Ad un occhio poco esperto sembra un normale mozzarella, ma è solo apparenza. Se snodi il filo di rafia verde che la chiude e affondi un coltello, dopo la prima resistenza la lama andrà giù facilmente perché incontra un cuore cedevole di panna.
È la Burrata di Andria, che proprio da un anno ha raggiunto il riconoscimento IGP: finalmente i produttori, a quasi un secolo dalla nascita di uno dei prodotti tipici pugliesi più amati si sono costituiti in consorzio.
Burrata di Andria: cos'è e dove si produce
Si presenta come un sacchetto di pasta filata bianco porcellana mozzato a mano. La sfumatura di bianco dipende, come sempre nei formaggi artigianali, dalla stagione e dall’alimentazione degli animali. Al suo interno contiene un composto cremoso mixato di panna e “sfilacci” di pasta filata, detto stracciatella.
Il peso della Burrata di Andria va da 100 g a 500 g, ma esistono burrate anche da un chilo. Un vero gioiello che oggi ha raggiunto la fama planetaria e arriva sulle tavole dei gourmet in dodici ore.
Il cuoco pugliese Pino Lavarra ha contribuito a creare un mito intorno alla burrata facendola arrivare fino al 102esimo piano del Ritz Carlton di Hong Kong dove lavora. Ma la zona di produzione e confezionamento della Burrata IGP non si limita al territorio di Andria, si stende all’intero territorio della regione Puglia.
La storia della Burrata di Andria
Come sempre non è facile risalire con certezza all’origine di questo prodotto. Sembra che la paternità vada a Lorenzo Bianchino, il casaro che agli inizi del Novecento lavorava nel Parco nazionale dell’Alta Murgia. Una forte nevicata lo aveva bloccato nella masseria insieme al latte vaccino che avrebbe dovuto portare a valle. Preparò la pasta filata e poi creo una sorta di fiaschetta, poi la riempì di panna e gli sfilacci della stessa. Infine la rinchiuse in cima con due fili di paglia. Ecco nata la burrata. Il nome Burrata, contrariamente a quanto si crede, allude al sapore del ripieno burroso, ricco e gustoso e non al contenuto.
Come si produce la burrata di Andria
Si parte da latte vaccino crudo e freddo ricavato da una o due mungiture giornaliere. Il latte, dopo essere stato acidificato – ph 6.1-6.2 – con l’aggiunta di siero, viene riscaldato fino a raggiungere 35-36 °C, poi si aggiunge caglio di vitello. Dopo circa 20-25 minuti inizia a coagulare e quando la massa ha ottenuto la giusta consistenza, si ricuce in granuli di dimensioni simili a un chicco di riso.
Terminata la rottura, la cagliata, estratta dal siero in eccesso, si versa su tavoli d’acciaio inossidabile e si lascia maturare a temperatura ambiente per circa cinque ore.
Da questo momento inizia la fase più difficile, subentra la mano dell’uomo: il processo di filatura attraverso l’aggiunta di acqua bollente. La cagliata tritata viene filata manualmente dal casaro sollevando e tirando continuamente la pasta fusa in acqua caldissima fino a ottenere un impasto omogeneo. Con macchinari che filtrano e sterilizzano l’aria, il foglio di pasta filata viene modellato e sagomato fino ad ottenere la forma di un sacchetto.
A questo punto si uniscono i ritagli di mozzarella alla panna e, con questa farcitura, si riempie il sacchetto. Al termine dell’operazione il “sacchetto di mozzarella”, viene chiuso ermeticamente e legato con un nodo all’apice. Quindi si procede con la salatura.
In ultimo le burrate ottenute si avvolgono il fili di rafia alimentare o foglie dell’Asfodelo, una pianta spontanea delle Murge.
Come conservare la Burratad di Andria e abbinarla?
Si conserva per un paio di giorni a temperatura dai 4 ai 6 gradi, ma attenzione, prima di consumarla si riporta a temperatura ambiente. Per capire se è fresca, al palato non deve avere alcun sentore di amaro o acido, ma conservare un retrogusto di burro fresco e nocciola.
Ottima da sola o adagiata su un crostone di pane abbrustolito, insieme a una fetta di prosciutto crudo. Oppure con pomodori condita con poco olio extra vergine, o ancora come ripieno di fiori di zucca.
Fantastica per mantecare un risotto o uno spaghetto al pomodoro.
Abbinamento da veri raffinatissimi gourmet: gambero rosso di Mazara crudo, burrata e caviale.
Vino ideale: bianco secco poco strutturato.