La storia dei Tre Cristi è abbastanza movimentata; due anni fa, in occasione delle grandi aperture di Expo Milano 2015, il ristorante originale con sede in Toscana decide di aprire a Milano un secondo locale, chiamando a dirigere la cucina Paolo Lopriore. In seguito Lopriore lascia la struttura per inseguire nuovi progetti e dal ristorante passa brevemente Donato Ascani, adesso a Venezia da Glam, altra apertura di Enrico Bartolini. Da dicembre 2016 il ristorante cambia proprietà e cambia anche staff ed executive chef.
Arriva dunque Dario Pisani, classe 1992, originario di Napoli, e completa la squadra uno staff giovanissimo sotto i 25 anni sia in cucina che in sala.
La stoffa per diventare un grande chef Dario ce l’ha tutta: prima la scuola Alma, poi tre anni con Enrico Crippa a Piazza Duomo, “Lo chef che mi ha dato di più” ci dice. Infine l’avvicinamento a Milano, con un'esperienza da Cracco due anni in veste di capopartita.
Gualtiero Marchesi è inevitabilmente il fil rouge di tutta la storia dei Tre Cristi: prima Lopriore - più volte chiamato alunno prediletto del Maestro – e poi il giovane Dario, che non solo studia ad Alma, la scuola dove Marchesi è direttore, ma dopo Cracco approda a Il Marchesino in Piazza La Scala.
Poi l'occasione di diventare per la prima volta executive, proprio ai Tre Cristi, che dopo Lopriore vuole cambiare pelle e direzione. E qui Dario non arriva da solo: compagna di avventura Federica Russo, fidanzata di una vita, che si forma anche lei al Piazza Duomo, ma in sala.
Abbiamo conosciuto meglio Dario durante un pranzo ai Tre Cristi, dove ci ha colpito la sua mano ferma, precisa e creativa allo stesso tempo, e il suo animo profondamente pragmatico.
Da Alma a Piazza Duomo con Enrico Crippa: come si lavora in un 3 stelle Michelin?
È il posto che mi ha dato le basi per andare avanti in questo lavoro; mi sento ancora oggi influenzato da quel tipo di cucina e quel modo di lavorare. Enrico Crippa è lo chef che mi ha dato di più, ancora prima di cucinare mi ha dato le fondamenta, quello che un cuoco dovrebbe sempre avere: la disciplina, il rispetto degli altri, la puntualità, la pulizia. Crippa è sempre in cucina, impari direttamente da lui in prima persona ed è davvero importantissimo.
E da Carlo Cracco che esperienza è stata?
Sicuramente diversa; lo chef lì è presente in un altro modo. Sono due ristoranti gestiti e fondati su filosofie differenti, ma entrambe interessanti.
Poi arriva a Il Marchesino...
Si con Gualtiero Marchesi, che è ancora lì, ancora in forma e fonda il suo insegnamento sempre la purezza e il rispetto della materia prima. Io ho iniziato da Marchesi - ad Alma - poi ho lavorato da Enrico Crippa e Carlo Cracco, che sono suoi allievi e poi sono arrivato qui dopo Lopriore: insomma c'è sempre lui come collegamento.
Il suo primo incarico da executive chef: come sta andando?
Direi bene: stiamo avendo dei buoni risultati, i clienti sembrano sempre contenti, ritornano e suggeriscono il nostro locale ad amici e colleghi. Stiamo cercando di crescere e lavorare bene.
Mi fa piacere che non sia un ristorante solo per turisti: la maggior parte della clientela è italiana e della zona, cosa a cui tengo perché la mia cucina è legata alla tradizione italiana, certo, ma viene personalizzata, e solo già chi conosce le ricette originali riesce davvero a comprendere che lavoro sto facendo e l'evoluzione dei piatti. Ovviamente è impegnativo: piano piano ho cercato di cambiare le cose in cucina così come la carta. Non avendo già uno stile è stato difficile pensare a dei piatti che mi rappresentassero. Ci tengo a non ripetere quello che hanno già fatto gli altri.
Qual è il piatto che adesso rappresenta la cucina dei Tre Cristi?
Uno dei primi piatti che mi ha stupito è il Risotto Affumicato, che è una garanzia, piace a tutti: affumichiamo il burro con dei truccioli di legno misti, quando diventa cenere il legno lo chiudiamo in una pentola insieme al burro e il burro prende quei sentori. Alla fine si tratta di un latticino affumicato, cosa che ovviamente mi ricorda le provole affumicate e i gusti della mia terra. Con questo burro mantechiamo il risotto, e sopra mettiamo questa polvere al nero di crostacei, e gamberi scottati. Mi piace fare cose originali con la semplicità.
Foto: Roberta Abate
Da capopartita a chef: lo stress aumenta?
Quando lavori nell'alta cucina lo stress si respira a qualsiasi livello, ma fa parte del lavoro. Ogni ristorante ha un suo grado di difficoltà: da Crippa lo stress nasce dai tanti elementi di un piatto; la tua linea è molto più complessa e non devi dimenticare nulla. Da Cracco invece la difficoltà era anche sui coperti: 90 circa, piatti più semplici è vero, ma quantità maggiori, allora lì lo stress è quello. Adesso cerco di mantenere un ambiente tranquillo nella mia cucina: io sono una persona molto tranquilla.
Alla fine qui siamo tutti amici e abbiamo la stessa età, quindi non c’è distacco. Non mi vedo come uno chef; tutti quelli che vengono a lavorare qui, soprattutto gli stagisti, quando mi chiamano "chef" rispondo sempre “Mi chiamo Dario, non mi chiamare chef”. Poi quando si deve lavorare si è severi, o meglio più concentrati, ma se c’è un po’ di tempo per giocare o rilassarci 10 minuti ben venga, anche perché siamo in tre e facciamo tutto dall’inizio alla fine, dal pane al gelato per il dessert.
E nel suo futuro ci saranno sempre I Tre Cristi?
Continuare qui, sperando che il livello si alzi sempre di più; questo ristorante per me è se fosse una persona, sento che abbiamo cominciato un percorso nuovo insieme. Vorrei crescere insieme a lui.