Dai ristoranti di alto livello a una pizzeria, ma non una qualsiasi. La pizza che prepara Andrea Gabin è gourmet, con farciture fatte di scampi, pesce crudo, lonza di maiale e altri ingredienti di alto livello. Le esperienze dello chef sono tante e importanti: Marco Pierre White, Hyde Park Hotel a Londra, La Mondina a Lodi e il ristorante friulano stellato La Taverna a Colloredo. Una carriera in crescita dopo la quale decide di tornare a casa, in provincia di Udine, e aprire con il suo socio la Gabin Pizza & Food: un laboratorio, oltre che una pizzeria, che prepara pizza gourmet da portare a casa o gustare sul momento (non ci sono tavoli o sedie).
Andrea Gabin racconta a Fine Dining Lovers cosa lo ha spinto a lasciare la ristorazione tradizionale e quali sono i progetti per Gabin Pizza & Food.
Dai ristoranti stellati alla pizza gourmet alla portata di tutti. Come mai questo cambiamento?
Volevo fare qualcosa di originale e di diverso nella mia terra. Ho deciso di investire con il mio socio e di scommettere su un tipo di attività diversa, su un locale atipico. Abbiamo trovato una sede adatta alle nostre esigenze, in un paesino vicinissimo a Udine, dove poter sperimentare e dare la possibilità a tutti di assaggiare un prodotto di qualità in un ambiente informale. Per quanto riguarda la pizza, invece, è stato un caso. Mi sono avvicinato alla pizza gourmet all'inizio affidandomi a un panettiere per le basi, mentre io fornivo le farciture: adesso eccoci qui.

Una volta tornato in Friuli qual è stato il responso dei clienti?
Molto buono: prima lavoravo in un contesto più metropolitano, vicino a Milano, dove c'è più competizione e bisogna sgomitare per farsi notare. Qui invece è stato subito un boom e la clientela ha apprezzato un progetto così diverso.
Pensa che tornerà mai alla ristorazione più classica?
A breve tornerò sicuramente a Udine con un progetto diverso e più completo; il prossimo anno vorremmo aprire in centro, non solo con le pizze, ma anche con qualcosa di cucinato, ma succulento, e una linea di dolci. In futuro quindi riabbraccerò la ristorazione, ma sempre in maniera informale e senza lesinare sulla qualità. Essere informali ormai non significa più rinunciare alla cucina gourmet; basti pensare a Massimiliano Alajmo, per esempio, che ha deciso di eliminare le tovaglie e gli orpelli inutili in un ristorante tre stelle Michelin. La formalità al giorno d'oggi è diversa. Quando abitavo a Londra e andavo a mangiare in ristoranti stellati l'ambiente era talmente formale da inibirmi e non farmi godere appieno l'esperienza; in questo modo si creava un divario fra ristoratori e clienti. Oggi le cose stanno andando in una direzione diversa.

Quali sono gli ingredienti che usa più spesso per le sue pizze?
Per la basi della pizza sono imprescindibili delle buone materie prime: tutto è fatto con farine biologiche macinate a pietra e lievito madre; in particolare la startup del lievito madre viene fatta soltanto con fermentazioni di frutta o yogurt e miele per bilanciarlo. Produciamo tutti gli impasti in un laboratorio affiliato in modo da dare una continuità alla qualità dell'impasto con un'umidità controllata e temperature costanti, altrimenti la tipologia della base rischia di mutare da un giorno all'altro.
Le farciture, invece, variano a seconda della stagione degli ingredienti, con prodotti tipici italiani e pregiati: la mozzarella ad esempio arriva da Salerno, la 'Nduja da Spilinga e poi uso ingredienti friulani, come il pesce azzurro quando c'è. Mi piace usare molto i prodotti locali e ricreare i piatti della tradizione come farciture sulla pizza, come la lonza di maiale leggermente affumicata con la verza stufata.
Ci sono delle tecniche di cottura particolari che usa per le sue farciture?
Parto sempre da prodotti freschi e poi le confezione e le cuocio sotto vuoto. Grazie a questa cottura a temperature basse e controllate posso mantenere il prodotto più a lungo (fino a 20/30 giorni).
Con il sottovuoto i prodotti hanno cotture uniformi e non c'è un calopeso, ovvero non perdono i liquidi, cosa importantissima soprattutto per quanto riguarda le carni, dove i liquidi si coagulano e rimangono all'interno rendendo la carne più morbida e saporita. Con temperature giuste e tecniche più raffinate si possono dare nuovi sapori e nuove consistenze. Ad esempio certi tipi di carne molto nervose con la cottura giusta diventano morbide e con loro il tessuto connettivo.

Il locale che consiglierebbe?
Il Ginger Cocktail Lab in via Ascanio Sforza Milano: Federico, il bartender ha una preparazione grandissima, propone cocktail modernisti e abbinamenti particolari. Invece dalle mie parti mi piace La Subida di Alessandro Gavagna a Cormons (una Stella Michelin). Se vado fuori a cena vado da lui o da Emanuele Scarello, che ha una cucina più innovativa ma che affonda le radici semp nella tradizione. Per la pizza invece dico Renato Bosco al Saporè: il migliore.
Uno chef che stima?
Il mio chef preferito da sempre è Pierre Gagnaire: lui in assoluto è il gotha della cucina. In generale guardo sempre il lato umano delle persone, chi è troppo ingessato rischia di esserlo anche di riprodurre questa rigidità anche nei suoi piatti. Uno che mi piace molto e che si è messo molto in discussione è Davide Botta, che da Brescia si è spostato adesso in provincia di Verona. Lui è una persona con cui ti trovi a tuo agio e in questo ambiente è importantissimo. In cucina il lavoro è lungo e pesante; tu come chef devi rendere l'ambiente piacevole e alla fine vieni ripagato dall'affetto dei tuoi collaboratori.