Uno degli utensili da cucina più diffusi e utilizzati in cucina è il coltello. Dall’aspetto molto semplice, e dalla versatilità senza paragoni, nasconde in realtà un mucchio di curiosità e dati interessanti che mai ci aspetteremmo.
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Solo è il coltello essenziale per uno chef. Non a caso, si chiama proprio “coltello dello chef”, e si usa nella stragrande maggioranza dei casi, anche a fronte delle decine di modelli diversi che affollano gli scaffali. La sua versatilità, del resto, deriva da caratteristiche ben precise: una lunghezza tra 8 e 10 pollici, e una larghezza tra 1.5 e 2 pollici. A seconda dei paesi, ci sono piccole variazioni. Lo chef’s knife tedesco, per esempio, è curvato dall’inizio alla fine. Quello francese, invece, è tutto dritto e curva solo in punto. Il “gyuto”, cioè il modello giapponese, è simile a quello francese, ma molto più affilato.
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È un tipico valore di durezza della lama di un coltello da chef. Perché la durezza è importante? Perché non esiste una scala di “affilatura” dei coltelli (che ovviamente possono essere più o meno affilati), quindi si guarda proprio a questo parametro. L’unità di misura più utilizzata, per i coltelli, è la Rockwell. In realtà sarebbe più corretto parlare di “scale”, perché ce ne sono diverse, anche se per i coltelli si utilizza di solito la C (HRC). Senza scendere in noiosi dettagli tecnici, un valore HRC tra 52 e 58 indica una lama “morbida”, uno tra 59 e 60 una lama di media durezza, mentre tra 61 e 65 abbiamo una lama a elevata durezza. Quest’ultima, in genere, taglia meglio, ma ha lo svantaggio di essere fragile. Molto fragile. Ecco perché una lama di questo tipo si utilizza per coltelli a lama corta, o per coltelli da cucina per mani MOLTO esperte. Basta davvero poco per spezzare una lama del genere!
Per i coltelli da chef, di solito, si punta a lame di durezza intermedia. Quelle “morbide”, invece, servono per le accette da macellaio e le asce vere e proprie, anche se l’aggiunta di altri metalli può renderle perfette perfino per il sushi.
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La percentuale massima di carbonio presente in un buon coltello da chef. L’acciaio della lama, infatti, è in acciaio, cioè una lega composta in gran parte da ferro e, appunto, carbonio. Quest’ultimo in piccola percentuale: più ce n’è e più morbida è la lama.
1084
È un tipico codice che indica la composizione di una lama, e si trova di solito stampigliato su questa o sulla confezione. In questo caso, 1084 indica una percentuale in carbonio dello 0,84%. Questo valore, per altro, è uno dei più utilizzati, insieme al 1095 (indovinate? 0.95% di carbonio). In realtà si tratta di valori indicativi: uno 1074, per esempio, nominalmente ha lo 0.74% di carbonio, ma l’effettiva percentuale oscilla tra 0.70 e 0.80. Queste composizioni regalano lame piuttosto versatili e maneggevoli anche per i meno esperti.
52100
È un tipo di acciaio quasi mitologico, con una percentuale tra lo 0,98 e 1,1%. Morbido, quindi, ma impreziosito dall’alta percentuale di cromo (tra 1.3 e 1.6%) e un tocco di manganese (tra 0.24 e 0.45%). Per via della composizione l’aspetto tende a essere grezzo, ma è una caratteristica che manda in sollucchero gli intenditori, che la scelgono per lame fatte a mano, da abili artigiani. Ovvio: un coltello di questa qualità, fabbricato a mano, si paga caro, anche più di 500 dollari.
89000
I dollari necessari ad acquistare il coltello da chef più costoso al mondo. Si tratta del Nesmuk Jahrhundertmesser. Forgiato (ovviamente) a mano, ha un manico in quercia di 5000 anni e particolari in platino e diamanti.