Giancarlo Perbellini è uno chef che punta dritto al sodo, come i suoi piatti. Pochi fronzoli, molta sostanza, il tutto condito da un'eleganza senza pari e un gusto per le materie prime stagionali. Lo chef due stelle Michelin per il suo Casa Perbellini a Verona, negli anni ha dato vita a un vero e proprio "marchio di fabbrica", divertendosi a giocare con i format e le proposte, pur mantenendo intatta la sua identità. Figlio d'arte - anzi, di mestiere - lo chef oggi è alla guida di ben 10 insegne e porta avanti un discorso perpetuo con la squadra, che forma in toto e sotto tutti i punti di vista. Supportato dalla sua compagna, lo chef non si limita alla direzione, ma porta avanti un discorso perpetuo con uno staff giovane e appassionato che supporta e dirige, come un vero e proprio direttore d'orchestra.
Chiamato a supportare la squadra italiana nella sfida europea del Bocuse d'Or, in programma il prossimo giugno a Torino, noi di Fine Dining Lovers abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con lo chef nel neonato indirizzo milanese di Locanda Perbellini, in zona Moscova a Milano.
A fine marzo Enrico Crippa l’ha chiamata alla guida del Team Italiano del Bocuse d’Or, la cui finale europea è prevista il prossimo giugno e di cui Lei è presidente della commissione italiana dal 2010. Può parlarci del Suo rapporto con il prestigioso concorso?
Quello con il Bocuse d'Or è un rapporto di grande amore. Io personalmente avrei voluto raggiungere dei grandi risultati. In Italia ci siamo dovuti però scontrare con numerose difficoltà economiche e in questo senso la creazione dell'Accademia (Bocuse d'Or Italia, ndr) è per noi occasione di visibilità. Vogliamo poter creare una squadra che riesca a costruire, edizione dopo edizione, un team permanente, capace di far crescere i giovani e affrontare al meglio il concorso.
Martino Ruggieri, finalista italiano che gareggerà al Bocuse, ha scelto un team dal respiro europeo: commis belga, sous-chef francese, tutti molto giovani. Come sta preparando Martino alla sfida di Torino?
Ho assistito ad alcune sessioni di allenamento e ho potuto toccare con mano alcune delle ricerche che Martino ha fatto. Ruggieri ha una personalità e un percorso molto interessanti, anche perché in Francia è guidato da Yannick Alléno, che conosce perfettamente il concorso. Martino inoltre sa quello che vuole e ha passato e sta passando una fase fondamentale per ogni chef: il passaggio nelle cucine della Francia. Anche se Italia e Francia le visioni spesso divergono quando non sono addirittura distanti, stiamo lavorando per trovare una visione che metta d'accordo tutti. Ad esempio, a volte Alléno reputa poco elegante qualcosa che per noi Italiani è tipico e radicato nella tradizione culinaria del paese. Averlo dietro le quinte è sicuramente fonte d'ispirazione continua sia per me che per la squadra italiana.
E in generale, qual è secondo Lei il peso dei concorsi nel percorso formativo di uno chef?
Il peso che ha un concorso come il Bocuse d'Or è unico. I paesi che competono si preparano a lungo per affrontare al meglio la finale e avanzare verso la sfida di Lione. La Norvegia ad esempio si prepara con largo anticipo al Bocuse d'Or, questo perché alle spalle ha un'organizzazione strutturata, quasi maniacale. Spero che col tempo anche per l'italia prepararsi al concorso diventi la normalità. Certo, una parte della riuscita in prove del genere e dalla durata così lunga, si nutre di un 50% di fortuna, ma credo che in generale sia importantissimo e necessario per gli chef italiani mettersi in gioco.

Freschissima invece l’apertura meneghina di un nuovo indirizzo di quello che a tutti gli effetti è un marchio. Ci parli del Suo bistrot e dell’offerta gastronomica che ha messo a punto.
Locanda Perbellini è un prodotto che viene da lontano, ma che porta con sé una novità fondamentale: per la prima volta infatti usciamo con il nome Perbellini in un progetto. Finora abbiamo optato per nomi diversi; primo fra tutti è stato il temporary restaurant che abbiamo aperto in Sardegna, cui poi è seguita la Locanda 4 cuochi e vi dicendo. Locanda perché non è Casa Perbellini e non vogliamo che lo sia, ma è a tutti gli effetti parte di un brand. Quello che vogliamo provare a fare è declinare il concetto di locanda secondo due accezioni: in primis il bistrot, di stampo francese e tipico milanese, attento al prezzo, ma anche veloce e dalla qualità altissima che interpreta la cucina italiana da nord a sud. La seconda anima di Locanda Perbellini è invece strettamente legata al servizio. Per quanto riguarda la cucina è un continuo giocare con le basse temperature, le tecniche moderne e quanto di nuovo ci sia in questo mondo. Il tutto rispettando però la tradizione italiana. Il menu, composto di 15 piatti, è attento a tutti i gusti e alle intolleranze. L'imperativo della Locanda Perbellini è la stagionalità, che lega tutte le insegne Perbellini, tranne a Hong Kong.
Un format che, come dicevamo, intende replicare in 15 punti nevralgici dello stivale e più in là, nel Bahrein dove a Manama inaugurerà proprio quest’estate un altro locale, Pergola, diverso per taglio e struttura. Che offerta ha previsto qui?
Innanzitutto andiamo in un mercato nuovo, precisamente nel ristorante dell'hotel più vecchio del Bahrein, la Pergola. Purtroppo non hanno voluto cambiare nome, non me ne voglia Beck (ride, ndr). Il menu qui sarà più ampio, abbiamo voluto mantenere alcuni piatti storici e tipici della tradizione italiana, uno su tutti lo Spaghetto allo scoglio, ma sempre alla Perbellini. La cucina italiana all'estero ha bisogno di stereotipi. È importante sapere fin dove spingersi, per non rischiare di strafare. Ad esempio a Hong Kong non possiamo proporre la battuta, perché non sanno cosa sia. Dalla nostra abbiamo il fatto che in generale la cultura dell'hotel è molto più trasversale per via del turismo. Stiamo ancora affinando gli ultimi dettagli per quanto riguarda la fornitura. Gli ingredienti che useremo arrivano da Dubai, quindi dobbiamo tenere conto delle tempistiche, ma anche se è un mercato nuovo ho visto un buon fermento.

La Sua è una cucina molto creativa, in cui i sapori di carattere (petto di piccione, foie gras, ecc) dialogano con armonicamente con le consistenze e le salse, il tutto in un approccio che parte dal classico, ma diventa avanguardia. Dove trae l’ispirazione?
Casa perbellini si ispira alla memoria del gusto, ma gioca molto. Per Milano invece mi ispiro al mercato e alla stagionalità; qui è possibile "raccogliere" ispirazioni di tutti i tipi e dar vita alle ricette più disparate. Dalla norma alla panzanella, dal pesto patate e fagiolini al pesce, ogni giorno per noi è una scoperta. La nostra è una cucina italianissima, ma che si porta dietro le esperienze e i viaggi che ognuno di noi ha compiuto. Posso definirmi tranquillamente uno chef poco estetico, ma molto attento al gusto. Ed è quello che voglio trasmettere anche alla mia squadra. Federico Belluco, con cui lavoro a Venezia, è un esempio paradigmatico del discorso che porto avanti: lui è un esteta e io continuo a ripetergli che è il gusto quello che viene prima. In questo Pino Cuttaia è uno dei migliori esempi di ispirazione: i suoi piatti posso mangiarli a occhi chiusi e trovare a ogni boccone tutto il gusto e la passione che Cuttaia mette in cucina. Ecco, questo per me è il massimo che può trasmettere uno chef in cucina ed è quello che ispira di più il mio lavoro.
Lei si definisce un “cuoco artigiano”: qual è l’eredità di famiglia che ritiene più importante?
La cucina non è una scienza perfetta, ma è scienza fatta di storia, pratica sul campo. Tutte caratteristiche che un artigiano sviluppa di continuo. La mia storia personale è legata alla pasticceria, ma l'insegnamento più importante che mi porto dietro è l'attenzione alle differenze e la capacità di riuscire a coglierle e valorizzarle.
Otto, o meglio nove con Locanda Perbellini – Bistrot e dieci con il Bahrein. Com’è nato il regno Perbellini? Da dov’è partito e quali sono i suoi progetti futuri?
Perbellini è un brand che è partito per scherzo, tanti anni fa. Volevamo dare ai nostri clienti la semplicità, in stile bistrot francese, anche se non pensavamo alla Francia. Col tempo tutto ha iniziato a prendere forma. Nel 2005 sono cambiate un po' di cose e ho iniziato a occuparmi dei conti e a pensare anche all'aspetto economico. In questo la mia compagna Silvia è stata provvidenziale. Insieme abbiamo inziato a limare e progettare di mettere insieme tutto quanto fatto fino a quel momento. Attualmente io mi occupo della parte creativa, mentre lei si occupa di tutti gli aspetti finanziari. Abbiamo coinvolto i ragazzi che già lavoravano o avevano lavorato con me ed è nato tutto per caso, trasformandosi poi in un vantaggio. Ognuno dei miei locali, tranne Casa Perbellini, ha un proprietario a sé che mantiene il 15% di quote. Questo passaggio è stato decisivo, perché i ragazzi hanno iniziato a capire e masticare bilanci, costi e così via. Insomma, siamo una bella squadra.
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