Attraversiamo il Parco di Monza e ci fermiamo nell'area dei cosiddetti Mulini Asciutti, in prossimità del fiume Lambro. Qui, il rumore dell'acqua, il verde sterminato e gli antichi resti delle macine ottocentesche ci ricordano quanto la sinergia tra uomo e natura sia sempre stata importante. E forse ce ne siamo completamente dimenticati. Valeria Margherita Mosca, fondatrice di wood*ing wild food lab, laboratorio di ricerca sui temi dell’alimentazione sostenibile e dell’utilizzo del cibo spontaneo per la nutrizione umana, non poteva scegliere un luogo migliore per la nuova sede del suo hub dedicato alla ricerca, alla sperimentazione e alla formazione sui prodotti selvatici.
L'esperta, punto di riferimento autorevole a livello internazionale per tutto ciò che riguarda il foraging e l'indagine scientifica ad esso connessa, ci ha aperto le porte della sua nuova casa. Ci ha spiegato le sue attività, ci ha anticipato qualche notizia sui prossimi volumi editoriali e i nuovi progetti cui sta lavorando, ma soprattutto ci ha dato la possibilità di capire come funziona il suo mondo.
"Dopo il libro Imparare l'arte del foraging, sto lavorando a due nuovi progetti per Giunti, che usciranno nel corso del 2021. Il primo coinvolge gli amici chef del lab, con cui abbiamo avuto degli scambi o lavorato. Partecipano al progetto dedicato al benessere delle foreste, che si chiama Eat your tree: un manuale sul rispetto e sulla sinergia con le foreste, con una sezione dedicata alle ricette. Ci saranno preparazioni di Zaiyu Hasegawa, Virgilio Martinez, Manu Buffara, Norbert Niederkofler, Tim Butler, Vladimir Mukhin, David Chang, Rodolfo Guzman e Matias Perdomo", racconta Mosca. "Ma prima di questo libro aggiunge - uscirà un volume di gastronomia per trasmettere come fine ultimo un messaggio di tutela ambientale". Ricerca, divulgazione, formazione e cucina d’autore, insomma, si fondono in una sola realtà.
Cosa fa un laboratorio di ricerca sui prodotti spontanei? Quali sono le sue attività? Scopritelo qui di seguito ed entrate con noi, in compagnia della celebre forager italiana, nel nuovo hub di wood*ing wild food lab.
Il nuovo hub di wood*ing wild food lab a Monza
"Per noi è bellissimo aver aperto il nuovo lab perché ci permette di portare insieme, in un’unica location, quello a cui stiamo lavorando ormai da più di dieci anni", racconta con entusiasmo Valeria Mosca. Il luogo è davvero suggestivo: un'antica casa ottocentesca, in un contesto unico, circondato completamente dalla natura. Perché la scelta di trasferirsi qui, nel cuore del Parco di Monza? “Per noi è importante stare in un ambiente che si sia antropizzato, perché dobbiamo essere raggiungibili da tutto il mondo, visto che i nostri fruitori non provengono solo dall’Italia. Quindi dobbiamo essere vicino alla stazione, all’aeroporto, non possiamo assolutamente - anche se sarebbe più adatto per noi - andare a fare il lab in un alpeggio a 3 mila metri di quota, o su un’isola deserta piena di biodiversità. Abbiamo così trovato un compromesso: stare in un luogo verde, dove la biodiversità è abbondante, ma in un posto facilmente raggiungibile. E questa per noi è una posizione molto strategica”.
Il lab è suddiviso in stanze tematiche, che rappresentano le varie attività di wood*ing. Gli ambienti sono molto accoglienti. All’ingresso c’è una sorta di salottino dove ritrovarsi, sullo sfondo di una “libreria selvatica”, che ospita sugli scaffali i vari prodotti di foraging essiccati, che rende subito l’idea delle infinite possibilità dei frutti che la natura può dare. “Si tratta di uno spazio molto importante per noi, soprattutto perché da anni portiamo avanti corsi di formazione amatoriali e professionali, ed è importante dare il benvenuto con un’area a sé”, precisa Mosca. Ecco allora una stufa per scaldarsi, un tavolino, i volumi pubblicati e gli scaffali da ammirare, che affascinano ancora di più ascoltando i racconti della forager.
“Il luogo è semplice, ma è autentico, siamo all’interno di un edificio storico del XIX secolo, abbiamo voluto mettere subito in bella mostra ciò che c’è di più wild, nella nostra libreria”, racconta. Ecco allora grandi barattoli di vetro contenenti prodotti raccolti ed essiccati che vanno dai fiori (di erica, di malva, di sambuco, di tiglio, di luppolo) ai frutti (bacche di sambuco, ginepro), dalle radici ai licheni marini, dai funghi alla corteccia interna degli alberi, che è indispensabile per lo studio sulle farine di sussistenza. “Credo che la ricerca su questo tipo di farine sia stata la prima che abbiamo condotto nel lab, e la portiamo avanti tuttora, con la collaborazione di Ivan Gorlani (pizzaiolo di Era Pizza, ndr)”, spiega Mosca. “In questo momento ci stiamo concentrando sulla corteccia interna di tiglio, con cui spesso panifichiamo”, aggiunge. “Il tiglio contiene alcune sostanze che aiutano moltissimo la lievitazione e la maglia glutinica”.
Poi, si scoprono gli altri ambienti, proprio come se fosse una casa. “Ogni stanza è dedicata a un particolare habitat”, specifica l’esperta. Così, c’è una camera che ha come focus il mare, con dettagli e colori che richiamano le sfumature oceaniche, un tavolo in legno naturale, e una colonna realizzata con le antiche borse tradizionali di paglia che un tempo utilizzavano i forager di mare. “Sono realizzate a mano dalle signore dei paesi - puntualizza Mosca - e arrivano dalla Sardegna: un tempo lì si raccoglieva tanto, dalla palma marina ai molluschi”.
E ancora, una camera dedicata alla montagna, con tanto di camino. La stanza della campagna, dal mood rustico, con mobili antichi e semplici, sino al laboratorio scientifico, che è la vera è new entry, visto che nella sede precedente non c’era. Una stanza con tutta l’attrezzatura, dagli strumenti di cucina di Grundig (sponsor tecnico) agli strumenti scientifici. Come spiega la fondatrice di wood*ing, il laboratorio scientifico cambierà ogni volta che il team seguirà una ricerca diversa. “In questo momento stiamo indagando sulle molecole contenute negli oli essenziali delle piante, quindi più sulla parte aromatica”, spiega Mosca.
“Ecco perché al momento è presente una particolare strumentazione: si va dagli estrattori di aromi (che assomigliano agli alambicchi perché hanno una serpentina simile) all’oscillatore, un macchinario che ci serve perché stiamo portando avanti dei test sulla corrente, ossia sull’elettricità, legata allo sviluppo delle alghe”. Cosa studiano, nello specifico? “Stiamo sviluppando dei prodotti a base di alghe, ma prima abbiamo bisogno di fare dei test sulla crescita stessa delle alghe, che generalmente viene influenzata dalla corrente del mare, quindi da questi impulsi particolari: stiamo cercando di far rivivere alle alghe di mare, che vengono tolte dal loro habitat, la stessa esperienza, per arrivare a un risultato organolettico molto simile”.
Come funziona e quali attività svolge un laboratorio di ricerca sul cibo selvatico
Cosa fa un laboratorio di questo tipo, dunque, qual è la sua funzione? “Nasce con lo scopo scientifico di catalogazione del cibo selvatico dal punto di vista chimico-nutrizionale, perché il cibo selvatico è una risorsa enorme per chi non ha una sussistenza molto facile come la nostra, ossia per un terzo del pianeta. Averlo catalogato da questo punto di vista, ci permette di avere una base scientifica su cui lavorare per migliorare la sussistenza in determinate aree del mondo”, risponde la forager.
“Da questa attività primaria scientifica che svolgiamo da sempre - prosegue - sono nati, nel corso degli anni, una serie di progetti diversi. In un primo momento sono stati sviluppati per finanziare la nostra ricerca, ma poi ci hanno davvero appassionato”. Oggi le attività svolte da wooding non si fermano alla ricerca scientifica, ma si declinano anche e soprattutto in formazione, “organizziamo dei corsi ad hoc per formare le persone sia dal punto di vista professionale che amatoriale”, consulenza nell’ambito alimentare o cosmetico, “andiamo a elaborare dei prodotti a basso impatto ambientale, accompagnandoli poi anche nell’industrializzazione”, e consulenza gastronomica, “lavoriamo con tanti chef importanti, sparsi in tutto il mondo, anzi molto spesso sono stranieri più che italiani - precisa Mosca - perché una ricerca all’avanguardia purtroppo viene percepita molto più attivamente all’estero”.
Sul fronte della ricerca, gli argomenti cambiano di volta in volta. In un barattolo di vetro colmo d'acqua, per esempio, notiamo delle alghe. “Stiamo analizzando le alghe in una fase sperimentale, semplicemente per cercare di comprendere se rispondono come pensiamo. In tutte le ricerche scientifiche, c’è un’ipotesi e poi la sua confutazione: vogliamo capire se riusciamo a manipolare alcune parti che poi compongono la sfera organolettica dell’alga stessa”, interviene Stefano Tosoni, responsabile progetti speciali e sviluppi sostenibili del lab. “Per ora stiamo ottenendo delle risposte positive, e questo potrebbe avere dei risvolti e delle implicazioni nei nostri prodotti, nelle nostre consulenze”. Questa è solo una delle attività del laboratorio, che - oltre a classificare e a fare un censimento - porta avanti tantissime ricerche di questo tipo, “che poi diventano la base sulla quale costruire anche il nostro lavoro più remunerativo, ci apre un ventaglio di possibilità più ampie”, precisa Mosca.
E aggiunge: "Ci stiamo concentrando anche sulla consulenza per l’elaborazione di prodotti a basso impatto ambientale da portare sul mercato. Molto spesso lavoriamo su prodotti che vengono immessi anche nella gdo: è un canale molto positivo per noi, perché ci dà la possibilità di andare a parlare di tematiche su cui lavoriamo tutti i giorni, come la cooperazione con l’ambiente e la sostenibilità alimentare e la tutela ambientale, anche attraverso dei prodotti che poi vanno a finire negli stomaci delle persone molto comuni. Un processo che ci permette di ampliare ancora di più l’eco di queste tematiche che si fondano sul concetto di sviluppo sostenibile".
Eppure, wood*ing utilizza ancora molto la gastronomia e la miscelazione come linguaggio, come strumento per parlare alle persone di tematiche green. “Assolutamente - commenta Mosca - a noi interessa utilizzare queste discipline per parlare una lingua più semplice, e indurre le persone a fare scelte diverse attraverso un atto ‘ricreativo’ come degustare qualcosa. Del resto, cosa c’è di più facilmente assimilabile se non mangiare o bere qualcosa? Vogliamo dare degli input alle persone per fare delle scelte diverse, per promuovere un cambiamento attraverso un’abitudine molto comune”.
L’attività aperta al pubblico, per ora, è bloccata: le lezioni e le degustazioni, che normalmente si tengono al wood*ing lab, al momento sono sospese. In un’ipotesi di ripresa, però, il nuovo hub è destinato a diventare un luogo di incontro. “Accoglieremo i nostri clienti, riceveremo gli studenti, sarà anche location per le riprese dei nostri contenuti multimediali per la tv e per l’editoria. Sarà, insomma, un luogo di formazione, ma anche di degustazione”, precisa Mosca.
Dalla Foraging Academy per formare il forager di oggi alla tutela ambientale
Tra gli aspetti più interessanti del wood*ing lab, l'attività formativa è uno dei più importanti, di caratura internazionale. “La nostra Foraging Academy, dedicata ai professionisti, è l’unica accademia di foraging professionale esistente in Europa, dove formiamo le persone interessate a questa professione, che in realtà è molto complicata”, spiega Mosca. Ma quali sono le principali difficoltà del foraging, un’attività, che esiste da sempre? “Molto spesso il foraging viene descritto come un’attività primordiale, ancestrale, come raccogliere le erbe nei boschi. In realtà il foraging non è esattamente questo oggi, è una materia molto più complessa: chi si applica a questa disciplina deve essere davvero molto preparato in molte materie: botanica, etnobotanica, geografia, gastronomia, tossicologia, erboristeria, chimica, fisica… Deve avere, insomma, un bagaglio di conoscenze e di esperienze molto differenziato. Non è più, dunque, quella figura di semplice raccoglitore di erba: un forager esplora le possibilità alimentari a 360 gradi, non si tratta solo di erbe o fiori, ma anche di radici, licheni, alghe, funghi, parti erbacee. Nell’Accademy cerchiamo di preparare i professionisti con queste basi, così da consentire loro di iniziare un percorso più pratico”, risponde.
Quanto è importante la formazione nel settore? “Per noi formare - anche e soprattutto con i corsi amatoriali rivolti alle giovani leve - significa promuovere il cambiamento. Perché? Col foraging insegniamo un concetto basilare e fondamentale, super contemporaneo, cioè quello di utilizzare l’ambiente, ma farlo considerandolo una ricchezza, una risorsa, nel rispetto totale: il comportamento di un forager è ormai regolato da tutta una serie di leggi codificate, che trovi anche nei principali manuali, e che vertono sì, sulla sicurezza personale, ma anche e soprattutto sulla tutela ambientale. Noi promuoviamo e abbiamo teorizzato come nostra caratteristica il foraging di tipo conservativo”, prosegue. Di cosa si tratta? “Un foraging che si muove coi tempi, e che non resta legato a quell’idea del forager primordiale, tipo ‘recuperiamo qualcosa del passato e andiamo a raccogliere le erbe del passato’: questa idea è sbagliata, perché promuove una pratica che non è sostenibile, che non favorisce lo sviluppo. La tradizione muta, e così come essa muta, anche l’attività di un forager deve cambiare, perché deve andare a cooperare con l'ambiente”.
Ecco allora che il foraging conservativo risulta estremamente importante per la formazione del ‘raccoglitore contemporaneo’. “Solo così possiamo davvero tutelare l’ambiente, perché un forager che segue questa filosofia andrà a raccogliere solo ciò danneggia l’ambiente come le piante infestanti, esogene e invasive: in questo modo ci muoviamo nell’ambiente dandogli una mano, cooperando davvero”. Una pratica cruciale per lo sviluppo sostenibile, l’ecosistema e la tutela dell’ambiente, perché - come spiega esaustivamente l’esperta - questa attività consente all’uomo di riacquistare quel ruolo importante che ha sempre avuto nell’ecosistema, che è completamente mutato.
“Un tempo c’era una sinergia tra l’uomo e l’ambiente: l’uomo - non dimentichiamolo - fa parte dell’ecosistema, ma adesso siamo completamente disconnessi. Dobbiamo riacquistare quel ruolo, solo in questo modo possiamo favorire uno sviluppo sostenibile: non si può parlare di sostenibilità solo teoricamente o in maniera astratta. Recuperiamo il rapporto con l’ecosistema per essere davvero sostenibili”, commenta Mosca, che ci illumina sullo sviluppo ambientale.
"Noi siamo completamente disconnessi dalla natura, e abbiamo la percezione (sbagliata) che la natura sia debole e indietreggi: la realtà non è questa, basti pensare che in Lombardia la foresta cresce di tre campi da calcio al giorno, un dato stupefacente. Il problema è che questa è una crescita dannosa, perché avviene solo con le specie più invasive, che vanno a distruggere anche degli habitat circostanti, creando dei danni alla biodiversità, perché soffocano piante più piccole, le portano all’estinzione piano piano, togliendo una grande fetta della biodiversità al nostro patrimonio. Questo avviene perché non c’è più sinergia tra uomo e bosco: l’uomo eliminava ciò che era infestante, aveva un suo ruolo, mentre adesso la foresta avanza. Solo riacquisendo questo ruolo possiamo creare uno sviluppo più sostenibile. Non è necessario tornare a fare i boscaioli, ma dobbiamo inventarci delle vie contemporanee per farlo. Per questo crediamo molto nella formazione: agire sulle giovani menti con tali concetti è importantissimo, sta diventando la nostra missione”.
Ecco perché, tra le ultime attività del lab, c’è Thinking like a forest, come ci spiega la fondatrice di wood*ing lab. “A partire da settembre 2021, entreremo in tantissime scuole con una sperimentazione di qualche ora di foraging alla settimana, dopo l’esperienza felice che abbiamo già provato in aree montane come Clusone, dove abbiamo insegnato un messaggio fondamentale: il territorio è una risorsa, e bisogna approcciarsi nella maniera migliore per promuovere uno sviluppo sostenibile che abbia delle ripercussioni anche sul tessuto socio-economico dell’area, affinché non venga abbandonata dai più giovani, ma anzi valorizzata”.
Tutte le foto sono di Mariarosaria Bruno