“Questo Champagne è quasi dorato: senti le note nocciolate che lo caratterizzano?”. Ascoltare la descrizione delle bollicine direttamente di chi le produce è sempre affascinante. Ma quando a parlare è una persona come Alice Paillard, le nuance aromatiche si inchinano a un modo nuovo, fresco e diretto, di comunicare.
Figlia di Bruno Paillard, Alice ha da poco presentato l'Assemblage Millésime 2012, l’ultima etichetta della maison che rappresenta e che prende nome dal padre. Giovane, raffinata e schietta allo stesso tempo, è una di quelle figure che sta traghettando verso il futuro il mondo dello Champagne. E che sta contribuendo a cambiare, se non “svecchiare”, l’immagine delle maison, riuscendo a trasmettere facilmente il sapere di un territorio leggendario.
Le donne e le bollicine, i diversi volti della Champagne e l’impatto del Covid: ecco i temi che ha toccato Alice Paillard nel corso dell'intervista a Fine Dining Lovers.
Perché, spesso, c’è ancora un'immagine un po’ fané dello Champagne?
Quando sei dentro le cose non te ne rendi conto. Per me lo Champagne è sempre stato il risultato dell’azione di chi lo fa: non è astratto, ma lo vedo come qualcosa di molto pratico, come il frutto di un lavoro di tante persone che si incontrano e che collaborano. Penso che forse ci siano diversi Champagne e ovviamente a volte le cose cambiano: ci sono alcuni marchi che sono diventati molto potenti ma che forse non sono più tanto incarnati da persone che li rappresentano. Ma questa non è la Champagne che conosco io: ho sempre visto mio padre molto implicato nella denominazione, ho visto tanta gente combattere per le proprie idee. Credo che abbiamo tanti difetti e aspetti da migliorare - come tutti - ma nei punti a mio favore c’è la capacità di lavorare insieme. E questa è la sfida di ogni giorno, perché richiede all’essere umano di uscire dal proprio guscio: è uno sforzo lavorare collettivamente, anche se la tua visione è diversa da quella del vicino, ci devi provare.
L’impressione è che si stia cercando di svecchiare l’immagine delle bollicine e abbracciare un pubblico diverso, più giovane...
Dietro la Champagne ci sono uomini e donne con le loro idee e le loro forze: quando le incontri, tutto diventa vivo. Le nostre sfide sono sul fatto di far vivere la diversità della Champagne, di renderla visibile, di farla degustare e capire… Per questa ragione faccio parte di un’associazione chiamata la Trasmission Femmes en Champagne: siamo nove donne, tutte proprietarie o direttrici di cantine, ma è stata fondata con l’idea di rispecchiare le diversità della Champagne. Quindi rientrano in questa realtà casi diversi: dalla maison di grande dimensione a quella di media o piccola dimensione, ma anche vigneron della zona di Reims, della Côte des Blancs, dell'Aube: una diversità di dimensione, di geografia e di età, ma anche di esperienze; c’è chi ha 25 anni e chi sta per andare in pensione. Questa associazione ci permette di cambiare insieme, di comprendere le percezioni diverse, i punti di vista di altri operatori. Organizziamo degustazioni, eventi, e questo ci permette di far percepire la grande pluralità che si cela dietro la regione della Champagne.
C’era bisogno delle donne, quindi, per far percepire i diversi volti della Champagne... Oggi è ancora un mondo molto maschile, quello delle bollicine?
Sì, a livello di direzione e gestione manageriale: le donne sono numericamente di meno. Però direi che la Champagne, nella sua storia, è sempre stata segnata da donne importanti. Senza voler essere troppo provocatoria, direi che, nel mondo vitivinicolo francese, sono felice di essere champenoise. Oggi c’è una vera apertura su questo tema, ma è molto più complicato altrove. Attualmente non credo che a livello di posizioni di responsabilità ci siano meno donne che in altri settori. Non è colpa degli uomini, ma l’organizzazione della vita professionale è basata su delle regole che ci sono da molto tempo e che, naturalmente, sono state create da uomini.
Come ha vissuto il mondo dello Champagne l’anno di pandemia?
Tutte le realtà legate al lavoro della vigna non hanno per niente risentito del Covid. L’anno scorso, in primavera, la vigna è cresciuta con una rapidità incredibile, e nessuno si è fermato. Per il resto, è dipeso tutto dalla rete di distribuzione: chi lavorava più con la gdo e con le enoteche ha mantenuto un’attività più bassa, ma l’ha mantenuta; chi ha lavorato negli anni più con la gastronomia, l’anno scorso ha perso molto; chi ha lavorato con il mondo della notte e delle discoteche ha perso ancora di più. Ci sono diversi livelli, insomma. La chiusura a - 18% è stato per tutti, alla fine, un segno relativamente positivo, soprattutto se pensiamo che stiamo parlando di un vino che viene aperto normalmente in occasioni speciali e in momenti di celebrazione. Noi abbiamo rilevato soprattutto il fatto che nel 2020 molte persone hanno vissuto lo Champagne nell’intimità, e questo per noi è un bel regalo. Un buon Champagne ha il potere di rendere speciale qualsiasi momento: questo è magico.
Che consiglio darebbe a una giovane donna che non ha il coraggio di lanciarsi nell’attività in vigna, magari come produttrice o manager?
Le direi che ha tanti tiri da mettere a segno, di avere fiducia nelle proprie capacità, ovviamente, ma anche nelle sue intuizioni, nelle sue convinzioni e nella sua creatività. Spesso ci troviamo in situazioni in cui dobbiamo per forza adoperare la nostra mano, dobbiamo far sentire il nostro tocco: per questo motivo penso che non ci sia ragione per non crederci, ma dobbiamo metterci tutta la nostra ispirazione.