Dopo un primo approccio al mondo del food & beverage come bartender, Stefano Canosci ha lavorato anche nelle sale e nelle cucine dei ristoranti. Poi la decisione di tornare nel senese e sviluppare, approfondire la sua passione per i lievitati e per la pizza.
Oggi è il titolare e pizzaiolo di Pizzeria Chicco a Colle di Val d'Elsa. L'indirizzo è stato premiato dalla guida del Gambero Rosso con i Tre Spicchi. L'abbiamo incontrato per farci raccontare il suo percorso fino ad oggi.
Quando ha aperto il suo locale?
Nel 2010, era un bistrot con pizzeria. La proposta della cucina era di qualità ma anche un po' furba, con un menu che comprendeva la terrina di foie gras e il manzo di Kobe. Anche le pizze rispecchiavano un po' quella direzione. Nonostante mancasse tutta la conoscenza sull'argomento che ho acquisito successivamente, i topping erano già ricercati, insoliti.
Prima il mondo del bar, poi quello della sala e della ristorazione. Quando si vota definitivamente all'arte bianca?
Attorno al 2012. Avevo già aperto la mia attività da un paio d'anni. In quel periodo notai un cambiamento, la nascita di quello che considero un vero e proprio movimento: i pizzaioli che venivano considerati al pari dei grandi chef. Mi viene in mente il nome di Giovanni Santarpia. Capii così che la pizza non era soltanto un aspetto che andava ad integrare una proposta di qualità ma che poteva esserne il fulcro. Iniziai quindi con una formazione molto seria, seguita da tanta pratica direttamente al bancone del mio locale.
Una scelta che è risultata vincente.
Senza dubbio, oltre ad un ottimo riscontro da parte della clientela nel tempo sono arrivati i primi riconoscimenti. Dapprima partecipo a Emergente Pizza, poi si accorge di me la guida del Gambero Rosso. Sono entrato in quelle pagine con due spicchi, fino a due anni fa quando sono arrivati i Tre Spicchi, il massimo concesso dalla guida. In ultimo una grandissima soddisfazione: qualche mese fa sono entrato nella classifica 50 Top Pizza al 48esimo posto. Tutto soddisfazioni che hanno fatto capire a me e al mio staff che siano nella direzione giusta, per questo da diverso tempo siamo soltanto pizzeria e non più ristorante.
Come è riuscito a ritagliarsi il tempo per la formazione con un'attività già avviata?
Oggi la tecnologia può aiutare molto. Online si trovano corsi, tutorial... A me mancava la teoria e grazie ai supporti digitali sono riuscito a colmare le mie lacune. Certo, per farlo al meglio è importante avere un ottimo laboratorio a disposizione in cui esercitarsi. Io naturalmente avevo quello del mio locale. Una volta che mi sono sentito pronto ho creato quello che è stato il primo prodotto in cui mi sono riconosciuto davvero: l'impasto della pizza classica. Poi non mi sono più fermato: sono arrivate la pizza fritta e la pizza degustazione.
Quindi, se dovesse usare tre aggettivi, come descriverebbe la sua pizza?
Diversa, perché sono in primis i miei clienti a dirmi che il mio prodotto è molto riconoscibile, tanto al palato quanto alla vita. Digeribile, aspetto importante per avere una cliente ampia che sia anche contenta di tornare a trovarti. Infine dire "punk": io non sto a guardare se il cornicione è venuto perfettamente rotondo oppure se il topping è distribuito sul disco impeccabilmente. Ciò che mi interessa più di ogni altra cosa che il cliente goda di un'esplosione di sapore fin dal primo morso.
E com'è strutturato il locale oggi?
Da Pizzeria Chicco le sale sono tutte differenti, da quella rosa, "scaldata" dalle tanto foto di persone che addentano la loro pizza, a quella verde. E poi la cantina, il privé... In mezzo c'è la postazione per creare le pizze, strategica dal punto di vista pratico ma anche simbolica: la pizza è al centro di tutto.