Ci sono eventi che ti restano nel cuore perché riescono a lanciare un messaggio di pace. Ci sono eventi che ti restano nel cuore perché parlano di un cibo che non è solo "buono da mangiare" ma diventa anche “buono da pensare”, veicolo e mezzo per parlare di integrazione, amicizia e comunione tra i popoli.
Questa è la magia del Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo, una festa unica in cui allegria e cultura si siedono allo stesso tavolo.
Organizzato da Feedback in collaborazione con il Comune di San Vito Lo Capo, il Cous Cous Fest festeggia quest'anno 22 edizioni dedicate a un piatto che rappresenta i popoli del Mediterraneo. Al centro dell'evento, infatti, c'è il Cous Cous, cibo antichissimo dal forte valore simbolico.
Come nella Couscousiera, particolare pentola di terracotta usata per la cottura, i chicchi di semola si uniscono per diventare un piatto gustoso, così a San Vito Lo Capo si incontrano in pace i popoli per dare vita a un’armonia di genti.
A sinistra la squadra dell'Italia - a destra la vincitrice Mareme Cisse
Una cosa è certa: il Cous Cous Fest è un piccolo, grande miracolo, perché vede cucinare fianco a fianco professionisti da Palestina e Israele, dall'Italia, dal Marocco, dagli Stati Uniti, dalla Tunisia e dal Senegal, fino ai rifugiati politici protetti dalla "bandiera" dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite.
Guardando i cuochi e i team che lavorano, si capisce che i confini e le divisioni sono politiche, sono qualcosa di creato “dall'esterno” e non fanno parte del cuore di ciascuno di noi.
Un antico detto ebraico recita: "Un nemico è solo una persona di cui non conosci ancora la storia".
Il clima di gioia che si respira a San Vito Lo Capo ne è la più lampante conferma. Il Cous Cous Fest è una manifestazione unica perchè permette di approfondire questa conoscenza tra le persone e, attraverso il contatto, il dialogo e lo scambio del cibo, ci fa capire - per davvero - che siamo tutti fratelli.
Gli 8 Cous Cous in gara e i premi
Ecco tutti i dettagli sui piatti in gara e gli chef che hanno partecipato a questa XXII edizione del Cous Cous Fest a San Vito Lo Capo. Particolarmente toccante l'evento iniziale che ha visto sul palco i rappresentanti delle tre principali religioni monotesite - Cristianesimo, Ebraismo ed Islamismo - recitare insieme le proprie preghiere.
La preghiera prima del pasto, infatti, è un momento importante di benedizione prima del pasto, per ricordare che il cibo nutre sia il corpo che l'anima. L'evento è stato condotto da Federico Quaranta e la guiria tecnica presieduta da Enzo e Paolo Vizzari.
Il Cous Cous del Senegal - Vincitore dell'edizione 2019 del Cous Cous Fest
Courtesy of Press Office Cous Cous Fest
Si chiama Cous Cous di Falilou ed è stato dedicato dalla chef senegalese Mareme Cisse al figlio. Nel piatto, perfetta armonia di semola, polpo fresco - tenero e dalla cottura ottimale - peperoni verdi, carote, zenzero e sedano. A dare profumo, anice stellato, alloro, coriandolo fresco e timo. La dolcezza è regalata da una salsa al mango.
La chef vincitrice del Cous Cous Fest 2019, Mareme Cisse, è molto impegnata, con la cooperativa Al Karub, in favore dell’inserimento lavorativo di donne e ragazzi stranieri rifugiati o in condizione di fragilità sociale. La cucina che propone rivisita la tradizione dell’Africa occidentale e quella siciliana, in un mix di culture e sapori molto accattivanti, secondo un antico proverbio siciliano che dice che “‘a tavula è trazzera”, la tavola è una strada che unisce. “Questo è lo spirito che anima il mio lavoro – dice Mareme - consapevole della necessità di costruire una società multiculturale, colorata e aperta verso il futuro”.
Il Cous Cous dell'Italia - Vincitore del Premio della Giuria Popolare
Il piatto dell'Italia al Cous Cous Fest - credit Annalisa Cavaleri
Si chiama Viniri (Venire) il piatto creato dalla squadra italiana formata dallo chef sanvitese Giuseppe Massimo Peraino, dallo chef marsalese Francesco Bonomo e dallo chef vincitore del Campionato italiano Bia Cous Cous Massimiliano Poli.
La semola è a base di grani antichi, profumata in cottura con alloro, buccia di limone, cipolal e brodo di sogliola. A dare cremosità e sostanza al piatto, un ristretto allo scorfano e lo scorfano mantecato con patate e olio extravergine di oliva. La spinta gustativa è data dall'emulsione di ricci. A bilanciamento, il gusto tenue e fresco del crudo di scorfano e la salsa neutra alla mandorla. A chiudere, per la croccantezza, chips di calamaro. Il piatto è impreziosito dall'olio al prezzemolo che dona una nota vegetale ed erbacea. Il riconoscimento è stato offerto da Bia CousCous e consegnato da Luciano Pollini, amministratore delegato di Bia.
Il Cous Cous degli Stati Uniti - Premio Salute e Benessere
Il piatto degli Stati Uniti - credit Annalisa Cavaleri
Per il secondo anno consecutivo va agli Stati Uniti, rappresentati dallo chef Kevin Sbraga, vincitore di “Top Chef”, in onda sul canale televisivo statunitense Bravo e che ha partecipato anche a Masterchef Usa, in squadra con Vanessa Anne Beahn, il Premio Salute e benessere (offerto da Visodent). Il suo piatto, apparentemente semplice ma estremamente tecnico, ha unito cous cous, melanzane, olive verdi, acciuga, aglio, prezzemolo e gamberi appena sbollenti per mantenerne sapore e consistenza. A dare profumo, menta, cardamomo e coriandolo fresco. Un piatto ben bilanciato non solo nel gusto ma anche dal punto di vista nutrizionale tra carboidrati, grassi e proteine. Un esempio che la semplicità è sempre un punto di arrivo per un grande cuoco.
Il Cous Cous di Unhcr
Basim Alfatlawi dell'Iraq e Jamol Ismail Ssali dell'Uganda, sono entrambi rifugiati politici in Italia. Hanno avuto la possibilità di approfondire la loro passione per la cucina grazie al programma "Food for Inclusion" promosso da Unhcr e l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che ha come obiettivo l'intergazione culturale ed economica dei rifugiati attraverso pratiche legate al food.
Il loro piatto, intitolato Gamba di Mucca, è una ricetta significativa anche perché prepararla costa solo 1 euro e 50, ovvero quanto può spendere un rifugiato in protezione umanitaria in Italia. E' realizzata con cibo che solitamente viene scartato e poco venduto, ma ha il giusto apporto calorico e gli ingredienti nutritivi necessari.
Il cous cous precotto integrale viene arricchito con le verdure (zucchine, cipolla rossa, pomodoro) aromatizzate al curry, accompagnato dallo stinco di bovino e da due salse, una alle arachidi e una allo yogurt.
Il Cous Cous della Tunisia
Il cous cous della Tunisia - Credit Annalisa Cavaleri
Karim Bahbah lavora dal 2017 come sous chef a Parigi in un ristorante del gruppo di Alain Ducasse. Il suo piatto per il Cous Cous Fest 2019 si intitola Jasmina di Carthage". Si tratta di un cous cous che unisce melanzane condite con salsa tahini, cozze e vongole tritate al coltello, fumetto di mandorle, salsa Satay, harissa pizzante di Capbon, ceviche di orata e gamberi. Il tocco agrodolce è dato dai fichi caramellati all'aceto di mandorle e pepe di Timut.
Il Cous Cous di Israele
Il cous cous di Israele - credit Annalisa Cavaleri
Una vera gioia per gli occhi il Cous Cous dello chef Yosi Hanoka, che lavora all'Ospedale Barzilai ad Ascalona. Il piatto si compone di tre strati: alla base un cous cous viola alla barbaietola, al centro cous cous bianco al brodo di pollo e, infine, un cous cous arancione allo zafferano. In accompagnamento, carne di guancia di mucca, cipolline sottaceto, ceci, carciofi e capperi. Alla bse del piatto una salsa al pomodoro e peperoni rossi.
Come tocco finale, lo chef "soffia" sul piatto una leggera polvere dorata edibile, come simbolo di pace ed eternità.
Il Cous Cous del Marocco
Il cous cous del Marocco - credit Annalisa Cavaleri
Mohamed Lamnaour è nato nella città marocchina Oulad M'Rah, vicino a Casablanca. Per il Cous Cous Fest ha preparato il Cous Cous di Mamma Khadija, una ricetta di famiglia semplice e saporita a base di cous cous, agnello, carote, cipolle, zucca, uvetta e sedano bianco. Lo chef è stato il vincitore dell'edizione 2017 di Hell's Kitchen.
Il Cous Cous della Palestina
Il Cous Cous della Palestina - Credit Annalisa Cavaleri
Papà marocchino e mamma palestinese, la chef Mina Boudmine ha voluto dedicare questa ricetta proprio all'incontro e all'amore tra i genitori. Oggi la chef lavora a Palermo. al ristorante Al Quds, che significa "Gerusalemme", terra simbolica per le 3 maggiori religioni monoteiste. Il suo Cous Cous è molto classico e unisce lo spezzatino di carne a ceci, patate, morbida zucca rossa e passata di pomodoro. Il tocco speziato è dato da zenzero curcuma e peperoncino.
L'abbinamento con i vini del territorio
Non è sempre facile riuscire a fare i giusti abbinamenti con la cucina etnica, soprattutto quando unisce molti sapori e ingredienti, come avviene in questi cous cous. Ancora una volta, la Sicilia ci sa stupire perchè, grazie alla diversità dei suoli, dei vitigni e dei luoghi di produzione, riesce ad offrire il prodotto giusto che sappia "relazionarsi" e "sostenere" nel bicchiere questo carosello di sapori.
I vini che sono riusciti nell'impresa sono firmati da Tenute Orestiadi, realtà che nasce nel 2008 come parte intergante di Cantine Ermes, cooperativa sociale che conta oltre 2.300 viticoltori e che, sin da subito, si lega a Fondazione Orestiadi, una delle principali istituzioni culturali e artistiche del Mediterraneo.
L'opera d'arte dell'artista Tonio Specchia dedicata al Cous Cous Fest
Tra i vini di punta degustati durante il Cous Cous Fest c'è Ludovico, dal ome del fondatore, Sicilia IGT 90% Nero d'Avola 90% e 10% Cabernet Sauvignon. Dal colore rosso rubino intenso con riflessi porpora, al naso offre un bouquet pieno con note di frutti rossi come prugne, gelsi, amarena e mirtillo, che si alternano e fondono a nuance speziate di liquirizia, tabacco, pepe e cacao. Al palato è un vino con una struttura complessa, ampia ed avvolgente, dai tannini morbidi e finemente equilibrati.
Dimostrazione di come si incoccia il Cous Cous, uno dei momenti del Cous Cous Fest 2019 - credit Annalisa Cavaleri
Il vino affina per 4/6 mesi in acciaio e successivamente per 16-18 mesi in barrique di rovere francese. Completa l'affinamento in bottiglia coricata per circa 12 mesi. Proviene dalla "terra nera" dei dolci rilievi dell’entroterra trapanese, ricca di sostanze limo-argillose, compatta e resistente alla siccità. Grazie alle sue caratteristiche si configura come habitat ideale per l’allevamento di numerose varietà di vite sia a bacca rossa che a bacca bianca e diviene per noi suolo perfetto per la coltivazione del Syrah e del Nero d’Avola.