Che si tratti solo di una moda è presto per dirlo, e comunque poco importa: sul fronte del gusto il 2016 ha già un trionfatore, anzi due. Acidulo e amarognolo sono i nuovi sapori che, stando agli esperti, prendono piede sia nelle bevande sia negli snack, imponendosi fra i nuovi trend della cucina.
ACIDULO NEL BICCHIERE: IL SUCCESSO DELLO SHRUB
A fare da apripista sono i pionieri della mixology, dove il sapor acidulo prende forma soprattutto nell'aceto da bere: meglio noto come "shrub", dall'arabo "shurb" (bevanda) più l'Hindi "sharbat" (sciroppo aromatico ottenuto da frutta, erbe o estratti di fiori), in realtà è un prodotto già in uso sia nell'Inghilterra del XV secolo, dove però denotava un cordiale tonificante, sia nell'America coloniale, dove si usava l'aceto per conservare la frutta.
Dallo sciroppo di risulta di queste conserve partì l'idea degli shrub di oggi.

Secondo uno studio di in-sight.symrise, l'ascesa degli shrub è da imputare all'impennata del prezzo dei lime messicani (+ 500%). Per capirci: se l'agrume sovrano di alcuni pilastri della miscelazione passa da 20 a 100 dollari a cassetta, il prezzo finale di un Mojito o un Moscow Mule, per esempio, dovrebbe essere rivisto sensibilmente al rialzo.
Per aggirare l'ostacolo i bartender sono andati a caccia di validi sostituti: gli shrub, il cui acidulo richiama il sapore pungente tipico degli agrumi, hanno risposto egregiamente all'appello dando al contempo vita non solo alla riscoperta di una tradizionale bevanda dissetante e aromatica, ma anche a intriganti combinazioni.
NUOVE IDEE IN FATTO DI COCKTAIL: DA MANHATTAN ALLA WEST COAST

A Manhattan, per esempio, si è parlato molto di uno shrub di succo di melagrana, aceto di Cabernet e Sherry, così come di un altro mix che all'aceto di mele ha magistralmente mescolato rum scuro, zenzero, melassa e sidro.
Anche la West Coast non si è risparmiata, rispondendo con aceto più sidro, bourbon e albicocca; o aceto più gin, mela, mirtillo, meringa e miele. E che dire dell'innovativo Coffee Shrub Sprizter? L'insolito mix, lanciato dopo un concorso per bartender e divenuto in breve un must-try per quelli che bazzicano nei dintorni di Portland (Oregon), sposa l'aceto balsamico all'espresso, più sciroppo di agave e acero.

Foto: ©Farideh Sadeghin via www.saveur.com
Fiutando il business di un trend in ascesa, molte aziende si sono avventurate nella produzione di drinking vinegars. La Pok Pok Som, ad esempio, una catena di ristoranti thai di alta qualità disseminati tra Portland, Los Angeles e New York, ha ideato una sua linea allo zenzero, melagrana, ananas o basilico. Idem un'altra azienda statunitense, la Shrub&Co, che si è lanciata nell'avventura puntando però sul biologico senza compromessi: succo di frutta, zucchero di canna, aceto sono tutti rigorosamente 100% bio.
Il trend dei sapori aciduli non si ferma però alla mixology, se è vero che prendono sempre più piede le birre acide, o "sour ales", che in verità ripropongono la birra nella sua veste antica (come la conoscevano, ad esempio, già gli Egizi) e che si fanno apprezzare per gli insoliti sentori di cuoio, miele, frutti rossi. Note che possono non piacere se bevute in purezza ma che si sono rivelate sorprendenti in cucina. Merito del luppolo che, invecchiato a lungo con batteri "selvaggi" e non coltivati, perde le proprietà amaricanti e si trasforma così in alleato perfetto per sfumare in padella e nelle riduzioni di salse.
Altro protagonista del sour trend è il Kombucha, un tè fermentato dallo spiccato sapore acidulo. Non è una novità, essendo una specialità asiatica di antichissima tradizione (risale a oltre 2000 anni fa), ma oggi possiamo constatarne il ritorno sia tra chi sposa uno stile di vita salutista, così come nei locali dove i bartender lo usano per dare un tocco acidulo ai cocktail. Tendenza che ha altresì dato vita, a tutte le latitudini, tanto ai "Kombucha tea bars" così come ai kit per preparare in casa l'antico tè fermentato.
NON SOLO ACIDO: IL RITORNO DELL'AMARO
Insieme all’acidulo, è l’amarognolo a conquistare la scena negli snack quanto nelle bevande. Fa parlare sempre più di sé il tè matcha, ad esempio, così come il caffè diversamente tostato per esaltare il lato amaro dei chicchi. Per non parlare del revival del "bitter" di prodotti storici come Cynar, Campari o Angostura, cui gli chef oggi guardano con interesse per dar vita a nuove idee.
Dopo l’esplosione di una vera e propria kale-mania, l'amaro in alternativa al salato ha portato il mondo degli snack a un gradino più alto proponendo "divertissement" che ruotano ad esempio intorno ai cavolini di Bruxelles o ai broccoli disidratati. Anche il cioccolato si è "adeguato" ed eccolo allora nella versione amara-per-intenditori (90% o giù di lì) in abbinamento ai cereali tostati.