Violetto di Albenga, di Brindisi, di Paestum, romaneschi: quattro varietà di carciofi IGP prodotte in diverse regioni fanno sì che dall’Italia arrivi la metà della produzione mondiale di questo ortaggio.
I carciofi si dividono in due grandi categorie: violetto e spinoso. Il ligure è più delicato, il romanesco è senza spine, ma l’unico Dop è lo spinoso di Sardegna: una vera e propria quintessenza di carciofo.

Cosa è il carciofo?
Quelli che consumiamo in realtà sono i fiori dei carciofi, detti anche capolini. La pianta supera il metro di altezza terminando con una sorta di grosso bocciolo formato da foglie chiuse, dette brattee, di colore verde violetto. Sulla pianta il gambo è tenero, ma dopo la raccolta più tempo passa più diventa duro. Il processo si chiama legnificazione: valutarlo è uno dei metodi per riconoscerne la freschezza dell’ortaggio. Un bel carciofo non deve mostrare appassimenti o ammaccature, le foglie devono essere ben serrate, le spine intatte.
A seconda della varietà, è di stagione tra gennaio e giugno.
È un ortaggio molto antico, che veniva coltivato già dagli egizi sul Mediterraneo. Il suo nome latino è Cynara Scolinmus: cinus deriva dal fatto che veniva concimato con la cenere, mentre Scolymus deriva dal greco e significa appuntito. La leggenda è sempre più romantica e fa derivare il nome da Cynara, una fanciulla dalla bella chioma color cenere poi trasformata da un Giove innamorato in pianta di carciofo.
Come si puliscono i carciofi
Pulire i carciofi può richiedere un po’ di lavoro, ma ne vale la pena: basta eliminare le punte e le brattee esterne, molto coriacee e amarognole, per scoprire un cuore tenero e dolce. Ricordatevi anche di eliminare il “fieno”, quella barbetta al cuore che si forma quando il carciofo prosegue nella maturazione. Molti sanno che mentre si monda il carciofo va immerso in acqua e limone.
Il vero segreto per non farli annerire, però, è l'acqua minerale frizzante, perché l'anidride carbonica rallenta l'ossidazione.
Come si producono i carciofi
Il terreno perfetto per la coltivazione dei carciofi è collinare o pianeggiante, ben drenato e concimato con microclimi miti, dai 12 ai 22 gradi con umidità elevata: il carciofo, infatti, non ama le gelate. Dopo che si forma il primo capolino, il fusto va ramificandosi producendo dai 5 ai 7 capolini e verrà raccolto per essere immesso sul mercato. A questo punto il produttore seleziona e raccoglie, dividendo in categorie. Alla base del fusto nascono i “carducci o polloni”; questi oltre a essere buoni da mangiare, si trapiantano per ottenere nuove carciofaie. I carducci lasciati nel campo diventano materiale organico per le piante stesse.

Cucinare i Carciofi: Abbinamenti e consigli
Il profumo di cardo e fiori primaverili è intenso, al palato rivela un mix perfetto di amaro per la presenza di tannini e dolce. La texture è complessa: alla base le brattee sono carnose e allo stesso tempo tenere e croccanti.
In cucina è versatile, si usa crudo, fritto, ripieno, come farcitura, insieme a pasta e risotto, in conserva e addirittura sotto forma di dolce. Ama l’aglio, la cipolla, menta e prezzemolo. Uno dei piatti d’autore dove regna assoluto è Carciofo e rosmarino firmato dallo chef italiano tre stelle Michelin Niko Romito.

“Tornano al palato note di acciuga e liquirizia caratteristiche del carciofo”, dice lo chef abruzzese.
Semplicemente carciofo cotto sotto vuoto per un’ora a 90 gradi e poi verniciato con resina estratta dal gambo aromatizzata all’erba aromatica. Mentre un piatto che fa emergere l’anima sarda è: fregola, un tipico formato di pasta di semola, carciofo spinosi di Sardegna e calamaro. Mentre il consiglio per abbinamento gourmet sposa il carciofo affettato condito con olio e limone con aggiunta di bottarga di muggine.
E se volete qualche suggerimento sulle ricette con i carciofi date un occhio ai consigli di Fine Dining Lovers
