè di Angelina, la rosticceria take-away a Bacoli. Non ha mai chiuso, diventando il laboratorio di produzione per il negozio e dark kitchen dei delivery in partenza per la città.
“È come se avessi imparato un altro mestiere nell’ultimo anno. Abbiamo avuto la fortuna di avere già Angelina, non ci siamo dovuto inventare nessun format, ma ci siamo messi alla prova con il delivery e sono cominciate nuove consulenze. Ci rimarrà tanta esperienza. È stata... un’occasione!” – lo dice ridendo – ma in fondo non scherza. Il successo del delivery di Angelina è stato forte, i clienti che prima dovevano fare un piccolo viaggio per arrivare sino a Quarto hanno voluto sostenere il loro ristorante, aspettando che camerieri e chef arrivassero questa volta fin da loro, in un viaggio al contrario che ha mantenuto vivo il rapporto con la clientela.
Si è cimentata con il delivery anche Iside De Cesare del ristorante La Parolina in provincia di Viterbo, nella campagna della Tuscia. Niente piatti del menù stellato però, bensì un progetto a sei mani nato insieme a Dino De Bellis, chef dell’Enoteca Regionale Palatium e il resident chef di Dao Chinese Restaurant, Zhu Guangqiang, di Roma. Nato a novembre, Forchette e Bacchette è il delivery cino-romanesco nel cui menu compaiono dumpling tricolori con pappa al pomodoro o la ribollita, broccoli e arzilla o un ripieno a base di bollito, agrumi e pecorino. E nei box anche i “Biscotti della sfortuna” preparati dalla chef Iside e densi di black humor, necessario a sdrammatizzare il momento.
Pesce dry-aged e altri animali fantastici a La Madonnina del Pescatore
Foto Danilo Scarpati per Cook
Se alcuni ristoranti hanno stoppato le proprie attività e si sono concentrati su altri servizi, a Senigallia mentre lo staff di Moreno Cedroni inscatolava i suoi prodotti da spedire via e-commerce, in cucina il sous chef de La Madonnina del Pescatore, due stelle Michelin, Luca Abbadir non ha smesso di sperimentare.
“Abbiamo avuto tantissimo tempo e a mio avviso sfruttato nel migliore dei modi”, ne è sicuro Luca, insignito del premio Sperimentazione in Cucina per la Guida Identità Golose 2021. Basta seguirlo su Instagram per scoprire muffe edibili, pesci stagionati e more fermentate. “La cucina della Madonnina non è cambiata, anzi, si è evoluta, continuando in tutto questo periodo di stop a studiare, provare e riprovare, cercando sempre nuovi stimoli per noi e nuove emozioni per il cliente. Abbiamo aperto il laboratorio di ricerca e sviluppo, il Tunnel, da dove escono un sacco di idee e novità, e abbiamo inaugurato l’orto marittimo di fronte al ristorante, dove vengono coltivate piante adriatiche. Tutto questo per dire che noi abbiamo accettato questo momento buio per la ristorazione e ne abbiamo fatto un trampolino di lancio”. Perché quel che è certo che il loro menù non sarà più quello di prima.
Telese terme caput mundi con il delivery 8pus
“Nel 2019 ho fatto 100 voli, ne ho fatti 2 nel 2020”, dà così la dimensione dell’anno passato Giuseppe Iannotti, chef e patron del Kresios di Telese Terme, una stella Michelin in the middle of nowhere in provincia di Benevento. “Dove non esistono rider, app o consegne a domicilio” e dove invece è nato il progetto di 8pus, un fish delivery di ispirazione asiatica attivo su tutto il territorio nazionale. Un’idea che almeno da un paio d’anni frullava nella mente dello chef e che nel 2020 si è concretizzata non fra mura fisiche, bensì in una vetrina virtuale che spedisce in tutta Italia e che “per la prima volta ha azzerato la distanza che divideva Telese dal resto del mondo, grazie ad una logistica refrigerata, studiata nei minimi dettagli”.
Fra dirette Instagram con chef internazionali, un nuovo archivio di ricette, galline nate in incubatore sotto l’occhio vigile dei social, due anni hanno portato i loro frutti, e decine di uova al giorno. Perché ci tiene a precisare “Io non voglio aiuti, voglio solo riprendere a lavorare”.