Uno dei modi migliori per affrontare una crisi è quello di concentrarsi sui pochi risultati positivi che porta. Nel caso del coronavirus, la quarantena ci ha aiutato a perfezionare la ricetta della focaccia di nostra madre o di padroneggiare ancora meglio la nostra versione di Negroni. Ovviamente ci ha anche aiutato a pensare al futuro delle nostre imprese, a come saranno plasmate da questa crisi mondiale e a come e se torneranno "normali".
Il settore della ristorazione non solo è stato tra i più colpiti, ma è probabilmente quello che subirà le maggiori trasformazioni, insieme all'industria dell'intrattenimento, colpa anche dei tempi più lunghi necessari a "tornare in pista". Vale anche per le food hall, l'ultima e più interessante tendenza della ristorazione sullo stile del Mercato Centrale di Firenze e Roma, per intenderci, il cui futuro è incerto e che andrà ripensato per avere un ruolo importante all'interno delle comunità.
Per quasi due anni ho lavorato come consulente per un progetto di food hall a Miami molto ambizioso che non si accontentava di riunione diverse attività commerciali legate al mondo del cibo, ma che voleva riqualificare l'intera area, portando sicurezza e benessere in una zona già interessata da molti investimenti. In questo periodo ho avuto la fortuna di conoscere e lavorare con agenti immobiliari visionari, imprenditori, chef, operatori di ristoranti, grandi gruppi del settore, piccoli imprenditori, e anche startup. Ho imparato da ognuno di loro e ho anche visto come un progetto di questa portata sia in grado di riunire un gruppo di professionisti tanto talentuosi verso lo stesso obiettivo, per le giuste ragioni.

Foto: ©Syed Ahmad via Unsplash
Nessuno immaginava quello che è successo. Eravamo pronti ad annunciare il nostro progetto quando ci siamo resi conto che il mondo, nazione per nazione, continente per continente, cominciava a mettersi in pausa. In questo preciso istante i lavori sono ripresi, ma molti permessi e alcune firme ci richiederanno più tempo del previsto.
Stiamo progettando di aprire il più presto possibile nonostante le limitazioni per le distanze di sicurezza e nonostante il timore di moltissimi di frequentare posti affollati? Assolutamente sì. Ora più che mai è necessario dare un segnale. Ogni paese, Stato e città sta definendo le proprie linee guida, manipolando in qualche modo la salute pubblica e la sicurezza così come l'economia stessa. Per i ristoranti e le food hall i primi giorni di riapertura saranno, a dir poco, imbarazzanti. Ovviamente ci sarà maggiore distanza tra i tavoli, orari di apertura ridotti, i clienti avranno un menu digitale, i camerieri sorrideranno da dietro le mascherine e porteranno in tavola posate e stoviglie igienizzate.
Dunque quale sarà il futuro dei ristoranti, delle pizzerie, delle tavole calde così come delle food hall, dopo la crisi del coronavirus? Dovranno stringere i denti solo sui pochi posti occupati in sala o dovranno vedersela con sfide più grandi? Sicuramente le sale torneranno ad essere piene, prima o poi. Ci sarà una fase, inizialmente, in cui le persone saranno più caute perché avranno paura del virus, usciranno meno perché staranno attente a come spendono i loro soldi o perché avranno imparato a cucinare a casa e si divertiranno a farlo.
Le food hall dovranno adattarsi ad un sistema di prenotazione che garantisca il numero giusto di ospiti in sala, anche e soprattutto nelle ore di punta. Il delivery o il take away non saranno più dei modelli di business secondari, faranno la differenza per molte attività e, anzi, devono essere ulteriormente migliorati visto che i clienti a questo punto si aspettano un'esperienza più ricca e interattiva. Sarà questa la nuova normalità? Solo il tempo ci potrà rispondere.
Le food hall sono di natura luoghi di grande socialità concetto opposto a quello di social distancing che è diventato così tristemente attuale, ma le ragioni per cui le food hall sono diventate tanto popolari nel mondo sono più forti e rilevanti che mai.

Nidal Barake, titolare di Gluttonomy una food agency di Miami.
Il concetto di food hall si basa proprio sul principio di comunità, sul senso di collaborazione e sulla condivisione. Non so come saranno le imprese in futuro, ma come società speriamo di uscire dalla quarantena più uniti che mai.
Abbiamo dato per scontato tante cose e ora ci siamo accorti di quanto ci sia bisogno del calore degli amici e della famiglia che con Zoom e Whatsapp non riusciamo a sentire a sufficienza. In questo senso le food hall daranno un contributo davvero prezioso, non solo in termini di riqualificazione dei quartieri, ma anche come unità nella rete cittadina.
I consumatori apprezzeranno le piccole imprese dei food hall a cui vorranno dare sostegno proprio in virtù del calore e del legame che si creerà diversamente da quanto accade alle grandi catene di ristoranti senz'anima. Le food hall sembrano le piattaforme perfette per chef e ristoranti che vogliano avventurarsi in nuovi esperimenti e nuovi mercati pur restando in un ambiente controllato e facendo investimenti ridotti. Nelle food hall si può investire il minimo, massimizzando l'uso dello spazio e del personale dando maggiori opportunità agli imprenditori che, soprattutto dopo il Covid, hanno meno disponibilità economiche.
Mentre ricostruiamo le nostre imprese e le nostre comunità sembra davvero possibile ritrovarci in una società più forte e più saggia, valorizzando ciò che abbiamo dato per scontato in passato. Quando la paura di avvicinarsi l'un l'altro sarà svanita, e svanirà, torneremo a condividere tavoli comuni con estranei, a scambiare i nostri piatti con amici e familiari, a sperimentare nuovi gusti, sapori e culture. Non riesco ad immaginare un posto migliore di una food hall per tutto questo.