La cantina è croce e delizia per un ristorante. È una miniera di bottiglie da assaggiare per gli ospiti, una delle voci di ricarico che tengono in piedi i conti, ma è anche un patrimonio (costoso) da costruire. Avere una cantina fornita con referenze importanti significa immobilizzare capitale, attendendo che negli anni acquisisca valore prima di venire stappato finalmente in sala. È un lavoro di anni fatto di esperienza e di impegno economico, con un valore inestimabile, che nell’ultimo anno di pandemia è rimasto sepolto.
Non abbiamo smesso di bere, anzi, le vendite di alcolici sono volate nei supermercati e sulle piattaforme online, ma questo non è bastato. La Coldiretti ha stimato che in un anno di chiusure sono rimasti invenduti 200 milioni di litri di vino in più rispetto allo scorso anno che giacciono nei magazzini dei produttori italiani per effetto della chiusura di ristoranti, bar ed enoteche in Italia e all’estero.
Il crollo dei consumi fuori casa è il problema, soprattutto per i piccoli produttori di eccellenza che non arrivano in GDO e che grazie a ristoranti ed enoteche trovano il loro pubblico e un canale distributivo. Abbiamo bevuto meno ma in media abbiamo anche bevuto peggio, o meglio, in modo molto più monotono.
Molti ristoranti hanno cercato di proporre i propri vini ai clienti con servizio di delivery, l’Enoteca Pinchiorri di Firenze ha dovuto mettere all’asta e separarsi da 2500 vini pregiati, collezionati a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, e che lo hanno aiutato a mettere insieme, si stima, 2 milioni di euro. A mali estremi, estremi rimedi, ma in generale tutti i sommelier dei ristoranti hanno ripensato un po’ il servizio e la loro proposta.
Nell’ambito della campagna S.Pellegrino #SupportRestaurants abbiamo chiesto ad alcuni di loro che cosa avessero fatto nell’ultimo anno e che cosa ci avrebbero dato da bere una volta riaperto. Da produttori locali, champagne di nicchia ad amari intergalattici, ecco che cosa stapperemo nel 2021. Sfogliando la carta in guanti bianchi.
Meno referenze, più piccoli produttori al Kresios di Telese Terme
Il tema della rimodulazione della carta dei vini lo hanno già dovuto affrontare l’anno scorso allo stellato Kresios di Telese Terme per la riapertura estiva, e per un giovane sommelier come Alberto Buonanno non è stata una scelta facile. “Restringere i numeri della carta è una prima soluzione pratica, perché è un po’ uno spreco avere una carta con 3000 etichette di cui poi girano sempre le stesse e fare magazzino in questi contesti diventa difficile. Abbiamo quindi dovuto restringere i campi e avere una spina dorsale di continuità sulla carta, avere un’offerta ridotta che però non vuol dire meno offerta, ma più giusta e più pensata – e anche magari personale”.
Rimettere mano alla carta significa ridurre o ottimizzare le referenze ma anche la necessità di poter scegliere tra vini che costano il giusto, soprattutto in questo periodo. “Non dimentichiamo che l’ospite è cambiato, non è più quello americano, brasiliano, giapponese, che aveva un budget diverso. Adesso è l’italiano che gira e non vuole spendere 1000 euro per una bottiglia ma bensì 50 o 80”. Rimodulare l’offerta è però anche un modo per scoprire vini di piccoli artigiani che hanno un rapporto qualità/prezzo più vantaggioso e supportare così un circolo economico sostenibile. “Una cosa che facevamo già da tempo, e che in questo momento può essere utile, sono i percorsi, vale a dire i pairing con i piatti in degustazione”. In questo modo si stappano più bottiglie e si dà una maggiore offerta al calice, permettendogli di assaggiare più cose a un prezzo comunque contenuto, facendo girare la cantina e senza tenere vini fermi in magazzino.
Guanti bianchi e una carta “nella carta” da Contraste
Thomas Piras e il team del ristorante Contraste non sono stati fermi durante le chiusure e anzi si sono dedicati a nuovi progetti delivery e take away come Empandas del Flaco e la rosticceria Roc. Ma per quanto riguarda Contraste, come cambia l’approccio sala/vino con la riapertura? “La filosofia e la selezione non cambia, ma abbiamo fatto degli accorgimenti. A livello fisico siamo molto affezionati al cartaceo nonostante la complessità della carta, quindi abbiamo pensato di servire con la carta dei vini, degli eleganti guanti bianchi di cotone che verranno lavati e sanificati dopo ogni servizio. Il secondo accorgimento è stato aggiungere un secondo menu di abbinamento al calice leggermente più abbordabile, cosi da invogliare l’ospite ad affidarsi e quindi a snellire le procedure”.
Mentre tanti ristoranti stanno pensando di alleggerire la carta dei vini, da Contraste si vuole mantenere inalterato il numero di referenze (1200). “Un altro progetto che abbiamo è quello di fare "una carta nella carta", quindi una selezione stagionale con vini consigliati per l’abbinamento del menù con una sola bottiglia, e di lasciare la carta full extended per chi la desidera”.
Attenzione anche al servizio e al tempo di scelta, per limitare i passaggi al tavolo che potrebbero essere percepiti come potenzialmente pericolosi. “Quanto vuole spendere? Che tipo di gusti ha? Quante bottiglie ha intenzione di bere durante la serata? Quali sono i vini che apprezza di più in genere?” Thomas sa che servirà una buona capacità di lettura a distanza e il più veloce possibile – perché non dimentica che la cosa più importante è far star bene gli ospiti.
Drink local… o champagne all’Enoteca La Torre di Roma
Rudy Travagli, restaurant manager e sommelier all’Enoteca La Torre a Villa Laetitia, ristorante stellato con ampia cantina a Roma, non ha dubbi: se cambia il cliente di conseguenza cambia la personalità della carta dei vini. “Nell'ultimo anno il cliente ha dichiarato una preferenza verso i prodotti del territorio e proprio per questo ci siamo maggiormente concentrati sui vitigni autoctoni. Allo stesso tempo abbiamo registrato un incremento nella vendita delle bollicine che ci ha spinto a selezionare champagne di piccoli produttori scoperti durante il lockdown”.
Uno dei loro punti di forza consiste nella proposta di oltre 200 vini al calice: a causa di questa situazione però hanno ridotto il numero delle etichette per limitare lo spreco aprendo, al contempo, una finestra sui prodotti di nicchia. Il sommelier? “Ha più tempo da dedicare al cliente con meno tavoli, per raccontare e, soprattutto, raccontarsi”. Perché il rapporto con la sala è parte dell’esperienza e forse la cosa che è mancata di più delle uscite al ristorante.
Dall’austerità del vino alla riscoperta di alternative spiritose alla Farmacia dei Sani
“La cantina ha assunto sempre più importanza nei ristoranti, ma spesso il vino viene investito da un ruolo più austero rispetto a quello che gli compete, ossia portatore di piacere e allegria” Fabio Rizzo è il capostipite della nuova generazione dei Rizzo che gestisce Farmacia dei Sani, il ristorante, e la nuova Farmacia dei Contenti a Ruffano, in provincia di Lecce.
“Abbiamo deciso di diventare un liquorificio vero e proprio per affiancare al vino alcuni elixir più eclettici prodotti nei nostri laboratori, senza coloranti e affinati in anfore di terracotta”. L’idea è dare al cliente una valida e spiritosa alternativa, davvero originale e introvabile altrove: qualcosa di unico e autoprodotto che faccia parte dell’esperienza al pari della cucina di Valentina, la chef. “Riusciamo ad abbinare i liquori, ben miscelati, ai piatti della cucina ovvero gli stessi diventano ingredienti cardine della cucina stessa. Anche le botaniche utilizzate per la macerazione, e dunque esauste, si trasformano in trucioli aromatici per affumicare”.
In bottiglia sono finiti così un gin, un Negroni Entropico, il Gotto Esplosivo Pangalattico e l’amaro Orizzonte degli eventi: “L’amaro è un lifestyle tutto italiano perciò deve essere ripreso e riadattato in chiave moderna facendolo diventare il fulcro di una cena o un pranzo eccezionali o un prezioso e originale regalo”.