Non esiste più una “zona rossa”: tutta l’Italia è diventata “zona protetta”, secondo il decreto della Presidenza del Consiglio del 9 marzo 2020. Il provvedimento, definito “Io resto a casa”, estende a tutta Italia fino al 3 aprile le misure restrittive per il contenimento del contagio da Coronavirus, inizialmente prese solo per la Lombardia e per 14 province italiane.
Tra le misure previste dal decreto-legge, l’obbligo di chiusura delle attività di ristorazione e bar dalle 18 alle 6. Tali attività, infatti, sarebbero consentite in orario diurno con obbligo, a carico del gestore, di predisporre le condizioni per "garantire la possibilità del rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”.
Un provvedimento che invita a stare a casa e, di conseguenza, ad assumere un atteggiamento responsabile nei confronti della collettività. Ed è proprio per questo senso di responsabilità che la maggior parte dei grandi chef italiani ha deciso di chiudere la propria attività, nonostante le indicazioni del decreto al momento consentano l’apertura di ristoranti e bar fino alle 18.
Le reazioni dei grandi chef, da Bottura a Oldani
Tra i primi ad aver comunicato di chiudere il proprio ristorante, il tristellato Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena. Con un video-messaggio su Instagram, lo chef ieri ha così annunciato: “Alla luce delle recenti comunicazioni ministeriali, siamo dispiaciuti di dover informare che l'Osteria Francescana, Casa Maria Luigia e la Franceschetta rimarranno chiusi fino al prossimo 3 aprile. Questa decisione è stata presa a scopo preventivo, per ridurre il possibile rischio di esposizione e contenere la sua diffusione nel rispetto delle misure precauzionali varate a livello nazionale. Ragazzi, torneremo più forti di prima, stay safe and be positive. P.S. Ringrazio tutti i modenesi che da sabato mi hanno fatto sentire il loro affetto. Sono sicuro che ci vedremo presto, grazie a tutti".
Anche Davide Oldani, stella Michelin del D'O di Cornaredo, ha lanciato un messaggio su Instagram, #cidobbiamofermare: "Questa sera ho spento le luci del D'O. Le ho spente perché sono certo sia la cosa più giusta da fare. E' stato difficile? Sì, ma l'ho fatto con la speranza nel cuore. La speranza che questo mio gesto possa in qualche modo contribuire ad arginare "il fiume in piena" e che ci permetta di tornare alla nostra quotidianità il prima possibile, anche se sono convinto che la quotidianità ritrovata di ognuno di noi sarà un pochino diversa dal passato. Anche di poco, ma lo sarà".
A Milano, il Comitato Ristoratori Responsabili
Singole voci di grandi chef, ma anche voci collettive. Come quella dei "ristoratori responsabili milanesi", che inizialmente si sono riuniti e confrontati in gruppi, su Facebook e su WhatsApp, per cercare di capire come comunicare al meglio il loro rispetto delle misure di sicurezza. Poi, visti i provvedimenti del Governo, hanno deciso di chiudere tutti il proprio ristorante, per senso di responsabilità e solidarietà reciproca. Così, con la firma di Comitato Ristoratori Responsabili, oltre cento ristoratori milanesi hanno scritto una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Regione Lombardia, al Ministro della Salute e al Sindaco della Città Metropolitana di Milano, dove esprimono la propria solidarietà e dichiarano la chiusura delle proprie attività.
"Per la natura del servizio offerto da esercizi di somministrazione la richiesta di mantenere il metro di distanza interpersonale è praticamente impossibile da far rispettare. La promiscuità è ineliminabile tra personale di servizio e cliente e tra i clienti stessi anche nel caso si dispongano di tavoli delle misure adeguate", si legge nella lettera. E ancora, nel testo si fa riferimento al possibile scenario economico conseguente a questa emergenza, e a questa scelta. "Nel miglior scenario possibile, l'inevitabile crollo degli incassi porterebbe alla chiusura e al licenziamento di molti addetti".
"Si tratta di un'iniziativa per far sentire la nostra voce, ma anche per chiedere degli aiuti al Comune e alla Regione, perché questa situazione ci affligge parecchio: è una lettera per far sentire alle istituzioni che siamo preoccupati e far sì che la nostra scelta di chiudere non vada al vento. Chiediamo delle garanzie", ha commentato Diego Rossi di Trippa, tra i membri del Comitato Ristoratori Responsabili. Tra i "ristoratori responsabili" del Comitato ci sono anche Alice Delcourt di Erba Brusca, Francesco Costanzo di Pasta Madre, Daniel Piotr di Altriménti, Alessandra Straccamore e Matteo Mazza di Motelombroso e Tunde Pecsvari di Osteria Brunello, per citarne alcuni.
A Firenze, l'unione di 300 imprenditori della ristorazione
Ugualmente in Toscana, dopo il primo decreto-legge dell'8 marzo, i ristoratori si sono uniti: con un comunicato del 9 marzo, hanno chiesto l'estensione della zona rossa (cosa che poi di fatto è avvenuta, con il secondo decreto-legge). Sono oltre 300 gli imprenditori della ristorazione fiorentina che hanno firmato una lettera dove si fa riferimento ancora una volta al senso di responsabilità. Nella lettera, indirizzata al Presidente del Consiglio, al Ministro della Salute e al Presidente della Regione Toscana, si legge:
“Il senso di responsabilità ci impone di tutelare i nostri dipendenti da un punto di vista della salute che di mantenimento del posto di lavoro, di tutelare i nostri clienti e noi stessi e così arginare la epidemia di Covid 19 sempre più in espansione”.
Il mondo della pizza e il Brand Partenopei Riuniti
Anche il mondo della pizza ha fatto sentire la propria voce. A partire da Franco Pepe, che ha subito sospeso le cene a quattro mani di Authentica Stellata "per rispetto degli appelli e della normativa del decreto", come ci ha detto, e inizialmente ha stabilito tre turni, solo su prenotazione, per mangiare nella sua Pepe in Grani a Caiazzo. "Ho ridotto i posti a sedere, aumentando i punti di sanificazione e formando il personale - ho stabilito 20 minuti di tempo da dedicare alla sanificazione tra un turno e l'altro", ci aveva detto il mattino del 9 marzo, dopo i primi provvedimenti del Governo.
Poi, il 10 marzo, ha preso la decisione di chiudere e di donare le materie prime agli abitanti di Caiazzo. "Per tutelare i nostri clienti e i ragazzi dello staff, per ottemperare agli obblighi dell'ultimo decreto e per far rispettare le indicazioni di limitare all'indispensabile gli spostamenti per uscire quanto prima da questa emergenza sanitaria, Pepe in Grani chiude, temporaneamente. Abbiamo deciso di mettere a disposizione di chi ne ha bisogno le nostre materie prime, con il duplice intento di non buttare il cibo e di garantire prodotti freschi e di primissima qualità quando ripartiremo... più forti di prima", ha scritto su Facebook.
Gino Sorbillo, invece, ha proposto subito il delivery, a Napoli assieme a Da Michele, altro storico brand della pizza partenopea, per consegnare a domicilio i loro lievitati. Poi, dopo il decreto emanato la sera del 9 marzo, ha annunciato la chiusura delle sue pizzerie, aderendo all'iniziativa #Napolisiferma di un gruppo rappresentativo di oltre 100 imprenditori della ristorazione della città vesuviana. Il gruppo, che temporaneamente si è associato con il nome di Brand Partenopei Riuniti, ha voluto dare un segnale forte di responsabilità, anteponendo l’interesse della comunità a quello dei singoli. I promotori sono Dario Moxedano di Muu Muzzarella, Diego Nuzzo di Coco Loco, Vincenzo Cerbone di 12 Morsi, Roberto Biscardi di Re di Napoli e Stefano Vitucci di Terrazza Calabritto.
Riunitisi spontaneamente, i ristoratori partenopei hanno deliberato la chiusura volontaria dei propri esercizi a partire da mercoledì 11 marzo a data da destinarsi, nell'attesa di indicazioni chiare e decise da parte delle istituzioni. "Una decisione sofferta ma necessaria presa per il bene della collettività e per dare una risposta ferma e chiara in questo momento di grande confusione e preoccupazione. Abbiamo rispettato fino ad oggi il decreto legge della Regione Campania osservando con scrupolosità e impegno tutte le normative indicate. L’unica strada per rallentare il contagio e scongiurare il peggio è ridurre, se non evitare, i contatti sociali. E noi vogliamo fare la nostra parte! Abbiamo il dovere di anteporre la salute di tutti, dei nostri collaboratori e dei clienti, alle logiche del profitto" ha affermato Moxedano.
Intanto, viene annunciato nel comunicato, "la stessa iniziativa verrà proposta da Milano per l'Unione dei Brand della Ristorazione Italiana".
La situazione, in continua evoluzione, sta mettendo a dura prova la ristorazione, che sta reagendo all'emergenza dimostrando maturità e senso di responsabilità, ma anche una grande coesione. L'unione fa la forza, si dice. Un messaggio positivo, per tutti.