Precisione, studio, perfezione e tecnica. Si sente forte la scuola francese in tutto ciò che fa Paolo Griffa, chef di 27 anni - è bene non dimenticarlo - che ha alle spalle un'esperienza che sembra non coincidere con la sua giovane età.
Nato a Carmagnola, in provincia di Torino, ha iniziato la sua carriera come pasticciere, per poi volare in Belgio per una breve esperienza con la cucina molecolare (che, scherza lui, lo ha subito stancato). La crescita è costante e continua: arriva al Combal.Zero, dove lavora per due anni con Davide Scabin. E poi, ancora, 3 anni con il bistellato Marco Sacco al Piccolo Lago, esperienza "intervallata" da mesi di studio e scoperta in giro per il mondo: 5 mesi a Le Chateaubriand di Parigi alla scoperta della bistronomia, e poi allo stellato Septime, fino ad arrivare allo Studio di Copenaghen con Torsten Bachmann Vildgaard (ex sous chef creativo di Noma "atto primo" e oggi souschef creativo di Noma "atto secondo").
Il ristorante Petit Royal - courtesy of Press Office Grand Hotel Royal & Golf Courmayeur
Il booster di crescita professionale arriva, infine, nel ristorante bistellato firmato Serge Vierà, dove per 2 anni Griffa lavora come responsabile degli antipasti e garde-manger, cioè di tutte le preparazioni fredde (come cialde, spume e antipasti).
Oggi ha finalmente trovato la sua casa come executive dell'Hotel Royal & Golf di Courmayeur, dove cura, con particolare attenzione il ristorante fine dining Petit Royal.
Nella sua carriera, una tappa importante è stata la vittoria nel 2015 della finale italiana di S. Pellegrino Young Chef, che ricorda ancora con emozione.
La vista dai tavoli del ristorante - courtesy of Press Office Grand Hotel Royal & Golf Courmayeur
Ha un carattere particolare, Paolo Griffa, che può non essere capito subito. Ma la sua riservatezza nasconde un cuore grande e tanta generosità.
Lo dimostra uno degli ultimi progetti che ha attivato con il "Sistema Ollignan Onlus", una bella realtà che punta alla cura e al reinserimento sociale attraverso il lavoro agricolo di persone con disagi psichici e disabilità.
"E' bellissimo lavorare con queste persone - racconta Griffa -. Noi cuochi stiamo a lungo chiusi nelle cucine e questi progetti ti fanno capire quando sia importante l'umanità e quanto calore sappiano regalare queste persone. I ragazzi della Onlus Ollignan coltivano con metodi biologici erbe e verdure che usiamo nei nostri piatti. Li andiamo a trovare e raccogliamo con loro i prodotti. Si va dalla lavanda, da cui estraggono un olio essenziale molto profumato, alla calendula, dall'isoppo, alla facelia, un'erba che sa di miele. E poi l'echinacea purpurea che usiamo per le infusioni e le tisane, molto aromatica. Per non parlare degli asparagi selvatici, che diventano altissimi e che possiamo raccogliere per tutto l'anno a diversi stadi di maturazione".
Paolo Griffa e la raccolta delle erbe nel parco curato dalla Onlus di Ollignan - credit: Davide Dutto
Da quando è in Valle d'Aosta, ha iniziato uno studio approfondito sugli ingredienti locali, sempre con attenzione al contatto diretto con i piccoli produttori e all'approvvigionamento etico.
"Anche per quanto riguarda la carne, non ne acquistiamo grandi quantità, ma ci appoggiamo alla Kiuva di Arnad, una cooperativa di piccoli produttori locali che ci segnala la selvaggina abbattuta giornalmente secondo uno rigido disciplinare. Pochi capi, che hanno vissuto sempre liberi e allo stato brado, in modo da non intaccare i fragili equilibri naturali dell'ecosistema di queste stupende valli".
Quando parla, Paolo Griffa, è sempre dettagliato e tecnico, ma questa attitudine non è pignoleria ma l'effetto necessario di un percorso fatto di anni di studio e di lavoro.
E' un lavoratore instancabile, Paolo Griffa: basti pensare che, solo nell'ultimo anno, ha catalogato 200 piccoli "benvenuti", dalle tartellette alle sfere ai gusti di cocktail. Una precisione quasi maniacale che, però, non prende il sopravvento sulla sua creatività.
La raccolta della lavanda nel parco curato dalla Onlus di Ollignan - credit Davide Dutto
A chi lo vede timido e riservato, a volte un po' "sulle sue", direi che la sua vera indole - giocosa ed estroversa - si esprime nei suoi dolci, basti pensare ai dessert che interpretano le fiabe Disney, come la "Mela Avvelenata", una mela completamente svuotata e riempita di una bavarese al miele di castagno, brunoise di mele verdi e finocchio con crema di lime e mela gialla, il tutto alternato da una sfoglia caramellata a dividere ogni strato, oggi "evoluta" in una renetta gelata riempita di un sorbetto di mela trattata all'Ocoo, una sorta di "pentola a pressione del futuro" che estrae ogni espressione gustativa del frutto (dalla buccia ai semi).
La stabilità di oggi, e la possibilità di "spingere" su tecniche, ingredienti e evoluzioni, è anche dovuta alla fortuna di aver trovato una proprietà che crede fermamentein lui. Il suo "mecenate" - perché sappiamo quanto sia costoso gestire un progetto di alta cucina oggi - è l'imprenditore Sergio Barathier che, insieme ad altri soci, crede nelle sue potenzialità. Nell'ultimo anno, infatti, il Petit Royal ha cambiato completamente volto, con cucine iper tecnologiche e una sala dall'aspetto pulito, essenziale ed elegante che finalmente rispecchia la cucina dello chef.
Gli esterni dell'hotel - courtesy of Press Office Grand Hotel Royal & Golf Courmayeur
La squadra del Petit è giovane e ha tanta voglia di far bene e ad oggi è composta dal responsabile di sala Vadim Vasilevschi, dal sommelier Giorgio Cortucci e dalla pasticciera Titti Traina. La supervisione generale dell'hotel è nelle mani di una donna, Veronica Revel Chion che supervisiona ogni aspetto dell'accoglienza. La squadra dell'hotel si completa con lo chef Andrea Alfieri che guida con la moglie Samantha il ristorante Grand Royal, il bar manager Lorenzo Uberti e il sommelier Lorenzo Andreoni.
E, se la fortuna aiuta gli audaci, questa squadra si merita di brillare sempre di più.
Girelle di barbabietole, stracchino di capra ed erbe di montagna
La perfezione francese si fa antipasto. Le barbabietole locali, di diversi colori e consistenze, vengono cotte in forno con la loro buccia, ciascuna con un tempo di cottura diverso (si va da 1 ora alle 2 ore e mezzo a 180 gradi). Si coppano in cerchi regolari, giocando con i colori, e si sovrappongono per ottenere una "banda"che verrà "foderata" con uno stracchino di capra prodotto in Val Veny condito con la finocchiella, un finocchio selvatico che cresce in montagna dal un sentore fresco di anice. All'interno del "cerchio di barbabietole", una selezione di erbe spontanee delle valli limitrofe tra cui foglie di senape, farinella, stellaria, portulaca, pimpinella e levistico. Per la parte croccante, mandorle di terra, cioè piccoli tuberi che sanno di mandorla. Un'insalata piena di sapori. Un gioco di tecnica in più: se togliete un "petalo" di barbabietola, l'incastro si "smonta" e il tutto si apre a cerchio come un fiore. Più Francia di così...
Risotto di patate di montagna
Altro esempio di precisione affiancata da creatività e studio degli ingredienti locali. La base del piatto è vegetale: lo chef sceglie una particolare patata coltivata nella zona di San Nicola sopra i 1900 metri, con un grande contenuto di amido. Le patate crude vengono tagliate in parallelepipedi di 2 mm per 2mm per 4mm e poi messe in un pentolino con del burro. Si bagna con brodo vegetale e si lascia cuocere per 12-15 minuti. In cottura, i parallelepipedi di patate smussano gli angoli acqusitando la forma di un chicco di riso. L'amido della patata, rende il piatto cremoso come un "vero" risotto. Sulla base di "risotto" di patate, viene adagiato un velo di lardo di Arnad stagionato con erbe, ginepro e rosmarino, per dare cremosità e grassezza. Il piatto è completato con un dripping di salsa all'aglio nero (l'aglio viene preso e lavorato all'ocoo che lo fa ossidare ossidare in 17 ore, concentrandone la parte zuccherina e eliminando i sentori taglienti), salsa al plancton, dal gusto vegetale e iodato, salsa ai ricci di mare crudi. Anche qui non manca l'aspetto del gioco per il commensale: in base a come si mangia e a che salse si scelgono, il piatto si colorerà in modo diverso per ogni commensale. Equilibrio tra alchimia e metrica.
Cervo laccato alla resina di pino con zucca, marroni e germogli di senape
Prima viene sempre la materia prima. Il cervo è fornito della Kiuva di Arnad, cooperativa di piccoli produttori che cacciano secondo un disciplinare rigidissimo. Tutti i cervi abbattuti sono schedati e subiscono controlli accurati. Essendo liberi di muoversi e di alimentarsi per tutta la loro vita hanno carni dal gusto più delicato e meno selvatico. Dal carrè intero, lo chef estrae filetto e controfiletto, che vengono grigliati sui carboni per ottenere una caramellizzazione all'esterno e tocco affumicato. Durante la cottura - di circa 10 minuti per mantenere la tenerezza - la carne viene laccata con resina di pino, estratta lasciando macerare e fermentare le pigne in modo che la resina "si stacchi" dalla parte legnosa. In abbinamento, purea di butternut, zucca dolce dal sentore di castagna, marroni della Val di Susa cotti nel fondo di cervo. A dare il tocco amaro, la scorzonera cotta con la sua buccia in un brodo di caffè (per accentuare le note amare). Nota decisiva finale con i germogli di senape.
Pic nic in Val Ferret
Chi lo dice che l'alta cucina deve essere "rigida" e "impostata"? Soprattutto nei dolci, l'aspetto di gioco con Paolo Griffa non manca mai. Ed ecco che, al momento del dessert, l'ospite si trova a vivere un'esperienza divertente: un pic nic in Val Ferret. La collaborazione è sempre con la giovane pasticciera Titti Traina.
Qui la mise en place cambia completamente: prima c'era il centrotavola in legno antico ricoperto di muschio - lo stesso del pass-scultura dell'artista Alberto Fontana - ora c'è un mazzetto di fiori di campo, misti e colorati.
Da un cestino di vimini foderato con la classica a quadretti bianchi e rossi, escono, come per magia, una ricotta di capra lavorata e resa cremosa a forma di fiore e servita nella garza, in abbinamento a fette biscotatte home made e composta di ciligie. Si prende la ricotta e la si spalma sulle fette biscottate come per durante una romantica colazione sull'erba.
E,poi, barrette di cioccolato di cioccolato di "scuola Ticket- Albert Adrià". La ganache di cioccolato e nocciole viene colata in uno stampo, simile a quello per le goffre, messo in azoto e fatto congelare. Si ottiene così una barretta congelata che si scioglie immediatamente sul palato diventando cremosa. Si continua con una torta frangipane ai mirtilli selvatici di montagna e con un rametto di ciliegie fresche e selvatiche, che l'ospite stacca da sè come nel momento della raccolta. In una ciotolina, fragole Mara de Bois dal sapore intenso di fragoline di bosco ma più grandi e, come bevanda, un fermentato di pigne che sviluppa una leggera gradazione alcolica. Poteva mancare il salame di cioccolato? Certo che no. Naturalmente fatto in casa con biscotti home made e ganasche al rum.
Si finisce in freschezza con la mela renetta, svuotata e riempita con un sorbetto di mela renetta trattata con lOcoo, che ne estrae tutti i sapori, dalla polpa alla buccia, fino ai semi. Insomma, mela all'ennesima potenza.