Originario di Acerra, il pizzaiolo Gaetano Paolella gestisce nella sua città natale l'omonima pizzeria di successo, con il sostegno di tutta la famiglia.
Eppure inizialmente il giovane campano pensava che nel suo futuro ci sarebbe stata la ristorazione classica. Tutto cambiò quando decise di seguire il proprio istinto e di aprire un piccolo locale dedicato alle pizze d’asporto.
Gaetano Paolella ha raccontato a Fine Dining Lovers le tante soddisfazioni, i sacrifici e anche le avversità che si incontrano seguendo un sogno. La nostra intervista.
Com'è iniziato il suo percorso nel mondo della ristorazione e in particolare in quello della pizza?
Iniziò tutto quando avevo sedici anni. Frequentai l’istituto alberghiero di Gianola, poi decisi di approfondire il mondo della cucina facendo diverse esperienze. Qualcosa però, dentro di me, mi diceva di seguire le orme di mio padre, un grande pizzaiolo. Oggi posso dire di aver fatto bene ad ascoltare quella voce.
È suo padre dunque ad averle insegnato quello che conosce sull’arte bianca?
Feci importanti esperienze come pizzaiolo ma posso certamente dire che mio padre è stato il mio maestro, il mio esempio. I suoi insegnamenti sono gli stessi che oggi io tramando ai miei fratelli in pizzeria.
Quando è nata l’idea di aprire una pizzeria tutta sua?
Nel 2010. Lasciai un posto di lavoro ben retribuito e certo, ero pizzaiolo e responsabile di una nota pizzeria di Salerno. I clienti non perdevano occasione per riempirmi di complimenti, i miei compaesani partivano regolarmente da Acerra alla volta di Salerno per mangiare le mie pizze. Ero sempre più motivato, volevo lanciarmi in nuove avventure, in qualcosa di mio. Iniziai proprio nel 2010 con una piccola pizzeria d’asporto a Torrione, con cui raccolsi tante soddisfazioni, nel 2013 aprii con la stessa formula ad Acerra, la mia città d’origine. Nel 2016, dopo tanto lavoro, sono riuscito ad aprire la sala con sessanta posti a sedere, proprio accanto all’asporto. E siamo cresciuti ancora: da poco più di un mese ho ampliato la sala e oggi tocchiamo i 140 coperti. Sono felice ma non mi fermo, la strada è ancora lunga.
Quali sono i punti di forza nell’aprire un’attività come la sua nella città natale?
Per me è stato fondamentale l’aiuto dei miei familiari e di mia moglie, che qui mi sono sempre stati accanto. Inoltre vedere la gente che mi conosce da sempre, con cui sono cresciuto, siano essi amici o parenti, seduta nella sala a godersi in compagnia le mie pizze è una cosa che mi riempie di gioia e mi emoziona. Così come mi rende orgoglioso vedere quanta gente frequenta da fuori città, si reca qui per sedersi ai nostri tavoli. Certo, ci sono anche aspetti negativi, come per esempio la presenza di malviventi che non pochi problemi ci hanno creato. Io vado avanti, in onore dei sacrifici fatti da me e dai miei cari per arrivare fino a qui.
Come definirebbe l’esperienza enogastronomica che il cliente può incontrare nella sua pizzeria oggi?
Direi che l’immagine di un bambino che si reca in un parco giochi e non desidera più uscirne rende bene l’idea.
Quali sono gli aspetti che caratterizzano la sua pizza?
Una lunga lievitazione e maturazione dell’impasto, che curo con una dedizione quasi religiosa. Poi certamente le materie prime di qualità, con un’ampia serie di prodotti Dop.
La sua pizza più rappresentativa?
La Marinara Ricca, una delle più semplici. Perché ricca? Perché ad una ricetta già così completa nella sua essenzialità ho semplicemente aggiunto pomodorini rossi e gialli del Piennolo.
E alcune di quelle più amate dai suoi clienti?
Vanno per la maggiore la Bufalina Sbagliata e la Cafuncella, il cui topping comprende funghi porcini, patate rustiche, pancetta di maialino nero casertano, provola di Agerola.
Quale consiglio darebbe ad un giovane che vuole fare la sua professione?
Di credere in ciò che fa, di lavorare e di ottenere un riscontro sudandoselo, di rimanere sempre con i piedi per terra.