Proprio come i cibi, anche le bevande kosher devono rispettare le regole alimentari dettate dalla Torah e il vino - centrale durante le cerimonie dello Shabbat, giorno sacro per il popolo ebraico - non fa eccezione: ecco perché alcune cantine italiane si sono dedicate alla produzione di vino kosher di alta qualità.
A fare il punto su questa particolare produzione ci ha pensato l'Ais, Associazione Italiana Sommelier, che ha dedicato alle etichette kosher una speciale degustazione: tra le bottiglie proposte anche quelle prodotte da Antonio Capaldo nelle cantine dei Feudi San Gregorio in Irpinia, che ha iniziato per motivi familiari ad interessarsi all'argomento.
Quella ottenuta per i vini di Antonio Capaldo è la certificazione Othodox Union, quella più severa, che consente alla comunità ebraica mondiale di poter gustare il vino prodotto in questo angolo del Sud Italia. Alcuni dei vini prodotti dai Feudi San Gregorio sono il Maryam, un Fiano, e il Rosh, che viene daelle uve di Taurasi. Di questo ne vengono prodotte 16.000 bottiglie all'anno.
Per produrre un vino kosher, racconta Capaldo, bisogna coinvolgere nella produzione un rabbino enologo, che ha il compito di controllare che tutti i processi siano conformi alle leggi della Torah. Dal lievito alla solforosa, tutto dev'essere certificato kosher. Ogni operazione deve essere eseguita da Ebrei osservanti, responsabili anche di alcuni aspetti manuali del processo di vinificazione. Se il rabbino è in cantina, inoltre, il vino non necessita di pastorizzazione: questo rende il vino più corposo, conferendo qualità diverse rispetto alle altre bottiglie, anche se per servirlo a tavola c'è bisogno sempre di personale ebraico.
Accanto all'azienda di Capaldo sono intervenute alla degustazione organizzata dall'Ais le aziende Batasiolo, Falesco, Giordano che hanno portato all'attenzione della comunità ebraica le proprie etichette kosher.
Un vino, quindi, di cui con tutta probabilità si sentirà parlare molto nei prossimi anni e che sembra destinato a non rimanere confinato nella comunità ebraica italiana; grazie all'export, infatti, chiave dell'economia enogastronomica italiana, sarà diffuso in tutto il mondo, Israele compresa.