Si parla forse ancora troppo poco di ulivi in Italia. Eppure, in un Paese mediterraneo come il nostro, con grandi aree a forte vocazione olearia, il fil vert che lega il territorio e l’economia a questa pianta centenaria, dall’alto valore simbolico, è ben stretto. Negli ultimi anni, la vita degli ulivi è stata messa a rischio dalla Xylella, un batterio che causa il disseccamento degli alberi. Una vera e propria piaga, che dieci anni fa ha iniziato ad attaccare le piantagioni attorno a Gallipoli, per poi espandersi e contagiare altre aree. Non è poi così lontano il 2013, annus horribilis per la produzione olearia pugliese.
Allora il Salento - che era la seconda zona di produzione di olio in Italia - subì un vero e proprio assedio da parte della Xylella fastidiosa: un dramma che ha messo a repentaglio l’economia regionale e in ginocchio un intero sistema. Da generazioni, infatti, nel Tacco d’Italia il comparto agricolo ruota attorno alla raccolta delle olive e al prezioso oro verde da cui in passato dipendeva la vita di intere famiglie, oggi di intere aree.
In sette anni la Xylella è avanzata fino a toccare la provincia di Bari, col ritrovamento del focolaio di Monopoli pochi giorni fa.
Ha fotografato molto bene la situazione pugliese il regista Sergio Basso: qui di seguito il teaser del documentario My name is Xylella, che fa luce su molti aspetti di questo problema spesso trascurato, o messo poco in luce, dai media.
Oggi, però, arrivano buone notizie, in controtendenza. Innanzitutto la Puglia resta il polmone olivicolo italiano, con il 44% della produzione nazionale: un primato che conserva, secondo i dati diffusi recentemente dalla CIA - Agricoltori Italiani, nonostante quest’annata difficile e nonostante la Xylella. E poi, a due anni dall’impianto, è stata avviata la raccolta nei primi uliveti resistenti alla Xylella.
Il Salento verso la rinascita: la raccolta nei primi uliveti resistenti alla Xylella
Il 7 ottobre è avvenuta la prima raccolta negli uliveti resistenti a Xylella a Casarano, in provincia di Lecce, alla presenza dei rappresentanti di Cia-Agricoltori Italiani, Italia Olivicola e del Consorzio Oliveti d’Italia.
La piantagione sorge proprio nei campi completamente distrutti dal batterio in passato: una rinascita nel segno della Fs-17 Favolosa, una delle due cultivar, assieme al leccino, che secondo gli scienziati è resistente alla Xylella.
Fs-17 Favolosa è una varietà italiana, brevettata dal Cnr, che viene definta “precoce”, visto che già dopo due anni riesce a dare i suoi primi frutti. Per ogni ettaro impiantato si stima che si potrebbe arrivare a raccogliere ogni anno circa 100 quintali di olive, in grado di regalare un olio extravergine d’oliva eccellente per qualità e proprietà organolettiche.
Secondo uno studio di Italia Olivicola, in sette anni la Xylella ha compromesso la produzione di quasi 5 milioni di piante nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto, in un areale di 22 milioni di piante, con un calo medio di 29 mila tonnellate di olio extravergine d’oliva (pari al 10% della produzione olivicola italiana). Ecco perché il primo raccolto da questi ulivi rappresenta un avvenimento importante che getta i semi della speranza: l’idea è quella di recuperare un’intera area agricola.
“Il recupero di un’area importantissima dell’agricoltura italiana, dalla distruzione della Xylella a una nuova olivicoltura che produce qualità, grazie ad un importante ricambio generazionale, segna una grande primavera per il mercato dell’olio italiano”, ha commentato il presidente del Consorzio Oliveti d’Italia, Nicola Ruggiero.
Significative anche le parole del presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino: “Dopo anni difficili, grazie alla ricerca scientifica e alla caparbietà degli agricoltori, c’è un futuro per questo territorio che è stato colpito all’improvviso da una sciagura economica e paesaggistica senza precedenti”. Ora, il futuro degli ulivi è affidato alle nostre mani (e alla nostra sensibilità).