Cardamomo, zenzero, vaniglia, peperoncino, sono le dieci, cento, mille spezie ed erbe aromatiche che hanno dato vita agli spirit. Si può compiere così un viaggio affascinante tra liquori, amari e distillati ottenuti proprio dalle spezie e dalle erbe aromatiche, un’esperienza sensoriale che racchiude qualcosa di magico, nel vero senso della parola.
Trattando di spirit e delle loro origini ci si tuffa infatti nell’antica alchimia, da cui deriva la distillazione, e si incontrano, strada facendo, creature fatate: la Fata Verde per la precisione, ma chiamatelo assenzio, il distillato all’aroma di anice ottenuto dalla miscelazione di erbe come coriandolo, camomilla, radice di angelica, menta tra semi di anice verde, artemisia, finocchio.
È un perfetto equilibrio tra profumi e aroma, da cui lasciarsi sedurre, come per ogni liquore o distillato. Un equilibrio reso possibile proprio dalle preziose virtù erbacee.
Allora che il viaggio tra le spezie abbia inizio.
I Distillati: la Fata Verde e altre creature fantastiche
L’assenzio è stato inventato alla fine del 1700 da un medico francese che miscelò l’artemisia, o assenzio maggiore, con altre erbe.
Il toccasana di 60 gradi viene apprezzato da artisti e scrittori e consumato con rituali stravaganti, in pieno stile bohémien.
Anice, finocchio, issopo, melissa sono alcune delle materie prime destinate alla macerazione per ottenere la Fata Verde, oggi elaborato, intorbidito con acqua ghiacciata, ma sempre affascinante come un quadro di Degas, che all’assenzio ha dedicato una delle sue tele più conosciute.
Il ginepro è la pianta che dona l’aroma al gin, inventato da un farmacista olandese nel XVII secolo. Miscelando alcol e bacche di ginepro nacque una ricetta diuretica efficace, che divenne l’acquavite aromatica nelle borracce dei soldati in guerra e poi liquore rielaborato in Inghilterra con una tecnica dal nome destinato a fare la storia: London Dry Gin. Tra i botanicals prevale il ginepro, ma si aggiungono mandorle, scorze di limone, cardamomo e angelica. Dalla selezione delle bacche di ginepro all’alambicco fino all’invecchiamento, il risultato è uno dei distillati più richiesti per la preparazione dei cocktail.
L’orgoglio italiano ha il gusto forte della grappa, che può essere aromatizzata con l’aggiunta di vegetali. Se da una parte fragole di bosco, mirtilli o miele la rendono delicata per i palati meno abituati, dall’altra, rametti di ruta e rinzoma di genziana.
I Liquori: erbe e spezie tra le ricette dei monasteri
Creati nei monasteri come pozioni curative, i liquori oggi sono sempre a portata di barman per miscelare cocktail o per un semplice drink monodose.
Magari un hot drink a base di acqua calda, zucchero di canna, scorza di lime, semi di cardamomo, a cui aggiungere liquirizia o semi di anice, di finocchio o di zafferano. Il tutto da unire a una dose di centerbe, il liquore tipico italiano e che più si avvicina a quelle ricette antiche.
Di colore a metà tra lo smeraldo e l’oro, ad alto tenore alcolico, è ricco dei botanicals tipici della zona di produzione, erbe aromatiche e officinali, salvia, rosmarino, chiodi di garofano, bacche di ginepro e altre ancora.
La costellazione dei liquori ci porta ad alta quota, dove cresce il Genepì, pianticella di alta montagna, al limite della vegetazione, da cui si ricava il liquore di matrice valdostana, ottimo ammazzacaffè.
Dall’erba luigia, dalle foglie lunghe e chiare, profumate come un agrume, si ricava il Perseghino. Il liquore si comincia a preparare d’estate, quando si conserva nell’alcol il nocciolo delle pesche. In inverno si filtra, si aggiungono lo zucchero e le foglie d’erba, si lascia affinare in cantina. Anice, angelica, finocchio e buccia di limone, macerati e distillati, danno vita invece al Vespetrò, dal colore giallo oro.
E fuori dall’Italia? Due le grandi combinazioni tra liquori e virtù erbacee. Lo Scotch Whisky, usato per creare liquori con erbe come l’erica e altre tipiche delle Highlands scozzesi, e la vodka a cui, soprattutto in Russia, si aggiungono erbe o spezie, come l’erba siberiana del bisonte, che ricorda la vaniglia, e il peperoncino.
Gli amari: carciofo, zenzero e rosmarino
L’amaro tra gli amari, perfetto digestivo, dissetante d’estate, si ricava con le foglie del carciofo. Con la radice di genziana maggiore, diffusa in alcol, nasce invece l’amaro montano che deve il suo nome alla pianta erbacea.
Si ottiene con lo zafferano, invece, l’amaro digestivo, quasi medicinale, a cui si aggiungono altri botanicals dal gusto amaro e che prende il nome dal vernacolo milanese fer-net, il ferro rovente dell’Ottocento che liberava i tombini della città dalle occlusioni.
Ancora, il rosmarino. Facilissimo da trovare, è l’ingrediente che, con erbe come melissa, menta piperita, chiodi di garofano e bacche di ginepro, può essere lasciato macerare nell’alcol per poi filtrare il vermut e per ottenere il classico amaro alle erbe. Una tradizione da autoprodurre, per chi ha la pazienza di aspettare una settimana di macerazione e otto mesi di riposo prima della degustazione.
Il risultato però sarà pregiatissimo, quasi magico, per tornare alle fate dell’inizio del viaggio.