Come stanno affrontando i ristoratori l’emergenza Coronavirus? In queste settimane di quarantena, in cui il mondo del food è quasi del tutto bloccato, c’è chi apre con coraggio una nuova attività o chi programma il futuro con dining bonds, a partire da Massimo Bottura (che ha fatto sold out nel giro di 24 ore), ma non mancano le azioni corali.
Vi abbiamo raccontato del primo appello lanciato dai ristoratori italiani, cui ha fatto seguito una petizione voluta da Apci, Cibo di Mezzo e Ristoratori Uniti, che per la prima volta ha coinvolto le principali associazioni di categoria. Ultimo, l’appello rivolto al Governo alle Istituzioni, lanciato da Ambasciatori del Gusto, sottoscritto dall’intero comparto della ristorazione italiana, con il coinvolgimento di 19 associazioni di categoria.
Infine, le reazioni agli ultimi decreti-legge da parte del gruppo Ristoratori Toscani e Ristoratori Uniti, e le richieste al Governo da parte della FIPE - Federazione Italiana Pubblici Esercizi, che in merito ha pubblicato un decalogo articolato in 11 punti.
Facciamo il punto qui di seguito.
L’appello dell'intero comparto ristorazione e le richieste in 7 punti
Sono ben 19 le realtà associative che rappresentano chef, pizzaioli, gelatieri, panificatori e responsabili di sala, e che hanno sottoscritto l’appello: ADG, Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto; A.P.A.R., Associazione Provinciale Pasticceri Artigiani Reggini; A.P.G.A., Associazione Pasticceri Gelatieri Artigiani; AIG, Associazione Italiana Gelatieri; AMPI, Accademia Maestri Pasticceri Italiani; APCI Associazione Professionale Cuochi Italiani; Associazione Cibo di Mezzo; CHIC, Charming Italian Chef, Compagnia Gelatieri; Conpait, Confederazione Pasticceri italiani; Conpait Gelato; E.P.P.C.I., Eccellenza Professionale Pasticceria Cioccolateria Italiana; FIC, Federazione Italiana Cuochi; Gelatieri per il Gelato; IMPRENDISUD Gruppo Ristorazione; JRE, Jeunes Restaurateurs Italia; Le Soste di Ulisse; Ri.Un., Ristoratori Uniti; Ristoranti del Buongusto.
Per la prima volta il comparto della ristorazione italiana si è unito per rivolgere un appello al Governo e alle Istituzioni chiedendo l'adozione di misure straordinarie.
Ciò che è stato sostanzialmente chiesto in questo appello corale si riassume in sette punti che rappresentano misure concrete ed essenziali, da adottare quanto prima:
1. sospensione di leasing e mutui e recupero delle mensilità congelate in coda al periodo previsto dalla relativa misura posta in essere
2. cancellazione delle imposte nazionali e locali pertinenti (a titolo indicativo e non esaustivo TARI, IMU, affissione, occupazione suolo pubblico, etc.), credito per utenze relative alle attività commerciali
3. accesso al credito senza interessi, garanzia pubblica sugli affidamenti e finanziamenti alle PMI
4. proroga della cassa integrazione straordinaria per almeno il 50% del personale in forza al 23.02.2020 e fino al 31.12.2020
5. reintroduzione dei voucher
6. ammortizzatori e incentivi per chi non licenzia e/o assume dipendenti fino al 31.12.2020
7. superamento delle persistenti criticità in capo al tema affitti
L’annuncio dei nuovi decreti: la reazione della FIPE
Il 6 aprile il Governo ha annunciato l’arrivo di un decreto Liquidità, che prevede lo stanziamento di 400 miliardi di euro destinati alle imprese: 200 per il mercato interno e 200 per potenziare l’export.
La reazione della FIPE - Federazione Italiana Pubblici Esercizi, che rappresenta 300 mila imprese della ristorazione, dell’intrattenimento, del turismo balneare e del catering, non è tardata ad arrivare.
Non soddisfatta da quanto anticipato dalla bozza del decreto, la FIPE, in un comunicato ufficiale, ha dichiarato: “Dalla lettura delle bozze del decreto, purtroppo ancora non ci siamo. Le misure del governo si rivelano utili per una piccola platea di imprenditori, quelli decisi a chiedere prestiti sotto i 25 mila euro, ma per tutti gli altri permangono i problemi. Il decreto, infatti, non sembra rilasciare risorse immediate alle imprese italiane. Chi chiederà cifre superiori ai 25 mila euro deve fare diversi passaggi e rischia di dover aspettare ancora. Anche se venisse confermata la semplificazione della valutazione del credito da parte del Fondo centrale di garanzia, bisognerà comunque dare il tempo alle banche di svolgere le loro istruttorie. Il che significa ulteriore tempo, visto che anche gli istituti di credito in questo momento hanno problemi di organici. Una situazione che rischia di penalizzare chi ha maggiori problemi di liquidità e un tempo di sopravvivenza residua breve, come le imprese dei pubblici esercizi che hanno già perso oltre 22 miliardi di euro nel 2020. Il limite dei 25 mila euro con garanzia automatica al 100% deve essere aumentato. Oltre al danno, però, ecco la beffa: chi riuscirà ad accedere ai prestiti, rischia di dover utilizzare buona parte del credito per pagare le tasse, la cui scadenza è stata prorogata solo fino a maggio. Stiamo assistendo al fallimento di decine di migliaia di imprese".
E anche dopo l’annuncio del decreto Aprile 2020, lo scorso 10 aprile, la FIPE ha ribadito che “le proposte sin qui messe a punto dal Governo sono state giudicate dal 96% delle nostre imprese insufficienti e parziali”.
“La Federazione ha avanzato direttamente e per tramite di Confcommercio numerose richieste alle forze politiche per dare la possibilità a migliaia di imprese del nostro settore di non morire”, si legge sulla pagina Facebook ufficiale di FIPE.
Il “decalogo” della FIPE con le richieste al Governo
La FIPE, che nel frattempo ha ascoltato l’appello sottoscritto dal comparto della ristorazione, “ha fatto tesoro dei sette punti esposti da Cristina Bowerman, presidente dell’associazione Ambasciatori del Gusto, e ha stilato un decalogo con 11 richieste al Governo, valide per tutti i pubblici esercizi”, ci ha detto l’Ufficio Stampa.
Sono tre i temi fondamentali sui cui si concentrano gli 11 punti:
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Provvedimenti credito e incentivi: indennizzo a fondo perduto per periodo di chiusura e liquidità immediata per ripartire
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Provvedimenti fiscalità e fornitori: stop fisco, moratoria affitti, Covid causa di forza maggiore per contratti
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Provvedimenti lavoro e ammortizzatori sociali: integrazione salariale e cassa in deroga per tutti i pubblici esercizi, nuova bilateralità, sospensione contratto
Ecco qui di seguito il "decalogo" della FIPE con le 11 richieste al Governo:
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Contributo a fondo perduto per gli esercizi forzatamente chiusi, parametrato all’effettivo fatturato medio degli anni precedenti come indennizzo parziale dei costi documentalmente sostenuti
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Liquidità immediata con meccanismi automatici e tassi zero parametrati all’effettivo fatturato medio degli anni precedenti e garantita al 100% dal Fondo Centrale di Garanzia.
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Estensione delle moratorie sui pagamenti di tutti i tributi, locali, nazionali, dovuti a rateizzazione su arco temporale biennale.
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Fondo di ristoro per le imposte dovute in base al settore di appartenenza.
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Rafforzamento della configurazione delle misure restrittive da Covid come “causa di forza maggiore” che giustifica sospensione e rimodulazione contrattuale nei confronti dei fornitori.
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Sostegno finanziario al pagamento degli affitti e ampliamento credito di imposta sui canoni locazioni commerciale per tutto il 2020.
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Estensione del periodo di 9 settimane previsto per gli ammortizzatori sociali e rifinanziamento delle misure.
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Semplificazione della procedura e abolizione della necessità di accordo preventivo con le OO.SS. e di fruizione di periodi di ferie/permessi.
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Sospensione per almeno un anno degli adempimenti contrattuali legati ai CCLN di settore (con il coinvolgimento preventivo delle OO.SS).
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Aumento del bonus per i lavoratori autonomi e prolungamento dello stesso per tutto il periodo di crisi.
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Presa in carico della bilateralità dei costi associati alla messa in sicurezza degli addetti e dei relativi ambienti di lavoro
Dal take away alla piattaforma Ristoacasa di FIPE: verso la "Fase 2"
FIPE ha inoltre annunciato un gruppo di lavoro per studiare le condizioni della cosiddetta “Fase 2”, ossia quella relativa al processo di riapertura delle attività. A tal proposito, chiede: la possibilità, da subito, di svolgere servizio di take-away, adottando le misure di cautela previste per gli altri esercizi al 20/03/2020; apertura graduale, rispettando le medesime prescrizioni delle altre attività economiche; processo di riapertura fondato su dati oggettivi, differenziati su base regionale; individuazione criteri per regolare e differenziare le riaperture parziali da quelle totali, oltre alla definizione delle misure di protezione dei lavoratori e dei clienti.
La Federazione Italiana Pubblici Esercizi, infine, annuncia servizi aggiuntivi quali la creazione di una piattaforma dedicata al delivery, Ristoacasa, per rendere visibile ai clienti l’attività di servizio a domicilio (l’unica consentita al momento), oltre all’avvio della piattaforma Dining Bond (paghi oggi, pranzi o ceni domani).
Le richieste dei Ristoratori Toscani al sindaco di Firenze e al presidente della Regione
I Ristoratori Toscani, un gruppo di 5000 ristoratori (di cui 1700 solo della città di Firenze), sono stati tra i primi a essersi riuniti spontaneamente, reagendo con un appello al Governo (ve ne avevamo parlato qui).
Tornano di nuovo a far sentire la loro voce sul tema dell’emergenza Coronavirus, con il motto “Non cerchiamo mero assistenzialismo, ma una giustizia economica”, e chiedono appoggio al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e al sindaco di Firenze Dario Nardella sulle richieste fatte al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Propongono misure alternative, utili a salvare il settore.
Quattro richieste concrete al Governo, che sintetizziamo qui di seguito:
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Chiusura totale delle attività di somministrazione fino ad emergenza rientrata: “A proposito della eventuale riapertura con misure restrittive sostanzialmente inapplicabili: equivale a chiederci di chiudere per sempre e fallire. Siamo stati i primi a chiudere senza che il decreto lo imponesse e ora non apriremo fino a che la situazione non sarà normalizzata alle condizioni esistenti prima della pandemia”, dicono nel comunicato ufficiale.
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Invalidità degli sfratti per mancato pagamento canoni in quarantena: “Al fine di eliminare inutili contraddittori e di salvaguardare la continuazione delle nostre attività commerciali che danno lavoro 1,2 milioni di famiglie, sarebbe opportuno eliminare ogni incertezza riguardo l’invalidità delle eventuali richieste di sfratto per morosità, fondate sul mancato pagamento dei canoni di locazione nel corso dell’emergenza “covid-19”. Noi non siamo in grado di pagare le locazioni in questo periodo di chiusura, e non siamo in grado di indebitarci per un Immobile che non abbiamo disponibile per la sua funzione. Ci rivolgiamo alle istituzioni per trovare una soluzione che ci consenta di continuare a fare impresa con i nostri collaboratori nel momento della riapertura”.
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Credito fiscale ai locatori commerciali per canoni non goduti in quarantena: “Risulta infatti alquanto irragionevole chiedere a chi si trova in situazione di totale illiquidità, avendo sospeso tutte le sue entrate, di pagare per un bene che, per legge, non rientra temporaneamente nelle sue disponibilità, offrendo un credito d’imposta del 60%. Per aituare le nostre aziende, che danno lavoro a milioni di famiglie, le misure da adottare devono essere volte a creare liquidità e non ad assorbirla. Un credito di imposta riconosciuto al locatore per i canoni non goduti durante la quarantena, andrebbe esattamente in questa direzione”.
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Estensione della cedolare secca a contratti commerciali agevolati: “È ragionevole richiedere l’estensione della cedolare secca al 10% (prevista dal decreto mille proroghe a favore dei comuni colpiti da eventi calamitosi) ai locatori, siti in comuni fortemente colpiti dal calo turistico, che accettano la riduzione dei canoni al 50% per i 18 mesi a partire dalla data di riapertura. Una cedolare secca al 10%, applicabile ai redditi IRPEF delle persone fisiche e giuridiche, operanti nel settore immobiliare, della durata di 4 anni, reintegrerebbe totalmente le perdite subite dai locatori che accettano di dimezzare il canone di locazione senza pesare nell’immediato sulle casse pubbliche. Si tratta di spalmare l’intervento pubblico su 4 anni rinunciando a imposte che ancora devono ancora diventare esigibili”.
I Ristoratori Toscani si rivolgono anche al sindaco di Firenze Nardella, per avanzare tre richieste a livello comunale, in modo da “redistribuire i costi della nostra comunità in maniera efficace”:
1. Azzeramento delle imposte locali relative a servizi non goduti causa emergenza epidemiologica: “La completa sospensione delle attività per il periodo di emergenza epidemiologica rende irragionevole ed ingiusto richiedere alle imprese il pagamento di servizi di cui non si è beneficiato e beni di cui non si è goduto. Chiediamo venga definitivamente chiarito come: TARI per ritiri rifiuti non avvenuti, COSAP per suolo pubblico non occupato, CIMP, SIAE e qualsiasi imposta su utenze di cui non si è usufruito durante la emergenza epidemiologica, non siano dovute per tutto il periodo di quarantena”.
2. Abbattimento Tariffa Cosap 2020-2021: “Irragionevole costringere le attività a rinunciare al dehor, divenuto troppo oneroso per i livelli di attività previsionali, proprio nel momento in cui è importante massimizzare le distanze nello svolgimento dell’attività di somministrazione. Il calo dei flussi turistici e del generale livello di attività in arrivo alla fine della quarantena, inoltre, ridurrà sostanzialmente il valore di mercato dei dehor per cui le cifre precedentemente richieste risulteranno eccessivamente onerose da un punto di vista economico”.
3. Riduzione del ritiro rifiuti a fronte della sospensione Tari 2020-2021: “Inutile ed inefficiente avere il ritiro giornaliero dei rifiuti se il lavoro effettivo delle attività commerciali non lo richiede. In un periodo di recessione come quello che abbiamo davanti, meglio ridurre il livello di tali servizi al minimo essenziale per far fronte alla sospensione della relativa imposta locale. I contratti per la gestione dei rifiuti, per quanto vincolati, devono poter prevedere una riduzione del livello di questo ramo dei servizi in una situazione di emergenza come questa”.
La lettera di Ristoratori Uniti e la critica alle misure di liquidità
Con una lettera aperta, il comitato Ri.Un, Ristoratori Uniti, che riunisce circa 400 membri che vanno dalla piccola pasticceria al ristorante, critica le misure di liquidità previste dal decreto legge. “Ci stanno somministrando la morfina, non stanno curando la malattia. Se si continua a fare le stesse cose si ottengono gli stessi risultati”, si legge.
“Se prendiamo in considerazione l’impatto che avrà la liquidità teorizzata per le aziende, senza tenere conto degli altri aspetti economici, possiamo affermare che servirà solo ad alimentare un’organizzazione che c’era pre-Coronavirus. Così le aziende non avranno la capacità di rimodulare tutto e riassestarsi, in un momento in cui il mercato sarà contratto, più difficile e restrittivo: se i costi saranno quelli vecchi, e il mercato avrà una riduzione media del 50-60%, quella liquidità non darà alle aziende la forza di rilanciarsi”, spiega Vincenzo Butticè, cofondatore del gruppo, che lancia tre proposte propositive:
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Assunzione come leva strategica per il rilancio dell’economia del Paese il settore enogastronomico, artigianalità del settore, l’ospitalità e tutta la filiera produttiva e di trasformazione agroalimentare.
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Traduzione fedele del rilancio dell’economia italiana assumendo come uno dei maggiori driver il settore aggregato che concorre alla ricchezza del paese in misura del 30%
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Valorizzazione del made in italy con dinamiche sistemiche, sostenibili (valorizzazione a minore impatto ambientale) e fattibili (alta predisposizione alla valorizzazione delle produzioni locali, vocazione predisposta che diventa spot a supporto delle risorse artistiche, storiche, culturali e paesaggistiche dei quali il nostro paese è tra i maggiori depositari a livello di sistema-mondo).