Dopo dodici anni trascorsi all'Antica Osteria del Teatro di Piacenza, lo chef Tommaso Negri gestisce ora l'Osteria Bar Sport a Casale Monferrato.
Questo piccolo indirizzo, in cui la più accogliente informalità viene nobilitata da quel tocco inaspettato, lo vede accanto alla moglie Paola Brovero. Ecco cos'ha raccontato a Fine Dining Lovers.
Come si è avvicinato al mondo della ristorazione?
Diciamo che sono un "nipote d’arte”: mia nonna ha avuto per diversi anni un importante ristorante in Monferrato. Ho iniziato quindi a girovagare per la cucina sin dalla gioventù; da lì a desiderare di fare lo chef il passo è stato breve, spontaneo.
Poi si è avvicinato al fine dining. Quale esperienza l'ha maggiormente formata?
Ho svolto diversi stage all'estero, in cucine d'elite. Queste esperienze, come gli importantissimi dodici anni passati all'Antica Osteria del Teatro di Piacenza, mi hanno donato una chiara visione di come seguire al meglio dei clienti di alto livello. Ho anche avuto modo di apprendere in queste occasioni come la semplicità, degli ingredienti e delle preparazioni, sappia farsi apprezzare in modo trasversale da ogni tipologia di clientela.
Quale ritiene sia stato il vero “salto” nella sua carriera?
Avvenne nel maggio del 1999, proprio con l'arrivo all'Antica Osteria del Teatro di Piacenza. Dopo una brutta esperienza in un noto ristorante, il mio curriculum fu selezionato dallo chef Filippo Chiappini Dattilo, da cui ho appreso molto. Devo ringraziare per la mia formazione anche il sommelier Giancarlo Grassi, che mi ha insegnato come abbinare un piatto al vino e non necessariamente il contrario. Un concetto spesso sottovalutato dagli chef.
Quando e come è nata Osteria Bar Sport?
Nell’estate del 2016, dopo essere tornato in Monferrato per stare più vicino alla mia famiglia, ho iniziato a maturare l’idea di aprire un locale tutto mio. Senza il prezioso sostegno di mia moglie Paola probabilmente quell’idea sarebbe rimasta soltanto un sogno nel cassetto.
Come descriverebbe la proposta del suo locale?
La mia cucina è incentrata sulle materie prime e la semplicità. I miei piatti devono appagare sia il cliente gourmet che quello da osteria.
Come si pone nei confronti di tematiche quali la stagionalità e il km 0?
Seguire la stagionalità degli ingredienti è fondamentale, mentre devo dire che troppo spesso il concetto di km 0 non coincide necessariamente con quello di qualità. La massima qualità è invece alla base della mia visione di cucina, non è per me indispensabile che arrivi da vicino. Con un'eccezione: la carne. Ho la fortuna di avere proprio accanto a casa Emiliano e Fabrizio, due tra i migliori macellai che si possano trovare.
Ci sono ingredienti che ama cucinare più di altri?
Adoro proporre le frattaglie in tanti modi diversi, così come amo inventare piatti con il tartufo bianco della Valle Ghenza.
Un piatto che la rappresenta particolarmente?
Pompelmo, finocchio e agrumi. È la mia rappresentazione del concetto di umami.
Come ha reagito il ristorante a questi difficili mesi causati dalla pandemia?
Il primo lockdown è stata un’occasione di riposo dopo più di tre anni in cui abbiamo lavorato a testa bassa per impostare il locale al meglio. La cosa più stressante è la situazione attuale, con questi apri e chiudi continui che non permettono di lavorare serenamente. Non possiamo programmare le cose con alcuna serenità. Certo, abbiamo avuto la fortuna e la forza di poterci organizzare per un servizio delivery, ma la sala rimane il fulcro vitale dell'Osteria Bar Sport.