L'antica tecnica di cottura dell'affumicatura è in continua evoluzione, vuoi perché alla creatività non c'è mai fine, vuoi per una sempre più sorprendente tecnologia che mai s'adagia sugli allori conquistati.
Affumicatura: Un trend mai passato
Le affumicature, siano esse a freddo o a caldo, figurano fra i grandi trend culinari di questo 2016 (con rosee aspettative anche per il 2017) al punto da abbracciare anche il variegato universo degli snack dolci e salati.
Perché laddove batte il cuore di un capolavoro culinario, si cela un approccio "haute" che reinterpreta una tecnica antica. Che non si accontenta più di affumicare costine, ostriche o salmone, ma strizza l'occhio a formaggi, verdure, erbe, e poi ancora a frutta fresca e secca, uova, yogurt, cioccolato, sale, dessert e finanche cocktails con l'ausilio di ricercate "combustioni".
I legni resinosi o fruttati, il tè, le erbe aromatiche...
Chi usa cosa, come e perché? Jim Löfdahl executive chef dell'acclamato Frantzén ad esempio afferma che prima di scegliere un'affumicatura piuttosto che un'altra (vapore acqueo, fumi caldi o freddi, legni, erbe, aromi, spezie...) sono molteplici gli aspetti da tenere in considerazione, primo fra tutti il risultato cui si ambisce...
Pensate a questo dessert: una colata di fondente caramello salata, che scioglie una sfera lucente di sottile cioccolato, gli sbuffi inattesi di un gelato affumicato a cui fanno da quinta noci tostate, sciroppo di pino finlandese (che già di suo ha uno spiccato aroma affumicato) e chiodi di garofano.
Elizna Botha del 1762 Smoked e Reif Othman del Play Restaurant & Lounge, entrambi attivi a Dubai, così come Matt Lambert del The Musket Room di New York o Dwayne Edwards del Ritz-Carlton di Lake Tahoe - solo per citarne alcuni - si avvalgono per le loro creazioni di legni pregiati come l'acero per le note delicate e dolci, il ciliegio e il melo per quelle fruttate, il noce e il mesquite - un cespuglio leguminoso delle Americhe - per quelle forti e decise.
Mentre al mondo delle erbe si rivolgono invece Pascal Aussignac del londinese Club Gascon che affumica il rognone di maiale con il fieno, o il portoghese Nuno Mendes, che sceglie il rosmarino per i suoi funghi enoki, o ancora Marcus Wareing (ancora Londra), che al tè Lapsang Souchong affida l’affumicatura delle barbabietole rosse.
Quel fil di fumo primordiale
Ma cosa fa dell'affumicatura un trend in ascesa? Gli chef di tutte le latitudini sono concordi: quando ci si accosta a un piatto in cui si colgono i sentori dei fumi sprigionati dai legni (o dalle erbe) di cottura, entriamo nella classica confort zone, perché "scavano" nel subconscio portando alla luce un "substrato" ancestrale.
Ne è convinto Charles Spence, docente di Psicologia Sperimentale all'Università di Oxford, nonché collaboratore di alcuni fra i più acclamati chef del momento, che afferma: "poiché la nostra mente associa il crepitio del fuoco e l'aroma del fumo alla carne arrostita dei nostri progenitori, potremmo essere stati 'programmati' a ritenere seducente quanto bolle in pentola".
Dello stesso avviso anche il pluripremiato Heston Blumenthal,. così come l'astro nascente statunitense Teddy Diggs de Il Palio di Chapel Hill (Carolina del Nord), per i quali il fumo dei fuochi risveglia una sfera primordiale e non solo.
E mentre il "goût de fumée" si fa business appetibile...
Affumicare tuttavia non è più privilegio per pochi adepti. Il trend in corso ci dice infatti che prende piede anche il fai-da-te, con tecnologie che spaziano dai kit e dagli affumicatori a caldo agli infusori a freddo. Con vendite, stando ad Amazon e Sous-chef, fra il 200 e il 300% in più rispetto all'anno passato.
Che il trend sia oltremodo appetibile lo si evince anche dalle "scorciatoie gastronomiche" ideate per chi pur non intendendo affumicare ne esige i ricercati bouquet. E sono allora oli d'oliva, burro, paprica, sale e finanche acqua affumicati all'origine: basta servirsene in cottura o come condimento finale et voilà il fumo è servito!
Anche la mixology scopre l'affumicatura di legni pregiati
Da un lato i bartenders aggiungono ghiaccio affumicato ai loro mix o rivisitano ricette collaudate (come chi ad esempio s'affida ai legni delle barrique arrivate al "capolinea":), dall'altro c'è chi è andato oltre con innovativi percorsi sensoriali, che a un cocktail abbinano lo scoppiettio di un caminetto, dove a decidere quando e come bruciare essenze di noce, quercia, acero, melo o pecan è niente meno che il "wood sommelier".
Succede al Royalton Hotel di New York e il merito è del duo Joshua Brandenburg e Albie Pero, a cui dobbiamo capolavori come l'"Hickory Old Fashioned", dove l'essenza di noce affumicata viene prima infusa nel bourbon, poi bruciata trattenendone i fumi nel bicchiere quanto basta per rivestire le pareti interne con un sottile strato oleoso.
Il risultato? Il mix ben calibrato di bourbon, distillato di sidro, whisky d'acero, miele e ghiaccio incontra il persistente aroma tostato e materico di