Diego Gugliermetto: "Non solo golosi: ecco la food art per eterni bambini"

Il food design di Diego Gugliermetto non può lasciare indifferenti. I suoi enormi pezzi d’arredamento a forma di bignè, biscotti e tavolette di cioccolato strappano un sorriso e fanno venire l’acquolina in bocca. Forme e colori ricordano quelle di un mondo fantastico, quasi magico, in cui perdersi e gustare ogni attimo: ed è proprio questo che si augura il loro creatore – designer italiano famoso per i suoi pouf e divani a forma di pasticcini, ma anche grande gourmet – cui abbiamo rivolto qualche domanda a proposito del suo design food inspired.

Come definirebbe il ruolo del cibo nella sua vita, personale e professionale?
Faccio una profonda distinzione tra l’atto del 'nutrirsi' e quello del 'gustare': se i pasti quotidiani sono irrinunciabili, ammetto di essere un discreto goloso pronto a gustare di tutto. E’ una sfaccettatura della mia curiosità che mi ha sempre accompagnato: assaggiare una pietanza particolare non fa affiorare solo la sensazione del gusto ma una quantità di emozioni evocative, proprio come la musica.

Come è nata l’idea della linea food inspired? Magari aprendo il frigorifero, dal quale sappiamo che non manca mai del cioccolato amaro?
L’ispirazione è arrivata in un pomeriggio di noia, in attesa di qualche buona idea: mi divertivo a pensare quale insolita sensazione avrei provato sedendomi su qualcosa di non propriamente nato come oggetto di design. Così è nato il bignè, e cinque secondi dopo tutto il resto: da allora ho iniziato a guardare i cibi con un occhio e una prospettiva diversi. La cosa più difficile è stata ricercare l’immagine di ogni dolce presente nella mente di ognuno: esistono tantissime forme del classico quadretto di cioccolata, così come dei bignè, presenti nella memoria di ognuno di noi. Dovevo abbandonare i miei ricordi e cercare un’estetica “universale”.

Perché, secondo lei, le sue opere provocano tanta allegria in chi le guarda? Sono le forme e i colori, o è l’idea del cibo?Qualche mio critico pensa che riescano a centrare la primordiale necessità di cibo insita nell'homo sapiens cavernicolo sopito in ognuno di noi. Di certo è merito della vocina interna che, guardando quegli enormi dolci così simili a quelli veri, ci suggerisce che «non può essere», ma si arrende di fronte all’evidenza dei sensi. E’ interessante notare come la reazione sia diversa e meno intensa per il «salato», forse meno proibito nell’infanzia rispetto al dolce.

Che caratteristiche ha l'esperienza del gusto che propone?
Una profonda esperienza di sinestesia, ovvero l’attivazione di un senso (gusto, olfatto, vista, udito, tatto) non in forma diretta ma attraverso gli altri sensi: in alcune mostre profumiamo gli ambienti per rendere ancora più forte la sensazione del gusto e il risultato è veramente sorprendente.

Ha in cantiere qualche nuovo progetto food related? Dopo dolci, verdura e formaggio, cosa porterà in tavola (o in salotto)?
Mi sto orientando su piatti composti da diversi ingredienti, come un divano da centro ispirato al classico panino con lattuga, hamburger e pomodoro. E poi l’emblema della cucina italiana, gli spaghetti al pomodoro: naturalmente la seduta sarà sulla forchetta, sorretta dagli spaghetti stessi. Una sfida difficile ma non impossibile.