Pochi gesti: si pone un pezzo di carne, di solito agnello o pollo, in una cocotte, si aggiungono verdure tagliate a pezzi, sale, qualche spezia, si copre e si lascia cuocere a fuoco dolce. Il risultato? Carne tenera, succosa e saporita.
Questo è il principio su cui si basa la cucina “en cocotte”, una casseruola tipica della cucina francese, fatta di ghisa o porcellana da fuoco, di forma circolare od ovale. Un tempo, si metteva la cocotte sul fuoco e al contempo si gettavano delle braci sopra al coperchio, in modo da avere una cottura uniforme. Oggi, grazie all’utilizzo di materiali migliori e forme che garantiscono la perfetta circolazione del calore, la cocotte è uno strumento più accessibile e facile da utilizzare. E che mantiene intatta la sua particolarità: non usare alcun liquido. Questa è la differenza tra la cottura en cocotte e la tradizionale brasatura.
Altra differenza, è che nella brasatura si utilizzano piccoli pezzi di carne, mentre nella cottura in cocotte si punta a pezzi più grandi e polli interi. Inoltre il risultato, in genere, è molto più tenero. Riassumiamo: niente liquidi, sapore più autentico, carni più tenere e cottura più semplice. È evidente che dietro la cottura en cocotte vi sia un trucco e questo è assolutamente vero: è la scienza, a insegnarcelo.

Che cos’è la cocotte?
Per capire il segreto di questa antica cottura, per prima cosa, pensate a lei, la cocotte. È composta da un materiale che immagazzina calore e lo rilascia lentamente, e questo è anche il motivo per cui una buona cocotte è spessa e pesante.
È importante che sia pesante anche il coperchio, che una volta poggiato deve aderire bene alla pentola e “sigillarla”. In questo modo, l’umidità interna rimane costante, con una quantità minima di acqua che riesce a “scappare”. Ecco perché è consigliabile mettere un foglio di alluminio sopra la cocotte prima di poggiarvi il coperchio: funge da “guarnizione”. In questo modo, è possibile cuocere in cocotte a bassa temperatura, per un tempo più lungo. Considerate che, per un pollo, il forno andrebbe messo a 120 °C e lasciato cuocere per non meno di due ore.
Conduzione e convenzione
Dal punto di vista scientifico, questa cottura lenta, unita alla struttura della tipica cocotte, massimizza il trasferimento di calore nella pietanza. C’è un fenomeno di conduzione, innanzitutto, in cui il calore penetra dalla superficie del cibo fino al centro.
Poi c’è la convezione, in cui il calore si trasferisce dall’aria umida, all’interno della cocotte, al cibo. Infine c’è il calore radiante, vale a dire quello proveniente da onde ad alta energia che tende a riscaldare la superficie della pietanza (propagandosi, poi, per conduzione).
Tutti questi fenomeni, combinati, aumentano gradualmente la temperatura del cibo nella nostra cocotte, senza per questo sacrificare l’umidità presente nel pollo o nel bel pezzo di agnello che stiamo cucinando. Così, le fibre muscolari hanno il tempo si sfaldarsi, intenerendo la carne, e il sapore non viene “annacquato”.

Il pollo in cocotte
Se volete provare l’effetto di questa straordinaria cottura, rifatevi alla ricetta del “pollo in cocotte alla francese”.
Innanzitutto, asciugate per bene il pollo, poi cospargetelo di sale e pepe. Scaldate dell’olio in una padella e aggiungete una cipolla tagliata sottile, tre testine di aglio, sedano a tocchetti e alloro. Rosolate il pollo 6-7 minuti per lato, giusto per insaporirlo e attivare la reazione di Maillard.
Infilate quindi il pollo in una cocotte, insieme a cipolla, sedano e carote tagliate a pezzi, coprite con l’alluminio e chiudete col coperchio. Poi mettete in forno a 120 °C, per non meno di due ore. Terminata la cottura, fate riposare mezz’ora nella cocotte e preparatevi ad assaggiare un pollo da urlo.

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