E' stata una prima giornata intensa a Identità Golose 2019, in cui si sono susseguiti incontri, riflessioni, lezioni e masterclass dedicati al tema guida Costruire nuove memorie. Per chi se li fosse persi, ecco gli highlights più interessanti del primo giorno di Identità Golose 2019.
Cibo e televisione, una lunga storia d'amore
Tra i momenti più attesi della 15esima edizione di Identità Golose, il talk di debutto Identità TV – 60 anni di alta qualità a tavola. Un viaggio nella storia della televisione e del cibo in televisione, condotto da Federico Quaranta. Un percorso che ha ricordato come il cibo sul piccolo schermo abbia un lungo percorso alle spalle, a partire dal 1957, quando Mario Soldati affrontò per la prima volta tematiche gastronomiche con un grande viaggio lungo il Po in 12 puntate. “Già allora c'era l'idea di raccontare il territorio: è stato il primo a dire in tv che viaggiare significa conoscere un territorio e proprio attraverso il cibo si conoscono storie, culture, personaggi, nella maniera più spontanea”, ha ricordato Davide Rampello.
Il primo Masterchef – andato in onda nel 1990 – e la sua evoluzione, senza conduttori a partire dal 2005, sono stati ricordati da Dante Sollazzo di Endemol Shine: “Il prime prime time di cucina della tv italiana senza una conduzione canonica: una scelta molto innovativa 8 anni fa”, ha commentato. Con Masterchef la cucina si allontana dalla mera ricetta, ma racconta storie di riscatto di persone comuni attraverso la cucina”, ha aggiunto. Antonino Cannavacciuolo, giudice di Masterchef Italia, ha chiuso l'intervento: “All'inizio ero un po' scettico all'idea di fare tv, perché pensavo che mi avrebbe tolto dalla ristorazione, e invece oggi dico che il successo della tv lo sto portando nelle mie attività: oggi siamo 150 in cucina, mentre prima di Masterchef eravamo 15, il successo dei bistrot che ho aperto. La tv mi sta dando tante soddisfazioni”.
Emozionante anche il confronto tra Federico Fazzuoli, fondatore di Linea Verde, e Federico Quaranta, attuale conduttore del programma, nato come trasmissione con focus sull'agricoltura. “Oggi puntiamo su sceneggiatura del territorio, narrazione, immersione: la gente non vuole più solo guardare, ma vuole immergersi in una storia”, ha detto Federico Quaranta. “Questo è possibile grazie alle tecnologie di oggi, che ti seguono ovunque”, ha aggiunto Giuseppe Bosin, autore di Linea Verde.

Antonella Clerici e Davide Oldani con Federico Quaranta - Credit: Mariarosaria Bruno
Non è mancato l'intervento di Antonella Clerici, tra i primi personaggi in tv a credere nel successo della cucina, con La prova del cuoco, a partire dal 2000. Dopo la proiezione di un filmato di Ristorante Italia (primo programma food che ha condotto nel 1992), con un giovanissimo Davide Oldani annunciato da Gualtiero Marchesi, la Clerici ha concluso: “L'idea era di fare piatti facili per tutti: abbiamo avvicinato la gente comune al cibo. La prova del cuoco vive di quotidianità, ha sempre messo al centro la ricetta, ma è sempre stato trasversale, anticipando focus sui prodotti con Beppe Bigazzi, con approfondimenti che andavano dall'olio al pomodoro”.
Il tema della rivoluzione di Netflix è stato affrontato da Corrado Assenza del Caffè Sicilia di Noto, protagonista di una puntata di Chef's Table: “Hanno girato più di 100 ore di materiale filmato, tirando fuori 48 minuti di film con 1 milione di euro di budget, 2 mesi di post produzione: 48 minuti che hanno cambiato la storia del Caffè Sicilia dopo 35 anni di avventura”.
La pasta si trasforma in pane nelle contaminazioni di Matias Perdomo

Lo chef Matias Perdomo - Credit: Annalisa Cavaleri
Attento alla leggerezza nel menu lo chef Matias Perdomo del ristorante Contraste di Milano, nella sua lezione contamina piatti e tradizioni, trasformando la pasta in un boccone di pane.
Il punto di partenza del ragionamento è il tucco un piatto ligure in cui pezzettoni di carne cuociono circa 2 o 3 ore in sugo di pomodoro. Mentre cuoce, un grande classico, è “fare la scarpetta” con il pane.
Lo chef parte da questa gestualità - del pane che si inzuppa nel tucco - ma “alleggerisce” il boccone con un innovativo pane fatto con la pasta secca.
La pasta viene frullata fino a diventare farina, poi si aggiunge farina e albume d’uovo. L’impasto viene sifonato e cotto al microonde, poi bagnato con il ragu. Un boccone di puro piacere (leggero).
Simon Press e il biancomagiare salato

Lo chef Simon Press - Credit: Annalisa Cavaleri
Siamo abituati a pensare al biancomangiare come un budino dolce a base di latte e mandorle. Potrebbe stupire, ma lo chef Simon Press del ristorante Contraste di Milano, svela che anticamente si trattava di un piatto salato fatto con le carni bianche. Era un modo per mangiare la carne (di nascosto!) durante la Quaresima o per dare un alimento sostanzioso ai malati. Per riportare il piatto alle sue radici, lo chef ripensa il piatto antico: fa un brodo d’oca, lo arricchisce di latte di mandorle e aggiunge farina di mais e agar agar. Forma un budino di brodo d’oca leggermente addolcito con miele e arricchito con grasso d’oca. Si rompono così i confini tra dolce e salato per una contaminazione totale.
Elizabeth Puquio Landeo protagonista dello story table di S.Pellegrino

La chef Elizabeth Landeo allo stand di S.Pellegrino - Credit: Mariarosaria Bruno
“Amo il mare e ho deciso di omaggiarlo con un pesce bianco, il pagro, profumato con insalata di misticanza e coriandolo, che ricorda i sapori della mia cucina, e il prosciutto di Parma sotto forma di chips, in omaggio all'Italia. Alla base, la crema di carciofo che ben si abbina: è un piatto che ho ideato ah hoc per questo appuntamento”, così ci ha raccontato Elizabeth Puquio Landeo, finalista dell'America Latina di S.Pellegrino Youg Chef 2018 e vincitrice del Fine Dining Lovers People's Choice Award 2018. La chef peruviana, allo stand di S.Pellegrino, ha proposto il suo Pesce bianco, carciofo, prosciutto di Parma dop: un piatto in degustazione per festeggiare i 120 anni di S.Pellegrino. “Amo mixare l'acido, il citrico, al pesce, ecco perché nella crema di carciofi ho aggiunto del succo d'arancia e completato il tutto con una gelatina al limone”, ha affermato, svelando i particolari della ricetta.
Il gelato alle ortiche affumicate e polvere di capesante di Moreno Cedroni

Lo chef Moreno Cedroni e il suo gelato - Credit: Annalisa Cavaleri
È sempre più lieve e destrutturato il confine tra dolce e salato. Lo dimostra Moreno Cedroni, chef de La Madonnina del Pescatore di Senigallia, con i suoi incredibili gelati. Il primo è un gelato gastronomico a base di latte e panna, arricchito con ortiche affumicate sulle braci, il cui sapore ricorda il tè matcha. Come tocco finale, si decora con polvere di capasante dal forte sapore iodato. Il secondo è un gelato che unisce la base latte alla banana fatta ipermaturare e fermentare, abbinato, nel piatto a una mousse di gianduia e decorato con granella di cioccolato amaro. Ma non è finita qui: lo chef Cedroni crea anche un gelato alla melanzana e anguilla, un gelato al cappero e estratto al fiore elettrico e un gelato decorato con lisca di pesce liofilizzata. La dimostrazione che, grazie con la creatività, i nuovi gusti vanno a creare nuove memorie.
Antonia Klugmann e il cavolo rapa antispreco aromatizzato al tè

La chef Antonia Klugmann - Credit: Annalisa Cavaleri
L’Argine a Vencò è a cavallo tra due mondi, la mitteleuropa e l’Europa occidentale. Quindi chi meglio di Antonia Klugmann, triestina, può parlare di Contaminazioni. “La tradizione non è chiusura ma stratificazione - dice la chef -. Non mai rivisito la tradizione, non codifico le ricette tradizionali locali, mi pongo in un’ottica di osservazione della cucina contemporanea come fosse un grande fiume”. La chef, per questa edizione di Identità Golose, ha voluto presentare un piatto vegetariano, per ripercorrere l’antica memoria del tè con latte che beveva da bambina nel pomeriggio.
Alla base del piatto, per non creare spreco, una crema ottenuta dalle foglie e dalle parte centrali della verza più dure. Si aggiungono le foglie di verza appena sbollentate, e del cavolo rapa cotto in tè earl gray, petali di rosa e un po’ di burro. A parte, in un pentolino, si crea una schiuma a base di latte e panna, polvere di earl grey e lecitina di soia. Ultimo tocco vegetale, la valeriana selvatica.
I fementini a crosta fiorita di Daniela Cicioni

La chef Daniela Cicioni - Credit: Annalisa Cavaleri
Continua lo studio della chef Daniela Cicioni sulle fermentazioni. Per questa edizione ha presentato un fermentino – cioè un “formaggio vegetale” – a base di anacardi che ricorda un Camembert abbinato a una barbabietola fermentata con la tecnica del kimchi.
Come seconda ricetta, riso rosso della Camargue fermentato, abbinato a una crema di piselli e decorato con le scorze di limoni fermentati sotto sale. Come condimento, una preparazione a base di alga kombucha che, lasciata a 80 gradi, si reidrata e dà una sorta di aceto balsamico. "Il cibo vivo ci rende attivi e vitali - spiega la chef Cicioni -. E' importante rinforzare il nostro organismo con queste preparazioni: ne basta una forchettata algiorno per sentirsi meglio".
Sauro Ricci e "Il volto della natura"

Gli chef Simone Salvini, Pietro Leemann e Sauro Ricci - Credit: Mariarosaria Bruno
Per la prima volta è salito sul palco di Identità Golose l'executive chef del Joia Sauro Ricci. Forte di una laurea in antropologia e di sette anni accanto a Pietro Leemann, chef fondatore del Joia, ha introdotto il suo intervento a Identità Naturali con una vera e propria lezione teorica, spaziando dal valore simbolico del fuoco al valore della memoria e della gratitudine. “Il fuoco è un elemento che crea una radice e struttura un'identità, è legato alla tradizione e la tradizione è veicolo di conoscenza".
"La memoria si sviluppa con la scelta dell'ingrediente e sull'ingrediente costruiamo quello che siamo”, ha spiegato. “La relazione con la natura, che ci dona nutrimento, è una relazione primordiale, che ci permette di mettere in luce il valore della conoscenza e della gratitudine”, ha proseguito.
Si è ispirato alle opere di Escher e alle sovrapposizioni di piani per comporre Il volto della natura: un antipasto che si sviluppa sul piano orizzontale e su quello verticale, adagiando su una base di crema al mirtillo un tortino preparato con zucca, sedano rapa, barbabietola, patata gialla e patata viola. Ha completato il tutto con una crema di cannellini al wasabi e finito con salsa verde preparata con prezzemolo e capperi.
Lo chef ha proseguito con la zuppa Lady Curzon (dal nome della moglie del viceré dell'India), rivisitazione di un'antica ricetta che veniva preparata con il brodo di tartaruga. L'ha riletta con una base di funghi shiitake e patata dolce, sfumati in padella con soia, e verza cruda. Ha completato con brodo di cocco e sormontato il tutto con panna vegetale e finito con tekka, una polvere ottenuta da vegetali essiccati con miso e soia, che ha usato anche per fare la cornice del piatto. Sul palco grande emozione in chiusura, con l'intervento di Pietro Leemann e Simone Salvini, ossia la storia del Joia, unico ristorante di cucina naturale stellato d'Italia.