Ha aperto da un anno Marzapane, un piccolo bistrot romano che ha fatto parlare di sé per la formula, informale, e una chef talentuosa e giovanissima: Alba Esteve Ruiz.
Nasce nel 1989, a Banyeres de Mariola (Alicante), e da nove anni lavora in cucina: Alba prima del successo italiano colleziona esperienze importanti in Spagna e in particolare nel secondo ristorante migliore del mondo, l'El Celler de Can Roca dei Fratelli Roca. Poi l'arrivo in Italia, e il progetto di Marzapane, portato avanti da un motivato gruppo di giovani, che hanno scommesso su una formula light, con piatti che però hanno tante cose da dire.
E i primi riconoscimenti non hanno tardato ad arrivare: prima le critiche entusiaste, poi il Premio Gambero Rosso per Chef Emergenti S.Pellegrino e Acqua Panna.
In questa intervista la chef parla del suo primo anno come executive chef e racconta perché alla fine è rimasta in Italia..
Come nasce il progetto di Marzapane?
È un progetto che nasce a cena: i due fondatori Mario Sansone e Angelo Parello si ritrovano a parlare di ristorazione e così nasce il progetto di Marzapane. Mario poi conosceva Michelle, il mio compagno, e gli ha chiesto se fossi interessata a dirigere la cucina. L'idea iniziale era un po' diversa: eravamo aperti tutto il giorno, anche per la colazione e per la té; piano piano il progetto si è trasformato anche in base alla richieste e le esigenze dei clienti, e abbiamo deciso di aprire solo a pranzo e a cena. Marzapane è cambiato molto dall'idea iniziale, soprattutto nei primi 3 mesi di attività: credo sia importante cambiare sempre, a andare avanti. Ad esempio all'inizio in carta non avevamo tantissimi vini, adesso abbiamo più di 400 etichette. Cerchiamo sempre di modificare piccole cose, piano piano.
Che cucina si trova nel suo ristorante?
È una cucina di gusto; quando mangi devi godere, e chi mangia i nostri piatti deve sentire tutto il gusto degli ingredienti, è questa la cosa più importante. Ovviamente nelle mie ricette c'è molta Spagna e Italia, quindi direi che è una cucina con una forte componente mediterranea.
Un piatto che in questo momento rappresenta il suo lavoro?
È una domanda difficile: siamo aperti solo da un anno ed è già la quinta volta che cambiamo menu, mi piacciono sempre le new entry. Un piatto che mi è piaciuto molto erano i Ravioli di Foies gras, una pasta fresca aromatizzata alla vaniglia, ripiena di fegato grasso con una spuma di pesche e amaretti.
Qual è stato l'insegnamento più grande che le hanno lasciato i Fratelli Roca?
La disciplina, l'ordine e soprattutto l'umiltà, passando tante ore insieme ad altre persone in cucina sono tutti aspetti fondamentali. Ecco queste tre cose me le porterò sempre dietro. Soprattutto è importante non essere arroganti in nessun modo; loro per esempio non lo sono mai stati. Lavorare con i Fratelli Roca è comunque stata un'esperienza unica: hanno tanti anni di esperienza, sono nati in questo mondo, non sono mai usciti dalla loro città, e secondo me è impossibile raggiungere il loro stile, molto particolare. Sono i miei idoli.
Dopo la Spagna come mai l'Italia?
Mentre ero dai Roca ho conosciuto Mattia Spadone de La Bandiera di Civitella Casanova: siamo diventati amici e mi ha chiesto di andare a lavorare da lui. La lingua italiana mi piaceva molto e quindi mi sono detta "perchè no!". Ho fatto un anno lì e mi sono spostata a Roma col progetto di rimanerci 6 mesi, poi sarei dovuta andare a Parigi, ma ho incontrato il mio compagno Michelle e mi sono fermata. Il primo anno e mezzo a Roma è stato molto duro: è una città grande e non è sempre facile. Ero inoltre molto giovane, avevo appena 20 anni, e non venivo presa seriamente, quindi era difficile anche trovare un lavoro che mi piacesse.
Com'è essere un executive chef a soli 23 anni?
All'inizio pensavo fosse divertente, ed è divertente, però non credevo ci fossero tutti questi pensieri e responsabilità. Una volta finito in cucina si va a dormire con tante cose che ti frullano nel cervello. Certo ci sono Mario e Michelle che mi danno una grande mano, ma non ti abitui mai: non ti va di abbandonare la cucina, per esempio, anche se i ragazzi della brigata sono bravissimi.
Un anno pieno di premi e tanti complimenti dalla critica gastronomica...
Non me l'aspettavo assolutamente. Adesso me lo godo e sono molto contenta, ma durante i primi mesi succedevano troppe cose, e la mia testa non riusciva ad assimilare tutto quello che stava accadendo. Quei momenti per me sono stati molto faticosi. Eravamo e siamo molto entusiasti di questo progetto, ma nessuno si aspettava tutto questo successo.
Uno chef che secondo lei rappresenta la cucina italiana?
Gennaro Esposito, Massimo Bottura, e ovviamente Davide Scabin.