Lu sole, lu mare e lu Salentu... quando si parla di Puglia, la mente va alle rotte vacanziere, che dal Salento si spingono giù fino a Santa Maria di Leuca, in cui le pinete e un mare cristallino offrono riparo dal sole cocente. C'è tutta un'altra Puglia che non risponde però a queste caratteristiche: è impervia, intransigente e - soprattutto - lontana dal mare. È la Murgia col suo paesaggio terroso, quasi marziano, un territorio che non fa sconti a nessuno. Ed è proprio qui che sorge Mezza Pagnotta - cucina etnobotanica, un progetto giovane, ma non acerbo, consapevole portato avanti con grande dedizione dai Francesco e Vincenzo Montaruli.
Giovanissimi, di poche parole e molti fatti, i fratelli Montaruli a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, si sono appropriati di una pratica antica, senza farne una tendenza, il foraging. D'altronde a sentirli parlare si capisce che in fatto di piante ed erbe spontanee non hanno rivali.
Noi di Fine Dining Lovers abbiamo scambiato quattro chiacchiere con i fratelli Montaruli e questa è la loro storia.
Giovani, pugliesi e appassionati. Ci raccontate la vostra storia?
Francesco: La nostra storia parte dalla realtà contadina che conosciamo meglio, quella di casa. Nostro padre, contadino anche lui, ci ha insegnato a valorizzare e guardare al mondo che ci circonda, considerandolo una ricchezza e non un vanto. Mezza Pagnotta è questo: è un impegno costante nel far conoscere le nostre umili origini e la storia dei nostri genitori e della fame con cui hanno combattuto. Abbiamo iniziato nel 2013, Mezza Pagnotta - Apulian Street Food nasce come paninoteca gourmet, una formula scelta per colpire il giovane pubblico locale, facendogli conoscere e sentire qualcosa di 'esotico'.
Vincenzo: Per noi l'esotico dista pochi km, eppure spesso è qualcosa che non arriva mai sulle tavole, perché considerato povero. Nostro padre ha avuto un'intuizione geniale, ma ha capito che dovevamo essere noi il tramite per veicolare le nostre conoscenze e farle arrivare ovunque. Spesso, soprattutto noi giovani, cerchiamo l'esotico del mondo, senza capire che è sotto casa e rappresenta un pezzo della nostra storia.
La vostra cucina si basa sul foraging. Niente paesaggi onirici e boschi verdissimi, ma la Murgia più ostica. Come si svolge la vostra giornata lavorativa?
F: Durante l'anno seguiamo capillarmente la fioritura delle varie specie botaniche; è un passaggio fondamentale per noi, perché la fioritura distingue le piante destinate all'alimentazione. È per questo che abbiamo imparato a osservare la natura e teniamo una sorta di calendario che ci ricorda quali sono le piante che crescono a seconda della stagione. Ad esempio d'inverno è il tempo delle brassicacee, in primavera invece dominano i fiori, ma anche i vari tipi di aglio e le cipolle selvatiche, nonché l'asfodelo, ingrediente chiave della nostra cucina. A giugno invece è la volta delle erbe aromatiche con una scadenza ben precisa: il giorno di S. Giovanni, il vero solstizio della natura, quando è possibile trovare delle piante ricche di balsamicità. Per una raccolta fatta in un certo modo è necessario conoscere a menadito il territorio .Noi raccogliamo anche d'inverno e con la neve. Ci piace definirci primitivi in questo (ride, ndr) ma c'è un fondo di verità. Quello che abbiamo imparato è che abbiamo una percezione diversa della natura, percezione che non avremmo se non avessimo riattivato quell'istinto primordiale che parte dalla necessità dei nostri padri, ovvero sfamarsi.
V: La raccolta ci è stata insegnata da nostro padre, che nella sua vita ha raccolto solo erbe e funghi selvatici. Dopo aver passato la mattinata a raccogliere, toniamo al ristorante e studiamo il nostro bottino. Scegliamo quali solo le verdure da fare crude o cotte, sperimentiamo finché non troviamo il modo migliore per servirle. Rispettiamo sempre i tempi della natura, senza forzature. Un esempio? I legumi. Il tempo di cottura dei legumi corrisponde esattamente al tempo di lavoro nei campi. Non acceleriamo mai i tempi per non snaturare il prodotto.
Mezza Pagnotta - Apulian Street Food, il vostro locale ha sempre proposto piatti in cui il pane era la base di partenza. Da agosto 2017 avete deciso di cambiare ed eliminarlo, proponendo una cucina "più cucinata". Cosa preparate?
F: La nostra è una cucina fatta di poche tecniche, tutte semplici. Partiamo sempre dal condimento, spesso usiamo il vino, ma quello che cerchiamo di fare è evidenziare i colori della terra e di ogni specie botanica. Focalizziamo l'attenzione degli ospiti su ogni elemento del piatto, andando a riportare loro alla mente i sapori e i ricordi d'infanzia.
V: Abbiamo eliminato il pane, perché ci sembrava che racchiudere gli ingredienti tra due fette di pane, impedisse al sapore di esplodere. Era come se il gusto si assorbisse nel pane e si perdesse. Volevamo dare valore alla nostra cucina, che è rimasta la stessa, pur avendo destrutturato il panino. Per noi è importante sapere e sentire cosa si sta mangiando.
Come definireste la vostra cucina?
F: La nostra cucina è etnobotanica. Quello su cui insistiamo non è solo una cucina del territorio, ma una vera e propria conoscenza. Un tempo l'uomo sapeva rivolgersi alla natura non solo per fini alimentari, ma anche terapeutici. Alimentazione e nutraceutica andavano a braccetto. Era la terra che ci diceva come combattere la stanchezza e le malattie. Ecco perché la nostra è una cucina "selvatica", una cucina che non vuole comunicare in astratto, ma intende far conoscere una pratica che è sempre esistita, prima che fosse chiamata foraging.
Come vi siete divisi i compiti?
V: Io passo il mio tempo in cucina, ride (ndr).
F: Al mattino ci dividiamo i compiti, ognuno di noi fa qualcosa. Ma ci ritroviamo sempre tutti sporchi di terra alla sera. E allora vuol dire che è stata una buona giornata.
Parlando di Fattore Umano, tema di Identità Golose 2018, come si raggiunge il giusto equilibrio tra brigata felice e clientela altrettanto felice?
F: Credo che per mantenere un buon equilibrio il primo passo sia scontrarti con te stesso. È importante rimanere fedeli alla propria identità, senza piegarsi a qualsivoglia globalizzazione mentale. Noi partiamo felici, soddisfatti e onorati di aver ereditato il sapere di nostro padre, un sapere che ci ha portato a dialogare con la natura, ma non in senso lato. E credo che sia la nostra passione che arriva alla clientela, soprattutto quando raccontiamo la storia dei nostri piatti e del lavoro che c'è dietro. Credo che la nostra formula sia tutta qui: rendere nobili dei prodotti poveri che, una volta nel piatto, raccontano la nostra storia.
V: La nostra è una catena di montaggio: il ristoratore chiede al contadino, che a sua volta educa il cliente, il tutto con naturalezza, senza pensarci nemmeno.
Vi rivolgete a 50 produttori locali: come avviene la selezione?
F: La prima cosa che guardiamo dei produttori sono le mani. Se non ci sono calli, allora non c'è lavoro. Nel nostro lavoro non conosciamo tramite, perché solo così abbiamo la garanzia di quello che verrà portato in tavola. Ci piace osservare chi abbiamo di fronte, curiosiamo nelle case, facciamo domande, cerchiamo solo le persone che sanno preservare una determina specie orticola, perché siamo sicuri che dietro ci sia un forte amore per la terra.
Quali sono i vostri progetti futuri?
F: Quello che ci sta maggiormente a cuore è far conoscere ai nostri colleghi e ai nostri clienti cos'è la Puglia. Vogliamo partire - anzi ripartire - dalle classi più giovani, e per questo abbiamo già fatto esperienza in alcune classi elementari, portanto in aula la nostra lezione di educazione al territorio e all'alimentazione. Portiamo avanti alcuni progetti di cooperazione con altri paesi del Mediterrano, tra cui Tunisia e Libano, che spesso inseguono gli chef occidentali, ma dimenticano la loro identità. Il progetto che seguiamo è un Master plan per il Libano ed è stato sviluppato in collaborazione con l'Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari. Il bello del Mediterraneo è questo: gli ingredienti hanno la stessa origine, ma vengono riportati in maniera diversa secondo le varie influenza. Ci piace l'idea di subire la magia del Mediterraneo. L'ultima volta abbiamo riportato a casa alcuni semi del Medio Oriente ed è stato incredibile il risultato che ci hanno regalato.
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