È nato in maniera spontanea il gruppo Ristoratori Toscani, raccogliendo oltre 300 imprenditori della scena fiorentina, che dopo il primo decreto-legge dell'8 marzo avevano sottoscritto una lettera per chiedere la chiusura delle attività e le tutele per le perdite che ne sarebbero conseguite (lo avevamo raccontato qui).
Dopo il decreto Cura Italia, il gruppo è tornato a far sentire la propria voce sulle conseguenze economiche del provvedimento, e ha lanciato un messaggio molto chiaro: "Siamo nati per assumere, non per licenziare".
Intanto, alla luce del decreto emanato il 22 marzo, l'organizzazione ha raccolto adesioni in tutto il Paese, diventando così un progetto di ristoratori a livello nazionale, I Responsabili Italiani.
Un gruppo che lancia un appello alle istituzioni per chiedere delle misure indispensabili per la salvaguardia delle imprese della ristorazione, un settore che da solo vale 86 miliardi di euro, ma anche per sostenere delle attività che, nella maggior parte dei casi, vivono di incassi giornalieri, indispensabili per far fronte ai costi e pagare il personale.
L'unione fa la forza: dai Ristoratori Toscani ai Responsabili Italiani
"Tutto è nato l'8 marzo, quando ho scritto un appello su Facebook, chiedendo al Presidente del Consiglio Conte e al Ministro della Salute Speranza di farci chiudere tutto, per garantire la sicurezza. Gli altri colleghi hanno visto il comunicato e mi hanno chiesto di lanciare appelli accorati insieme, convogliando le esigenze di tutti", spiega Pasquale Naccari, patron de Il Vecchio e il Mare di Firenze, tra i fondatori del gruppo assieme a Gianmarco Guidi e Vieri Bista Longoni.
I ristoratori si stanno mostrando sempre più uniti e coesi, le adesioni stanno arrivando da diverse regioni d'Italia: "Al momento sono in contatto con Vincenzo Butticè de Il Moro di Monza, che ha raccolto 350 colleghi della Lombardia, i Ristoratori Responsabili; da Treviso si aggregano all'appello 369 membri di Imprese Unite, un gruppo veneto nato sempre un paio di settimane fa; Federico Riccò ne ha raccolti altri 300 per la regione Emilia-Romagna; dalla Liguria partecipano 1.500 ristoratori del gruppo unico Liguria Riparte; da Napoli sottoscrivono l'appello 400 imprese come Brand Partenopei Riuniti; Francesco Nacci, referente dell’Associazione Buona Puglia, ha comunicato l'adesione di altri 100 ristoratori della sua regione. Anche la FIC, Federazione Italiana Cuochi, e l'APCI, Associazione Professionale Cuochi Italiani, sono partner dell'iniziativa", ci racconta.
Cosa chiedono i Responsabili Italiani? "Quello che vogliamo sia chiaro è che noi non vogliamo assistenza, ma solo un aiuto per i mesi di chiusura delle attività: al resto penseremo noi", spiega Naccari. "Abbiamo scritto una lettera che vogliamo indirizzare al Presidente del Consiglio, dove riassumiamo per punti le richieste: i nostri obiettivi, in particolare, si concentrano sui temi dell'affitto dei locali, delle accise delle utenze e dei finanziamenti delle banche", prosegue.
"Chiediamo, infatti, provvedimenti quali la cancellazione delle accise delle utenze durante il periodo delle chiusure: come si fa a pagare il gas se ora il ristorante è chiuso completamente? Noi vogliamo pagare tutto quello che ci spetta, ma relativamente al periodo di apertura", aggiunge.
Il decreto Cura Italia, in merito ai canoni di locazione, prevede che l'affittuario scali come credito di imposta il 60% del canone d'affitto, al momento del pagamento delle tasse. "Che diano direttamente ai proprietari degli immobili il 60% di credito di imposte che ci hanno riconosciuto, in modo da sgravare i ristoratori in questi tre mesi: come facciamo ad anticipare il 60% del costo di locazione ai proprietari, se al momento siamo chiusi? Non bisogna dimenticare che molte delle nostre attività vivono di incassi, se non quotidiani, mensili", commenta Naccari. E conclude: "Siamo un milione e 200 mila occupati nella ristorazione in Italia, per noi non chiediamo nulla, ma vogliamo solo salvare le imprese e i dipendenti: non li vogliamo mandare a casa, i nostri dipendenti sono una risorsa, non un peso".
L'appello per salvare le imprese della ristorazione: i punti
Ecco, qui di seguito, i temi su cui si focalizza l'appello dei ristoratori italiani.
- Abolizione della burocrazia per consentire a tutte le aziende accesso diretto al credito: abolizione degli oneri bancari connessi al credito per l'emergenza, tassi di interesse pari e non superiori allo 0,30%. Modalità di rimborso coerenti con l’importo richiesto e con la capacità finanziaria dell’impresa.
- Abolizione ISA (Indicatori Sintetici di Affidabilità, ex Studi di Settore)
- Abolizione delle accise su tutte le utenze, dalla data della chiusura fino alla data di riapertura
- Previsione di un ammortizzatore sociale che consenta alle imprese che manterranno i livelli occupazionali di non pagare gli oneri sociali per tutto l’esercizio 2020
- Invalidità delle eventuali richieste di sfratto per morosità fondate sul mancato pagamento dei canoni di locazione durante il periodo di chiusura causa “Covid-19”, (se non corrisposte entro 36 mesi dalla data di effettiva riapertura)
- Sospensione di tutti versamenti fiscali e contributivi, senza distinzione tra codici tributo, comprendente anche avvisi bonari, cartelle esattoriali ed eventuali rateizzazioni delle medesime, per tutto l’esercizio 2020, con previsione di un meccanismo di rimborso senza applicazione delle sanzioni e degli interessi in almeno 24 rate a partire da gennaio 2021
- Previsione della rottamazione dei ruoli per le cartelle notificate alla data del 28.02.2020, nonché rottamazione degli avvisi bonari notificati alla stessa data
- Attribuzione del credito d’imposta ai proprietari e non ai conduttori: occorre creare liquidità per le aziende, non continuare ad eroderla