"Uno chef deve avere il tempo di studiare, non solo di cucinare". Gennaro Esposito, chef del ristorante due Stelle Michelin Torre del Saracino, ha iniziato a parlare di meduse un paio di anni fa, quando gli animali hanno cominciato ad abbondare sulle coste italiane a causa delle correnti e della scarsità di predatori marini come i cetacei.
"Un cibo interessantissimo" ci spiega Esposito, che ha portato la sua esperienza nel cucinare le meduse sul palco di Expo Milano 2015 in occasione di un incontro col CNR sul cibo del futuro.
Ha però portato la sua esperienza gastronomica anche a Identità Expo S.Pellegrino, dove per una settimana - fino a domenica - proporrà un "menu di sostanza", capace di rendere la ricchezza del suo concetto di cucina, tra piatti nuovi e storici come la Parmigiana di pesce bandiera e un'immmancabile Babà.
Abbiamo iniziato dal suo menu per Identità Expo, e abbiamo poi approfondito nel corso di una lunga chiacchierata il discorso su meduse - che sanno di ostriche crude - e televisione.
Come nasce il menu per Identità Expo S.Pellegrino?
Abbiamo pensato ad un menu capace di essere servito a tante persone in tempi rapidi, ma che non perdesse il timbro di gusto e autenticità della nostra cucina. Non è esattamente il nostro lavoro, perchè a la Torre del Saracino facciamo massimo 35 coperti a servizio, mentre qui bisogna trasformarsi in qualcosa di utile rispetto ai numeri. Ho coinvolto tutta la brigata del Mammà di Capri e Salvatore, il capo chef, con il quale lavoro da tantissimi anni.
Come aperitivo abbiamo servito una Tagliatella di Seppia con maionese agrodolce, e per il primo piatto abbia pensato a una pasta mista veloce e soddisfacente. Poi un grande classico, un piatto che ha 18 anni e che ha segnato il cambiamento a la Torre del Saracino: la Parmigiana di pesce bandiera. E non potevamo chiudere che con un Babà. Insomma, un menu dai sapori rassicuranti.
Cosa ha lasciato Expo Milano 2015 all'Italia e agli italiani?
Per l'Italia è stata una stagione piena che ha portato molti turisti stranieri; il nostro ristorante a Vico e anche quello a Ibiza hanno fatto bei numeri. Sono stato molto preso, quindi non mi sento di entrare nel merito della questione, quello che ho visto però è che molti chef "hanno sfilato" ma pochi hanno portato contenuti. A Expo bisogna venire a imparare o a insegnare - o a fare il turista, ma quello è un altro discorso.
E lei cosa insegnerà o imparerà oggi?
Noi oggi siamo qui, oltre che per Identità Expo, anche per raccontare nuovi alimenti con il CNR: portiamo la nostra personale ricerca gastronomica sulle meduse. Il CNR si occuperà della parte scientifica, noi invece presenteremo tre piatti con tre cotture diverse di meduse. La varietà di medusa che cucino oggi non è molto urticante, ma normalmente uso anche quelle altamente urticanti. Il problema delle meduse sono i tentacoli e soprattutto le spore, ma quelle con la cottura si eliminano subito senza problemi. Se le cuoci a 50 gradi, addirittura, non ci sono più pericoli. La medusa che cuciniamo oggi è anche una varietà molto carnosa e abbastanza grande, che può arrivare anche di 20/25 cm di diametro. La puoi tagliare e affettare, e ti regala molte possibilità in cucina. Il suo gusto è molto simile a quello dell'ostrica cruda. Molto minerale, molto gusto e sapido.
Le meduse sono il cibo del futuro?
Non al momento, ma più che altro per motivi organizzativi. È necessario iniziare a congelarle con una tecnologia come l'azoto o un abbattitore molto potente, perchè scongelate in questo modo perdono poco. Con le meduse il problema è che un giorno possono essercene un migliaio e domani neanche una. Seguono la corrente e per poterne fare un ingrediente reperibile bisogna creare un sistema, oppure il rischio è servirle solo quando capita.
È un ingrediente davvero interessante, molto versatile e che si presta a tanti tipi di cottura, dovremmo approfondirlo. Qui, per dire, ho portato tre piatti con medusa: uno snack, ovvero una tartare di meduse con limone, olio extravergine d'oliva, e menta senza sale perchè già di suo ne ha. Poi abbiamo fatto un tagliolino di medusa con arancia e zafferano, e il terzo piatto è un carpaccio di medusa con insalata di porcini e una salsa verde molto classica, proprio per mostrare come si sposa facilmente con tutti gli ingrediente.
Quasi 25 anni di Torre al Saracino: com'è cambiata la Campania intorno a lei?
Dal 1992, da quando abbiamo aperto, le cose più interessanti che ho visto sono nate sempre da iniziative individuali. Facciamo fatica a parlare di sistema, come sempre. La Campania dal punto di vista gastronomico è cambiata moltissimo, in meglio, partendo dalla pizza e arrivandoall'alta ristorazione. Manca la consapevolezza delle istituzioni, mancano infrastrutture, accoglienza e trasporti, e ci sono pochissimi segnali di miglioramento. A un certo punto devi pensare a lavorare al tuo quotidiano, alle persone che dipendono da te e che vanno stipendiate. Quello che succede attorno a te di negativo non deve diventare un alibi. Devi prendere quello che di buono succede e portare a casa, come nel caso di Expo; bisogna incamerare e poi usare quando siamo ai fornelli.
Ad esempio bisogna portare a casa il messaggio di Expo sullo Spreco Zero..
Quella del non sprecare, in realtà, è una mia ossessione da anni, non è una cosa nuova per me. Lo trovo un discorso etico e professionale; non bisogna mai dimenticare che lo chef ha un ruolo sociale, e rispetto a 30 anni fa significa parlare a milioni di persone anche grazie alla televisione. Bisogna essere molti attenti a quello che si dice e verificarne anche le fonti scientifiche. Il prossimo step dello chef è quello di lavorare fianco a fianco alla scienza e alle tecnologie alimentari, perché dobbiamo imparare quello che c'è dietro le produzioni e dietro un alimento. Non solo dal punto di vista delle storie e delle favole - piccoli produttori, contadini, Km 0 - perché oggi bisogna oggettivamente analizzare ogni singolo alimento che entra nel ristorante e offrire la qualità finanziando l'industria più sana, quella di chi lavora bene. Ne abbiamo abbastanza di slogan, capiamo chi fa qualità, e capiamolo scientificamente.
È la prima volta che lavoro col CNR, anche se non è la prima volta che lavoro con professionisti scientifici, ed è un'opportunità da non perdere. Dobbiamo trovare il tempo di studiare e non solo di cucinare.
Pensa che una formazione scientifica sia necessaria per i giovani chef? Ad esempio sarebbe utile un corso negli istituti di formazione?
No, secondo me no. È già difficile che i giovani escano preparati dalle scuole di cucina sulle basi, direi che ci sono problemi molto più importanti da arginare. Le scuole sono in grande difficoltà; chi esce da una scuola alberghiera deve sapersi muovere in cucina e utilizzare i coltelli, basterebbe già questo. Un ragazzo che arriva in cucina non deve saper cucinare, quello è uno step successivo. Fare lo chef non è un gioco, non è quello che sembra dai giornali e dalla tv: la televisione costruisce una fiction - all'interno ci sono cose molto vere, per carità, ma ci sono dei momenti di mero spettacolo. A noi non devono interessare i programmi televisivi come specchio della realtà. Se pensiamo però che la televisione abbia qualche responsabilità, ecco, su quello non sono d'accordo.
A proposito di tv: la rivedremo ancora sul piccolo schermo?
Non ho progetti televisivi al momento; devo cercare di avere progetti gastronomici. È stato divertente, sarà divertente continuare a farlo se avrò tempo. Il giorno in cui mi renderò conto che per qualche motivo sto trascurando la cucina smetterò: amo stare dietro i fornelli, è quello il mio lavoro.
Tutte le foto: ©Brambilla/Serrani