Avere 30 anni, da quasi 10 lavorare nello stesso ristorante - La Locanda del Notaio a Pellio Intelvi, provincia di Como - ed esserne lo chef da tre. Ecco i "numeri" di Sara Preceruti, classe '83, che oltre a mantenere una Stella Michelin dal 2011 quest’anno ha aggiunto alla sua carriera un altro prestigioso premio: quello della Guida Identità Golose 2014 come Miglior Chef Donna, premio Acqua Panna e S.Pellegrino.
A guida di un team di talento la cui età media è di 25 anni, Sara ha puntato tutto sulla comunicazione e la partecipazione dell'intero staff di cucina: così, in cucina, prendono vita piatti di pesce con accostamenti inediti, risultato della creatività e del raffinato gioco fra dolce e salato.
Fine Dining Lovers ha rivolto qualche domanda a Sara Preceruti.
Premio Chef donna dell’anno per Identità Golose: come ha reagito e cosa ha significato?
È stato un onore e un’emozione grandissima: quando me l’hanno comunicato non ci credevo. Sapevo dell’interesse nei confronti del ristorante: Paolo Marchi era venuto di persona a farci visita, ma non pensavo che ciò si sarebbe tradotto in questo premio. Spero che questo riconoscimento riesca a far conoscere meglio La Locanda del Notaio: purtroppo non siamo su una strada di passaggio e, nonostante la Stella Michelin, non siamo conosciuti come ristorante stellato.
Come è cominciata la sua carriera al La Locanda del Notaio?
Sono qui da nove anni e mezzo: per molto tempo ho fatto il secondo, di due chef diversi. Anno dopo anno mi ripetevo che per la mia carriera sarebbe stato meglio andar via e fare altre esperienze: ogni volta che ci riflettevo meglio, però, mi rendevo conto che stavo ancora imparando tantissimo e quindi rimandavo. Tre anni fa la proprietà del ristorante ha deciso di investire su di me e mi ha chiesto di diventare chef: inizialmente ho avuto molta paura, non sapevo se sarei stata in grado di reggere la situazione e non nego che il primo anno sia stato difficile. Solo a quel punto ho capito dove potevo arrivare ed essere una "vera" chef: un ruolo che non riguarda solo la la cucina, ma significa anche gestire le persone, studiare il menu, contrattare con i fornitori, richiede insomma moltissima organizzazione.
Come descriverebbe la sua cucina a chi non la conosce?
Semplice: usiamo materie prime di alta qualità, genuine, non cerchiamo di sorprendere con prodotti troppo particolari o ricercati, cerchiamo invece di stupire sul fronte degli abbinamenti, usando la creatività. C’è comunque un grande rispetto per tutte le materie prime che usiamo: le cuciniamo alle giuste temperature e proponiamo una cucina leggera.
Ci sono dei piatti che la rappresentano più di altri?
Il nostro biglietto da visita sono i dolci: l’ultimo, presentato durante la recente edizione della fiera Host, si chiama Pazzia Atto Secondo e mischia dolce e salato. Una cosa che mi piace fare spesso nei piatti che preparo.
A quali materie prime non può rinunciare?
Il pesce di mare: amo cucinarlo tutto e in tutti i modi. L’ultimo nostro piatto, per esempio, ha come protagonisti i moscardini, dei gamberi saltati con pomodori, gelato pompelmo rosa, cacao e nocciola.
Chef donna in Italia: qual è stata la sua esperienza?
Nell’alta cucina la donna, almeno all’inizio, viene messa sempre in pasticceria: è un lavoro di estrema precisione e pazienza, per questo motivo una donna trova subito spazio in quel settore. A me però piaceva fare tutto, quindi ho iniziato a sgomitare e sono arrivata dove volevo. Per una donna, in generale, è sicuramente più difficile essere uno chef, soprattutto quando inizia a nascere il desiderio di farsi una famiglia e di avere dei figli.
Lavora con ragazzi giovanissimi, lei stessa lo è: che atmosfera si respira in cucina?
Tutto lo staff del ristorante è giovanissimo, anche la direttrice ha meno di 30 anni. Lavorare con dei coetanei è sicuramente più facile, innanzi tutto dal punto di vista delle idee e della comunicazione, parliamo la stessa lingua insomma. In cucina c’è una bella atmosfera: facciamo gruppo ma sappiamo anche essere seri quando le circostanze lo richiedono.
Lo chef che ammira e che rappresenta secondo lei in questo momento l'Italia?
Antonino Cannavacciuolo: sono stata nel suo ristorante e sono entrata nella sua cucina e ho visto come lavorano, e mi piace da morire! Poi il suo pensiero è molto simile al mio: c’è sempre un protagonista nel piatto, opta per gli ingredienti semplici e la materia prima viene sempre rispettata.
Il locale più innovativo che ha visitato di recente o che si sente di consigliare?
Un ristorante dalle mie parti, in provincia di Pavia, dove sono stata con la mia famiglia per festeggiare il premio di Identità Golose: si chiama Acquamatta ed è una cascina ristrutturata con parete a vetri che ridà su un torrente. A parte l’estetica anche i piatti sono fatti bene: semplici, ma buoni.