Se c'è un paese che durante Expo Milano 2015 ha saputo raccontarsi, quello è il Giappone. Dopo mesi di incontri e degustazioni, cene e assaggi, ci sentiamo non dico esperti, ma sicuramente più eruditi di quanto fossimo a maggio. Abbiamo scoperto una cucina che non è solo sushi, ovviamente, ma anche un paese dai prodotti e dalle tradizioni tanto affascinanti quanto complesse.
Abbiamo cercato di riassumere alcune delle esperienze che abbiamo vissuto: non vere e proprie nozioni, ma spunti di ispirazione e approfondimento per chi volesse conoscere meglio la cultura gastronomica nipponica.
Con alcune - inevitabili - semplificazioni, ecco le cose che abbiamo imparato sulla cucina giapponese:
LE PREFETTURE ESISTONO, E POSSONO INSEGNARCI QUALCOSA
È inevitabile vedere gli altri paesi come un unicum e dimenticare che le differenziazioni regionali non sono proprie solo dell'Italia. E quindi la scoperta delle prefetture in Giappone ci ha colto abbastanza di sorpresa: 47 giurisdizioni, ognuna con le proprie peculiarità gastronomiche di cui andare - giustamente - fieri. Un lavoro di valorizzazione da cui l'Italia dovrebbe sicuramente prendere spunto.

Immagine: Takehiko Niki
Prendiamo quella di Gunma, ad esempio. Una delle poche senza accesso al mare, è nota per la sua tradizione agricola, nella quale spicca in particolare il Konjac. La radice viene usata da millenni come farine in Asia, ma sta iniziando solo adesso ad essere conosciuta in Italia - e anche ad acquisire una certa popolarità. Il motivo? Contiene praticamente zero calorie, è ricco di fibre, minerali e vitamine; gli si attribuiscono proprietà antiossidanti ed energizzanti. Ridotto in farina, diventa la base per gli spaghetti (Shirataki) o per altri prodotti similari. Normalmente privo di sapore, si presta ad essere condito in innumerevoli modi diversi, come abbiamo sperimentato con il piatto dello chef Nobuya Niimori del ristorante Sushi B durante la serata di presentazione della prefettura: Tagliatelle di konjac con pesto di shiso e tartare di gamberi rossi con salsa di tofu.
IL SAKE CHE NON TI ASPETTI

Prima di Expo, pensavamo che il sake fosse quella cosa tiepida e insapore servita nelle caraffine all'all you can eat. Dopo Expo, invece, siamo in grado di capire se è Namazake o Junmai annusando il bicchierino. Merito di iniziative come Peace Kitchen, con le sue degustazioni o i suoi SakeSound Party; di eventi vari ed eventuali; dell'apertura di posti specializzati come la Saketeca Go.
Abbiamo quindi scoperto un alcolico che esattamente alla stregua di birra e vino ha diverse classificazioni, a seconda del brewing method e della brillatura del riso, ognuna con le sue sfumature di aroma e sapore. Quello considerato migliore è lo Jumai Daiginho, in cui la brillatura del riso è pari o inferiore al 50% del peso iniziale, ma noi abbiamo apprezzato moltissimo anche l'
Del liquore a base di riso fermentato e acqua in Giappone se ne producono 540 milioni di litri l'anno: una cifra altissima, che in realtà è in lento declino perché i giapponesi - specialmente le fasce più giovani - lo consumano sempre meno. Noi non possiamo che sperare che questa sake-mania continui.
LA CARNE PIÙ PREGIATA DEL MONDO

Immagine: filetto di Joshu Wagyu della prefettura di Gunma
Anche per i meno gastro-appassionati di noi, manzo di Kobe è sempre stato sinonimo di eccellenza. Durante Expo abbiamo (finalmente) chiarito molte delle incertezze che regnano intorno alle definizioni di Kobe e Wagyu - unione di wa, "giapponese", e gyu, "bovino" - e avuto modo di assaggiare una delle carni più pregiate al mondo.
Davvero interessante il pranzo che si è tenuto da Iyo, il fusion stellato dello chef giapponese Haruo Ichikawa. Un menu a tutto Wagyu con un acuni piatti memorabili come il Gyoza di wagyu, shitake, lime e dashi tiepido o la Tagliata di manzo nobile giapponese, barbabietole multicolore e fior di sale affumicato.

La carne utilizzata veniva dalla prefettura di Miyazaki, uno dei marchi appartenenti alla razza Wagyu, dove i vitelli nascono per poi essere allevati altrove. Il costo può arrivare fino a 120 euro al chilo.
Per conoscere meglio il manzo Kobe leggete qui.
GIAPPONE E ITALIA A TAVOLA VANNO MOLTO D'ACCORDO
Abbiamo avuto l'occasione di fare una degustazione in cui al sake è stato abbinato il formaggio. Una "strana" coppia, considerando che i formaggi in Giappone sono di solito molto leggeri, poco saporiti e sicuramente non parte della tradizione gastronomica. Eppure ha funzionato benissimo. I sake erano della Konishi Brewery, azienda nata nel 1550 che, nonostante le dimensioni medio-grandi, mantiene ancora un alto livello di artigianalità e selezione delle materie prime - acqua e riso. I formaggi erano dei noti affinatori Castagna. L'abbinamento più riuscito? Quello tra il Winning Horse Sake Junmai Daiginjo e il Parmigiano Reggiano - che, non per niente, ha un altissimo contenuto di umami.>
Ma ci sono state diverse altre iniziative che hanno visto Italia e Giappone incontrarsi a tavola, e non solo metaforicamente. Nell'ambito del progetto Sakenomy, ad esempio, la cucina dei migliori chef italiani è stata abbinata al sake: anche in questo caso, l'incontro è stato perfettamente riuscito.