Punto di riferimento per la tradizione gastronomica, e negli ultimi tempi soprattutto fucina di idee per nuovi format legati alla ristorazione. Uno degli esempi più recenti del fermento romano è Cohouse, spazio polifunzionale di recupero del Pigneto, che ogni fine settimana si trasforma in un temporary restaurant, dove ogni due settimane un grande chef porta la sua cucina per circa 200 coperti alla settimana.
A inizio febbraio è stato il turno di Alba Esteve Ruiz, la chef del Marzapane che in poco meno di anno ha fatto parlare tutta Roma di sè; nei prossimi mesi invece toccherà a Giulio Terrinoni, Enrico Pezzotti e Gianfranco Pascucci.
Ma Cohouse non è solo alta cucina; per capire meglio di cosa si tratta e scoprire tutte le sue potenzialità abbiamo contattato Stefano Papi, uno dei soci dietro il progetto e dietro altri locali romani come Osteria Delle Coppella, Fish Market, Hamburgeseria, e gli speakeasy Club Derrière e Barber Shop.
Come nasce Cohouse ?
Nasce qualche mese fa con l'idea di sfruttare uno spazio incredibile un po' fuori mano, come questo in via Casilina, e per dare spunti nuovi a una città come Roma che ha sempre bisogno di nuovi format per attirare il pubblico. La nostra idea è quella di un temporary restaurant che cambia chef ogni due settimane, con nuovi menu di degustazione. I posti sono 200 a settimana e per il momento abbiamo sempre tutto prenotato.
Oltre il temporary restaurant?
Come dicevo lo spazio è incredibile e si presta a diversi usi. Ad esempio la prima e la terza domenica del mese organizziamo un vero e proprio food market (Pigneto Food Market), con street food di qualità, ristorazione emergente romana e food truck. Poi c'è ogni giorno lo spazio dedicato al bar, ai cocktail e agli apertitivi, con una scuola di mixologist. Tutto lo spazio è insomma un enorme contenitore, che durante la settimana si anima con iniziative, incontri e musica.
Dietro Cohouse un gruppo che ha tanta esperienza nella ristorazione romana..
Si, insieme ai miei soci è stata una graduale escalation negli ultimi 5 anni. Abbiamo iniziato con il FishMarket, locale che ci è letteralmente scoppiato fra le mani. Dopo poco abbiamo aperto una seconda e terza sede a Trastevere e Fregene. Poi è toccata all'Hamburgeseria (San Lorenzo e Piazza Navona), l' Osteria Delle Coppella, il Coffe Pot e ai nostri speakeasy stile anni 30; prima il Club Derrière e poi il Barber Shop. Insomma abbiamo spaziato abbastanza e Cohouse è solo l'ultima arrivato in ordine di tempo.
Dopo tutte queste aperture che opinione avete della scena ristorativa della Capitale?
Sta crescendo, anche se è sempre alla ricerca del layout più che del contenuto; a noi piace portare la qualità in bei posti, ma in questa città spesso ci si accontenta di prodotti mediocri. Credo sia lo specchio della crisi del momento: qualità medio bassa, street food non fatto sempre bene, e poca attenzione nei confronti di realtà interessantissime che purtroppo non riescono ad ermergere. Aprire un ristorante a Roma non è facile; il giovane imprenditore da solo spesso non può farcela.
E dopo Roma cosa viene ?
Credo che a Roma non ci sia altro da aggiungere, a meno di non scoprire location suggestive; la città è satura in questo momento e siamo soddisfatti. Adesso stiamo pensando al resto d'Italia: nelle nostre intenzioni c'è Torino per un polo pseudo culinario. In fase embrionale c'è Città del Messico. Ci piacerebbe approdare anche a Milano, ma il discorso è complesso; ci avevamo provato in passato e adesso ci piacerebbe riprovare con il format Cohouse.