È stata inaugurata ieri, giovedì 9 maggio, a Genova, nella splendida cornice di Palazzo San Giorgio, l'edizione 2019 di Slow Fish.
Alla presenza delle autorità, il presidente di Slow Food Carlo Petrini ha rilanciato l'idea di una Slow Fish permanente nel capoluogo ligure, non più come un appuntamento biennale in cui incontrarsi e tirare le somme, ma un presidio stabile di confronto per le piccole e media realtà del Mediterraneo (e del mondo?) che si occupano di pesce. Nella visione di Petrini, Genova diventerebbe così un punto di riferimento internazionale per pescatori, ma anche per trasformatori, artigiani, ristoratori, cuochi e, perché no, consumatori.
Foto: Alessandro Vargiu | Archivio Slow Food
Tematiche più che mai attuali affrontate nelle prime ventiquattro ore di rassegna - così come lo saranno nelle giornate di venerdì 10, sabato 11 e domenica 12 - sono state quelle della sostenibilità e dello spreco alimentare.
Ma, oltre al pescatore e al consumatore, può uno chef fare la sua parte per aiutare il mare ed eliminare gli sprechi?
Noi di FineDiningLovers abbiamo fatto un giro tra gli stand di Slow Fish e abbiamo capito una cosa: ancora una volta il ruolo dei ristoranti è fondamentale, chi lavora in cucina è infatti il tramite, il ponte tra chi pesca e chi consuma. Ciò che uno chef richiede al pescatore e al contempo ciò che va ad offrire al cliente può fare la differenza.
Di seguito, abbiamo raccolto in sei punti chiave gli aspetti fondamentali con cui uno chef può realizzare una narrazione diversa della cucina di pesce. Approccio che stanno seguendo sempre più professionisti.
1. Pesci alieni: il pericolo che diventa una golosa risorsa
Le specie aliene, parliamo soprattutto di pesci e più sporadicamente di alghe, sono quelle che si spostano, da sole o trasportate dall'uomo, verso zone differenti da quelle autoctone, più o meno lontane. Qui sovente diventano un danno per l'ecosistema, ad esempio mangiando le specie locali che nel tempo rischiano di scarseggiare. Come combattere questo fenomeno? Con la cucina. Alcune esempi? I pescatori dei Caraibi hanno trasformato il pez leon, proveniente dall’Oceano Pacifico, in una prelibatezza che si trova in tutti i ristoranti d'alta cucina dei Paesi latinoamericani; in Turchia i cuochi hanno imparato a cucinare oltre trentacinque specie aliene commestibili nel Mediterraneo dell’Est. E in Italia? La risposta arriva da uno stand della Puglia: il pesce serra, ormai noto predatore di fauna marina locale, è proposto in tavola in moltemplici, gustosissime ricette.
2. Il valore delle specie dimenticate
Foto: Alessandro Vargiu | Archivio Slow Food
Pensateci bene: quando pensate di cucinare del pesce a casa, così come quando lo ordinate al ristorante, le specie che vengono in mente sono sostanzialmente sempre le stesse, ossia salmone, branzino, orata, pesce spada, tonno e poco di più. Tutte razze eccellenti, ma il mare - e i fiumi - sono ricchi di un'infinità di razze ottime, spesso completamente sconosciute. Lo chef più essere la prima fonte con cui il cliente si istruisce e apre la sua mente in questa direzione. Diversi appuntamenti a tavola di Slow Fish vanno in questa direzione. Nella prima giornata, a Il Marin è stato ospite lo chef Gianfranco Pascucci, mentre all'Anciôa, il bistrot del prestigioso ristorante, ha cucinato lo chef Gennaro D'Ignazio.
Foto: Paolo Properzi | Archivio Slow Food
Tra gli altri nomi presenti all'edizione 2019 Pino Cuttaia, che ha realizzato la cena dell'anteprima, l'8 maggio, e Moreno Cedroni, che cucinerà per la cena di chiusura, il 12 maggio.
3. Cucinare con gli scarti
Foto: Paolo Properzi | Archivio Slow Food
Uno dei foodtrend più interessanti da esplorare. Tutti i prodotti che vengono utilizzati in cucina, il pesce come la verdura, produce spesso, seguendo le abitudini tradizionali, una buona quantità di scarti. Basta però cambiare ottica per scoprire che praticamente tutto più diventare un ingrediente utile, insolito, buono. Saranno diversi gli chef di rilievo che nel weekend genovese cucineranno le parti meno nobili del pesce, se non proprio gli scarti. La prima è stata, nella cucina allestita all'interno del Mercato di Slow Fish, la chef Marianna Vitale, che nell'appuntamento Della triglia non si butta via niente ha utilizzato proprio tutto per realizzare magnifici piatti, lische comprese.
4. La scelta della materia prima
Foto: Alessandro Vargiu | Archivio Slow Food
Saper scegliere gli ingredienti è una parte essenziale. Certamente il pesce, ma anche verdura, frutta, farine e olio. Sempre più chef lavorano con i produttori locali. Si guadagna in etica e gusto se si inseriscono nel proprio menu produzioni rare, dimenticate, come quelle che valorizzano i presidi Slow Food. Creare una rete, una filiera di cui si conosce ogni passaggio permette di lavorare con materia prima che in tavola non può deludere. Oltre a conoscere il prodotto, è poi importante conoscere il territorio, la tradizione, le tecniche di preparazione originali. In fiera ce lo dimostra, tra gli altri, lo stand di Slow Food Giappone: niente sushi qui, ma tradizionali affumicature. Come dite? Volete del pesce crudo? Non c'è bisogno di pensare alla cucina esotica, negli stand pugliesi è presente tutta la tradizione raw fish del Sud Italia. Anche a Genova c'è chi lavora in questa direzione, come la Trattoria dell'Acciughetta, presente con uno spazio tutto suo, che ha fatto del pesce azzurro e della creatività i propri punti di forza.
5. Rispetto dell'ambiente, promemoria costante
Un tema spesso affrontato dalla cucina è quello dello smaltimento corretto dell'olio esausto. Si tratta di un autentico nemico dell'ambiente e conservare l'olio utilizzato per poi smaltirlo secondo legge è fondamentale. L'etica in cucina passa però anche dalle piccole cose. All'interno del ristorante, si possono infatti ridurre gli elementi non riciclabili, specie quando si tratta di oggetti usa e getta. Durante i quattro giorni di Slow Fish, tutti i materiali presenti agli stand, dai piatti ai tovaglioli, sono biodegradabili e, nelle postazioni ecologiche, del personale vi aiuterà a gettare via i rifiuti nel modo corretto. Se avete ancora dei dubbi, si può iniziare da qui.
6. Fare squadra
Foto: Paolo Properzi | Archivio Slow Food
Quando gli chef si incontrano, è facile che emergano questioni comuni. Problematiche, tecniche, agevolazioni, si possono condividere tra professionisti che operano nello stesso settore, ma anche con pescatori, fornitori e consumatori. Conoscere realtà diverse permette di allargare i propri orizzonti e, perché no, facilitare il lavoro. Il confronto diretto può essere più efficace della politica.
E qui si ritorna alla questione sollevata da Petrini proprio all'inizio della kermesse: perché non avere a Genova, nel cuore del Mediterraneo, un presidio Slow Fish permanente?