La birra artigianale diventa maggiorenne. Sono passati 18 anni da quel 1996 in cui, convenzionalmente, si data l'inizio del movimento birraio italiano. Due i birrifici a nascere quell'anno: Baladin e il Birrificio Italiano. Il primo viene fondato a Piozzo, nel cuneese, da Teo Musso; il secondo a Lurago Marinone, provincia di Como, da Agostino Arioli. "Come ispirazione birraia Teo guardava al Belgio, io alla Germania. Due pionieri, anche se forse sono stato più pioniere come homebrewer: facevo la birra in casa dal 1985".
Gli anni passano, i birrifici aumentano, ma il Birrificio Italiano rimane sempre un punto di riferimento della birra artigianale. Qual è il segreto?
Forse la nostra indipendenza: facciamo birre che ci piacciono, seguendo la nostra creatività, senza ricerche di mercato o simili. Le nostre sono birre fuori dai trend. E poi puntiamo alla costanza, a mantenere stabile la qualità, con grandissima attenzione a temperatura e conservazione. Siamo affidabili insomma.
Il boom della birra artigianale in Italia negli ultimi anni: positivo o negativo?
A me va bene. Per i birrai è più facile avere un background tecnico, e di conseguenza la qualità media aumenta. Certo, aumenta anche la percezione che fare una birra sia facile, alla portata di tutti.
Ma fare il birraio com'è?
Bellissimo, l'unico mestiere che potrei fare. Oltre al ruolo tecnico mi piace quello umano, fare serate e diffondere la cultura brassicola. Se mi attribuisco un merito è aver fatto riscoprire la parola birrificio: un posto dove si fa la birra in piccolo e si cerca l'artigianalità anche nelle relazioni umane. I prodotti industriali sono spersonalizzati.
Ultimamente si sente sempre più parlare di birra a km 0, fatta con ingredienti locali. Cosa ne pensa?
Sinceramente quello del km 0 è un discorso che non sento mio. Ho i miei produttori di fiducia, mi piace conoscere personalmente i coltivatori di luppolo, ma non sono necessariamente italiani. Prendo quello che c'è di buono dovunque sia. Mi faccio qualche scrupolo in più sulle esportazioni: in Giappone e Stati Uniti potrei vendere molto più di quanto scelgo di fare.
Chiederle di scegliere solo una delle sue birre è difficile. Ma se dovesse consigliarne una a chi, prima d'ora, ha bevuto solo birre industriali?
Forse la Tipopils. Per gradazione alcolica e colore assomiglia alle industriali, ma ha una ricchezza incredibile di aromi e sapori. Poi proseguirei con la Bibock, una "rossa non rossa", con un gusto spiazzante rispetto al "caramello" che ci aspetteremmo. Più moderne la Delia e la Nigredo: una pils profumata e una ale con luppoli affumicati, due birre "nuove" - aggettivo molto diverso da strano. Spesso i consumatori cercano birre strane, eccessivamente acide e amare, e al primo sorso se ne pentono. Io promuovo il bello della normalità.
Quindi se le dico che le sue birre sono beverine, lei si offende?
Assolutamente no. La birra è un prodotto popolare, che si beve a tutto pasto, una bevanda conviviale. Esistono anche i prodotti da meditazione, da consumare con la testa, ma la maggior parte delle birre si deve bere in quantità!