Il sapore del salame, a detta anche dei più esperti, è “indefinito”: speziato, dolce, piccante, salato. Quel che, invece, è molto ben definito, è la sensazione di appagamento delle nostre papille gustative non appena infiliamo in bocca una fetta di questo salume. Qual è il segreto di tanta bontà, se nemmeno riusciamo a descrivere per bene il suo sapore?
Innanzitutto, il salame deve il suo ampio spettro di gusti alla preparazione, che consiste in un macinato di carne di maiale mescolata a zucchero, spezie e salnitro. Quest’ultimo è un composto già usato da cinesi e greci, anche se il suo impiego in cucina si diffuse nel Medioevo. Si tratta di nitrato potassico (KNO3) e nei salumi ha la funzione di conservante, ma anche di esaltatore dei processi e dei sapori di “stagionatura”. Non solo: evita che microorganismi indesiderati compromettano il gusto della carne conservata.
IL SAPORE DEL SALAME
Il resto, ovviamente, è dato dagli altri ingredienti. Nel laboratorio INRA di Clermont-Ferrand si sono occupati di salame dal punto di vista analitico e, dopo svariati test, hanno scoperto che il suo sapore così complesso deriva da almeno un centinaio di sostanze organiche, in gran parte derivate dagli enzimi della carne macinata e dai batteri che la fanno fermentare. Proprio per questo, sul gusto finale di un salame influisce molto la quantità di materia grassa, poiché è l’ossidazione dei lipidi a decretare buona parte dell’aroma. Se qualcosa va storto nell’ossidazione dei lipidi, per esempio, il salame ha un certo retrogusto di rancido, che per i palati fini (e non solo) equivale a uno scarto immediato. Ecco perché, per limitare le possibilità d’insuccesso, molti produttori tendono a esagerare con lo zucchero.
La degradazione degli zuccheri, infatti, può liberare acido acetico, e allora il sapore vira verso un sapore di aceto, o 2,3-butandione, che regala un sapore più morbido, di burro. Comunque sia, un sapore marcato che copre il rancido. Salami di qualità, con materia prima equilibrata di prima scelta e una stagionatura lenta, ovviamente, non hanno bisogno di troppi zuccheri.
LA STAGIONATURA DEL SALAME
A proposito della stagionatura, nel caso del salame è sbagliato pensare che si comporti come il prosciutto. Non è vero che “più è stagionato e meglio è”. Una stagionatura eccessiva, infatti, tende a disidratare troppo il salame ed ecco che, insieme all’acqua, se ne va via gran parte degli aromi. Per questo, un trucco in grado di preservare gli aromi del salame, e contribuire alla formazione di butandione e quindi di un sapore ancora più burroso, è di conservare il salame in cellophane. Può sembrare un’eresia, ma in questo modo l’evaporazione rallenta e si agisce in modo più “chirurgico” sulla degradazione degli zuccheri.
Se poi vi state ponendo la domanda per elezione, e cioè “con aglio o senza aglio?”, sappiate che, preferenze a parte, l’aglio apporta al salame delle molecole solfatate capaci di esaltarne anche gli altri sapori. Quindi, in genere, meglio con l’aglio.
CUCINARE CON IL SALAME?
Se volete utilizzare il salame nelle vostre ricette, infine, ricordatevi che questo salume, al contrario di quel che si creda, non ama molto le cotture. La carne indurisce, il grasso si separa e l’esperienza non è delle migliori. Meglio, quindi, utilizzarlo nei ripieni. Avete mai provato, per esempio, le frittelle al salame?
Tagliate delle fette di salame un po’ spesse e preparate una pastella con 150 grammi di farina, 200 millilitri di latte intero, 1 uovo, un pizzico di sale. Intingente per bene le fette nella pastella e friggetele per un minuto. Il risultato è straordinario.