Anche quest’anno si è concluso Taste of Roma, il più importante evento per gourmet della Capitale.
Quindici tra i migliori chef della città hanno aperto i loro stand per confrontarsi, giocare e soprattutto per presentare la propria idea di cucina ai viandanti affamati. Sotto il cielo di una Roma insolitamente calda, circondato dalle meraviglie architettoniche dell’Auditorium di Renzo Piano, Taste 2017 non è stato solo un successo. È stato goduria allo stato puro.
Ecco perché abbiamo scelto di raccontare le filosofie culinarie di dieci grandi chef (più uno) attraverso i piatti che ci hanno fatto assaggiare.
Giulio Terrinoni, Per Me Giulio Terrinoni
Immagine: Irene Casavecchia Sangiorgi
Non c’è regalo più grande che possa essersi fatto chef Terrinoni di aprire un locale tutto suo dove mettere il cento per cento di sé stesso. La sua cucina, che nel Superspaghettone Verrigni Tutti Frutti con pomodori affumicati, salsa harissa e gelato di pomodoro trova un’esplicazione palese, è Rock ‘n’ Roll pulitissimo, come la canzone di Little Richard (o di Elvis, tanto la conosciamo grazie a lui). In bocca si ritrova uno scherzo che fa venire il sorriso come nel buon humour inglese, con quei salti geografici che partono dal mare di Gaeta e scendono sempre più giù, fino a schiantarsi in Nordafrica nella semi-provocazione di una salsa harissa verde di erbe e peperoncino. Ad accompagnare i frutti di mare che si sciolgono in bocca ci pensa il gelato di pomodoro, sia componente acida, sia punta rinfrescante per il palato. Terrinoni ha suonato un pezzo ai suoi ospiti sapendo perfettamente che i sapori avrebbero fatto in bocca un ballo ritmato e pieno di vitalità. Attenzione, puro food porn.
Kotaro Noda, Bistrot 64
I piatti di Noda Kotaro hanno radici fortissime nel rispetto della materia e delle tradizioni. Nato e cresciuto in Giappone, è riuscito a trasferire la cura estrema del Sol Levante nei piatti della tradizione romana, di cui è innamorato - e l’amore per lui si traduce in profondo ossequio. In questo Taste l’omaggio alla tradizione è in realtà la sua dissacrazione calcolata. La cipolla nell’amatriciana è tabù e motivo di sdegno? Benissimo, allora riempio una cipolla di sugo. La carbonara è il piatto della semplicità in cui basta qualche uovo e guanciale? Perfetto, allora la cucino con complesse tecniche giapponesi per farne un budino leggero come l’aria mantenendo il gusto di una delle più buone che potreste mangiare. Senza parlare degli Spaghetti di patata burro e alici, fantastici. La cosa più bella è che se un cliente è scettico, gli si avvicina e dice: “Non si preoccupi, se passa da Bistrot 64 le faccio una cacio e pepe come si deve”. Senza boria, con umiltà. Rispetto e cura: sembra tutto facile, non lo è per niente.
Roy Caceres, Metamorfosi
Immagine: Irene Casavecchia Sangiorgi
Quella di Roy Caceres non è una filosofia, è necessità di passione. A sentirlo parlare ci staresti ore: la sua è la storia di una vita vissuta fino in fondo. In Italia è arrivato per giocare a pallacanestro, per poi passare al lavoro di lavapiatti e infine ad appassionarsi tanto della cucina da farne il suo respiro. La cucina di Roy guarda al nostro paese, l’ha studiata partendo dai trattati medievali, ma ora per lui è arrivato il momento di tornare a casa. Dopotutto è un albero cresciuto in Italia con le radici piantate in Colombia. Prima però viene l’ingrediente, etico e buono anche se proviene dall’altra parte del mondo. Lo Yuzu, Madorle e Camomilla è la summa del suo pensiero: un dolce tanto semplice e bello da guardare quanto complesso da realizzare, dove biscotti al burro noisette, gelato di camomilla e una sorta di lemon curd allo yuzu sono nascosti da un velo di latte di mandorla di Noto. Il prepotente acidulo iniziale sbigottisce fino a quando, un secondo dopo, arrivano insieme tutti gli altri sapori che costruiscono una sinfonia splendida. Ognuno risalta, prende il suo attimo di gloria e ti lascia con la voglia di un altro cucchiaio. Quello che ha sempre cercato di dare a chi assaggia i suoi piatti sono emozioni e allegria, e vi assicuro che conosce il modo esatto per tirarla fuori da un solo morso.
Fabio Ciervo, La Terrazza Hotel Eden
Immagine: Irene Casavecchia Sangiorgi
Innovazione, benessere, ingrediente, gusto e arte sono i caposaldi imprescindibili nella cucina dello chef Fabio Ciervo. Nessuna presunzione né razionalità, solo lo studio attento e calibrato, con il mangiar sano come necessità e la necessità come estetica. Il tutto mediato da una tecnica e una sensibilità fuori del comune. Capesante, Mango e Frutto della passione è stata una tra le portate migliori della manifestazione: sapori precisi e delicati, soddisfazione per gli occhi e per il palato con un'acidità e una freschezza che puliscono il palato e educano alle portate successive. Complessità, bellezza e leggerezza nella sua cucina si combinano e si confondono, come una statua neoclassica. Come Amore e Psiche.
Luigi Nastri, Stazione di Posta/Eit
Immagine: Andrea Strafile
Il viaggio è imprescindibile nella cucina di Gigi Nastri. Quando un cuoco viaggia, e lo fa verso l’Oriente più estremo, in genere non torna più indietro. Ed è esattamente quello che è capitato allo chef, che nel corso degli anni è tornato e ritornato in quei luoghi caratterizzati da una cucina così diversa dalla nostra e così tremendamente affascinante. Il punto di partenza non è la nostra, di tradizione, ma la loro. Semplicità ed eleganza non mancano mai, dai non-colori bianco e nero all’essenzialità nella scelta degli ingredienti. Se la Seppia Cacio e Pepe rappresenta la parte ludica del menu, quella più smaccatamente foodporn, i sapori cominciano a farsi più sottili e complicati con gli Spaghetti aglio nero, Anemoni di mare e mandorla. L’aglio nero inganna la nostra conoscenza per l’associazione con il gusto forte e puntuto, quando invece infonde elegantemente la sua vivacità colorando, e non coprendo, un piatto delicato. Stagioni, tecniche e costumi (i nostri e i loro) si prendono per mano e iniziano un cammino nella mente e sul palato di chi mangia attraverso razionalità ed equilibrio istintivo.
Daniele Usai, Il Tino
Immagine: Irene Casavecchia Sangiorgi
Chi viene dal mare si porterà sempre dentro il rispetto per il mare. Daniele Usai ci è nato e cresciuto; ecco perché prima della ricerca, prima del rischio, cerca in tutti i modi di rendere protagonista il pesce pescato. La filosofia del mare si intreccia con la vita degli uomini che vi abitano e con la loro economia. Qui non si paga solo la tipologia e il peso, ma soprattutto la fatica con cui quel pesce è finito sul tavolo da lavoro. Semplicità, che non fa rima con banalità, è la linea caratteristica dello chef. Il suo Cuore e Testa con rosso di Mazara, coppa di maiale, salsa verde e pan brioche non è una provocazione né tantomeno una dimostrazione di forza: è la sfida di riuscire a fondere come si deve la delicatezza del gambero con la prepotenza del maiale. Materia, parte tutto da qui.
Heinz Beck, La Pergola
Inutile fare le presentazioni di Heinz Beck, tre stelle Michelin parlano da sole. Con un’idea di base per cui la cena deve finire il giorno dopo, applica ai propri piatti un rigore e una disciplina maniacali. È la razionalità il suo tratto distintivo, innestata con una passionalità tutta italiana che non può e non vuole dimenticare. A Taste è stato un po' la superstar della manifestazione. Gli Spaghetti tiepidi ai frutti di mare su spuma di prezzemolo e rughetta con bottarga di muggine pensano al mare e al suo profumo che talvolta, con il vento giusto, arriva anche qui. La calibratura di tecniche e ingredienti vuole inserire l’elemento dell’acqua come condizione di fluidità.
Adriano Baldassarre, Tordomatto
Caotico, simpatico, esuberante, Baldassarre ha un mondo tutto suo in testa che difficilmente si può arrivare a comprendere. Penserete sia una critica: no, è un ottimo elogio. L’allegra follia gli calza a pennello e si traduce in pietanze difficili dominate dal caos. I suoi Scampi, Sabbia, Spugne e Coralli sono serviti come se una marea gigantesca li avesse scaraventati sul fondale e qualcuno li avesse presi e metti in un piatto. Dentro c’è tutto: il mare, il sapido, le consistenze particolari, il colore scuro che fa risaltare il frutto. Sapori spinti difficili da capire, messi a puntino in un Caso calcolato. Il tema di questa edizione di Taste era la musica. Baldassarre dice che i suoi scampi sono come la Canzone del Sole, tentando di spiegarmi il nesso. Non l'ho capito e sono felice così.
Francesco Apreda, Imàgo all’Hassler
Quella che ha portato all’evento Francesco Apreda non è la sua filosofia di cucina. È la storia dei suoi 10 anni di Imago che racchiude nei piatti la filosofia fusion - quella vera. Gli anni in Giappone prima e a Londra poi gli hanno permesso di studiare tecniche e sapori lontani, che ha deciso di fondere con quelli della tradizione italiana. I Cappellotti Doppio Umami hanno fatto innamorare chi era di passaggio e chi già lo conosceva. Prendendo in prestito la maniera dei giapponesi di mangiare il brodo anche freddo, ha tirato fuori un contrasto inusuale tra i cappellotti caldi e un brodo freddo che mette insieme i sapori del Giappone (alga Kombu, Katsuobushi, mirin, sake, salsa di soia, blend di spezie di Kyoto) con profumi mediterranei come peperoncino, arancia e limone.
Mirko Di Mattia, Livello 1
Chef Mirko Di Mattia non era tra i quindici, ma non importa. La tenacia e l’instancabile voglia di mettersi sempre in gioco con risultati sempre migliori mi hanno fatto venire gran voglia di parlarne. I suoi piatti di pesce sono distinti, oltre che dalla materia prima strepitosa, da un raro gusto estetico per l'impiattamento. Dal Causushi al Croccante di tonno e pasta di mandorle, Mirko Di Mattia ha avuto la lungimiranza di mettere a tacere i brontolii di stomaco dei viandanti con puro godimento fatto di buona mano e ingredienti eccellenti.
Se poi in abbinamento c’è anche il cocktail giusto, insomma, che ve lo dico a fà.
Alba Esteve Ruiz, Marzapane
Immagine: Irene Casavecchia Sangiorgi
In questo caso non è (solo) il pensiero che conta ma la persona stessa, l'essere donna di Alba Esteve Ruiz e le mille sfumature che questo comporta. Femminilità, aggressività, organizzazione, curiosità ed eleganza appaiono e scompaiono a suo piacimento - perché sa bene di possederli tutti. La Chitarrina Gobetti, yogurt, cetriolo, avocado e insalata di erbe aromatiche esprime una smaccata femminilità fatta di profumi, colori e sapori di carattere, ma con Ci Vuole Fegato Per l’Insalata di Mare tira fuori tutte le unghie e la sua parte aggressiva. L’insalata innocua nasconde un fegato di baccalà forte come un pugno e ti fa capire che con Alba non si scherza.
Godibile ma non prevedibile, perché ogni piatto fa apparire una parte diversa di una persona, di una donna, che ha come tutti forza e fragilità, violenza e bellezza.
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