Un pizzico, oppure due? Non siamo abituati a sentir parlare di sale in modo preciso. Eppure, ci sono un sacco di numeri pronti a farcelo conoscere meglio. Ecco gli 8 da non perdere!
2
sono i componenti del sale da cucina, ovvero sodio (Na) e cloro (Cl). Di solito sono presenti altri minerali in piccole quantità, che tuttavia vengono eliminati nella fase di raffinazione del sale. In alcuni tipi di sale viene addizionato dello iodio, sia per le diete che ne sono carenti, sia per evitare la formazione di “blocchi” di sale.
3
sono i principali tipi di produzione di sale. Il “sale di roccia” è ricavato da miniere sotterranee, che vengono raggiunte con tunnel del diametro di circa 50-60 metri, e profondi 500-600 metri. Nelle miniere più grosse si preleva sale a una velocità di circa 900 tonnellate l’ora. Il sale “solare”, invece, è quello che si raccoglie nei depositi all’aperto, formatisi per evaporazione spontanea dell’acqua, che ne contiene in media il 3,5% (laghi come il Mar Morto o il Great Salt Lake, però, possono raggiungere percentuali molto maggiori). Infine c’è il “sale evaporato”, cioè quello raffinato artificialmente tramite evaporatori. È il più diffuso e, rispetto alle altre due tipologie, consente di stabilire il grado di purezza dell’NaCl, superando il 99% di quello di roccia e solare.
12,3
i grammi di sale al giorno consumati da in media da un cittadino dell’Azerbaijan, paese che si trova al decimo posto al mondo per consumo. Al nono posto troviamo la Mongolia, con 12,6 grammi, seguita da Corea del Sud (12,9); Georgia, Kyrgyzstan e Thailandia (13,2); Tajikistan (13,4). Sul podio, in terza posizione troviamo il Turkmenistan (13,7), mentre in seconda l’Uzbekistan (14). Al primo posto si piazza il Kazakhstan, con ben 14,8 grammi.
20
almeno sono le diverse tipologie di sale presenti nel mondo, ma se ne stimano molte di più. Tra le principali ci sono il sale rosa dell’Himalaya, il rosso delle Hawaii, il nero di Cipro, l’affumicato della Danimarca, il grigio della Bretagna, il sale di Trapani, il sale Mothia, il Maldon e il fleur de sel di Camargue. Le differenze principali sono imputabili al tipo di produzione, che regala cristalli molto diversi tra loro, e la presenza di certi tipi di minerali.
77%
del sale che ingeriamo nella dieta proviene dal cibo che mangiamo al ristorante o compriamo già fatto, mentre il 5% lo aggiungiamo in cottura nei nostri piatti. Il 6%, invece, è aggiunto dopo la cottura, mentre il resto si trova negli ingredienti. Pensate che il 90% del sodio che assumiamo proviene proprio dal sale.
8000 anni fa
vi furono i primi tentativi di raffinazione del sale. Nella regione che corrisponde all’attuale Romania, si faceva bollire l’acqua per ricavarne il sale. Lo stesso procedimento, nel medesimo periodo, pare fosse in uso in Cina. Tuttavia, della raccolta del sale si hanno notizie fin dall’epoca degli Itti e degli Egizi, che lo prelevavano da rocce e spiagge dove era evaporata l’acqua del mare.
62 milioni di tonnellate
di sale prodotte in un anno dall’India, che al momento si trova al primo posto nella classifica mondiale dei produttori. E ci rimarrà ancora per molto, visto che gli Stati Uniti, in seconda posizione, ne producono “solo” 40 milioni. Ben distaccata, al terzo posto, la Cina, con 24,5 milioni, seguita da Germania (19), Canada, Australia e Messico, tutte e tre a circa 10 milioni.
255 milioni di tonnellate
di sale sono state prodotte in tutto il mondo, nel 2016. In calo rispetto alle 271 del 2015 e alle 261 del 2006.