Massimo D’Addezio, uno fra i bartender più importanti e influenti d’Italia, lo ha descritto come “un cocktail che riprende le vecchie tradizioni dell’800 francese, quando si beveva il succo di pomodoro con lo sherry, prendendo spunto dalla tradizione a stelle e strisce dei Savory Cocktail”.
Il Bloody Max, variante messicana del Bloody Mary che prevede l’aggiunta di Mezcal, secondo la ricetta di D’Addezio si crea con 1.3 oz di distillato di uva nera, 0.7 oz di mezcal, mezzo lime, 1 spoon di salsa di rafano, 1 oz di salsa Worcestershire, 1.3 oz di consommè di manzo, 1.3 oz di succo di pomodoro salato, 2 o 3 gocce di tabasco al jalapeño, 1 spolverata di fiocchi di paprika e di pepe di Sichuan macinato grosso, dei fiocchi di sale di Cipro e della polvere di cappero di Pantelleria essiccato.
Per la preparazione è sufficiente shakerare vigorosamente gli ingredienti e versare il tutto in un bicchiere con del ghiaccio. Decorare con la scorza di limone rovesciata, sopra la quale versare 2 o 3 gocce di tabasco, il pepe, i fiocchi di paprika e di sale e, infine, la polvere di cappero.
Vero protagonista è quindi il Mezcal, l’elisir più popolare per i messicani, secondo i quali ha un’origine divina e si beve in occasione di feste popolari e famigliari. E’ un elemento fortemente identitario della cultura agricola del Paese, che può contare su un vasto patrimonio di specie di agave: ben 150 sulle 200 diffuse nel mondo.
Il nome del liquore deriva dalle parole “nàhuatl mexcalli” che, in lingua azteca, significano “maguey”, cioè cotto. Questi è proprio il cuore dell’agave, che viene cotto in un forno interrato per 4 giorni e poi macinato con il traino di animali per ottenere un succo da far fermentare destinato alla distillazione con alambicchi in rame discontinui.