Davide Oldani sta camminando avanti e indietro, impegnato in una conversazione telefonica. A gesti si scusa e fa segno di aspettare. Arriva un camion da cui il suo staff inizia a scaricare enormi scatoloni, e lui senza staccare l'auricolare si mette ad aiutarli, apre ogni pacco, lo controlla.
Siamo a San Pietro all'Olmo, frazione di Cornaredo a pochi chilometri dal centro di Milano. È qui che, da un mese, Oldani ha aperto il "nuovo" D'O, a pochi passi dalla storica sede del ristorante inaugurata nel 2003. Un progetto curato da Pietro Lissoni ma pensato in ogni dettaglio dallo chef, che si è anche occupato di restaurare la piazza su cui si affaccia il ristorante.
"Ne volevo fare un simbolo d'Italia: la casa che entra nella piazza e la piazza che entra nella casa" spiega Oldani mentre ci sediamo al nuovo chef's table, sulle (comodissime) sedie Riva 1920 create all'altezza giusta per favorire la digestione, e dotate di un portacellulare. Belle e funzionali come tutto quello che ci circonda, pensato nel minimo millimetrico dettaglio: "Ogni spazio è un luogo della casa: questo è il tinello, poi ci sono la veranda, il salotto, lo studio".
Cosa l'ha spinta a un cambiamento simile, dopo 12 anni?
Ho sempre definito la mia cucina POP: questa ne è l'evoluzione, un progetto - e non un semplice locale - creato con l'entusiasmo ma soprattutto con il cervello. Ho avuto l'appoggio del sindaco, che mi ha permesso di restaurare una piazza che era morta, mettendoci le sculture di Velasco Vitali e rendendola di nuovo un punto di aggregazione.
Mai avuto la tentazione di andarsene da Cornaredo?
Avrei decine di proposte per trasferirmi a Milano, ma detesto chi della provincia si lamenta e poi non fa niente per cambiarla. Da settembre ci sarà un istituto alberghiero - abbiamo già quattro classi iscritte - di cui ho curato il piano didattico. Hanno i tavoli e le sedie del vecchio D'O e una cucina ultra-tecnologica in cui però non mancano anche strumenti della tradizione, come un brasiere a gas. Insegneremo ai ragazzi anche il piano B: i mestieri di panettiere, fruttivendolo, pescivendolo, macellaio. Cornaredo è già un puntino sulla mappa gastronomica d'Italia.
A giorni partirà invece per Rio, dove sarà Sport&Food Ambassador del CONI...
Un'opportunità di cui sono immensamente grato al presidente Malagò. Prima che un infortunio mi costringesse a fermarmi ero calciatore in C2, e credo fermamente nei valori che dal campo si possono portare in cucina: la squadra, il rispetto, l'etica. È quello che ci salverà. Sono anche ambasciatore Laureus, per aiutare i ragazzi delle periferie disagiate a costruirsi un futuro partendo proprio dallo sport. Dopo l'estate uscirà anche il mio libro D'O Eat Better, ricette "da sportivo" nutrizionalmente equilibrate.
Come si conciliano golosità e nutrizione, alta cucina e giovani?
La mia è sempre stata una cucina del levare, con pochi grassi: gusto ma non pesantezza, qualità ma porzioni contenute. E con i prezzi ho sempre cercato di renderla accessibile a tutti e non limitata.
Oldani ci porta al piano interrato, dove c'è la sala dedicata alla ricerca e sviluppo di nuovi piatti e dei prodotti a marchio. In una libreria ordinatissima spiccano titoli come La cuisine spontanée di Fredy Girardet, uno dei padri della nouvelle cuisine: "Io ho avuto l'opportunità di vivere un'evoluzione epocale della cucina: ho iniziato da Marchesi, ho lavorato al Louis XV e a Le Gavroche, ho fatto uno stage da Ferran Adrià". spiega lo chef. "Una volta c'erano solo 4 o 5 chef da cui imparare, ora ne potrei indicare almeno un centinaio. Per questo è importante distinguersi".
In cucina ha avuto tanti maestri. Ma come ha fatto a sviluppare un modello imprenditoriale studiato anche ad Harvard?
Sono sempre stato guidato dalla fame, quella fame che, come direbbe Ligabue, ti viene se nasci in provincia. Se lavori bene in cucina, valorizzando il prodotto e le persone e rispettando i clienti, l'imprenditoria viene di conseguenza.
Oltre ai cambiamenti strutturali, quali sono stati quelli gastronomici, a livello di menu?
Ho realizzato quattro menu ispirati alle Lezioni Americane di Italo Calvino. Si parte da Molteplicità a 32 euro, poi Rapidità, Esattezza e Armonia a 10 portate. I piatti sono in forte evoluzione: sempre basati sulla mia filosofia dell'equilibrio e dei contrasti, esaltando il valore del prodotto a 360 gradi. Il cambiamento di spazi ha ovviamente inciso, ora la brigata ha molto più spazio per lavorare.
La sua è una delle brigate dove i ragazzi rimangono più tempo. Qual è il segreto?
Loro non se ne vanno, sono io a mandarli via, all'estero, per imparare. Poi magari tornano, come ha fatto Alessandro, che ho spinto ad andarsene nel momento in cui avevo maggiore bisogno di lui. Cerco di concedere loro molte ferie, due giorni liberi a settimana, e soprattutto il rispetto: loro lo portano a me, io lo porto a loro. Ogni sabato mattina alle 9.30 ci riuniamo davanti a una fetta di torta. Le idee finiscono, ci vogliono i viaggi e ci vogliono i giovani per rinnovarle.