Di origini campane, Vincenzo Guarino è lo chef del Mandarin Oriental Lago di Como, inaugurato ad aprile 2019. Qui, con il ristorante gastronomico L'Aria, è riuscito ad ottenere in meno di sette mesi la prima stella Michelin.
Un traguardo importante e apprezzatissimo che è però rimasto in qualche modo sospeso. L'edizione 2020 della Rossa è infatti stata lanciata ad inizio novembre 2019, pochi giorni prima della chiusura stagionale dell'intera struttura alberghiera (ex Castadiva).
Comprensibile dunque la grande emozione di Guarino e della brigata tutta per questa inaugurazione ritardata, per la prima volta da "titolari" della stella. Se infatti in primavera è stato il lockdown ad impedire la riapertura, in estate Mandarin Oriental Lago di Como ha deciso, con lungimiranza premiata, di affidare gli spazi del ristorante e la relativa terrazza ad un pop-up firmato Langosteria.
In questi mesi lo chef ha lavorato ai piatti con il suo staff, così come alla sala e alla cantina. Ora è pronto ad accogliere i propri ospiti al ristorante L'Aria, così come al bistrot.
Finalmente riapre L'Aria. Dopo tanta attesa, qual è la proposta per l'autunno 2020?
Ho preparato un menu che comprende sia miei piatti storici che alcune novità assolute. I percorsi degustazione sono quattro: L'Aria, il più completo; Tradizione, ricco di sapori locali e lombardi; Verde 4.0, con i suoi piatti vegetariani; Il Tartufo Bianco, interamente dedicato all'eccellenza italiana di stagione. Abbiamo notato che il tartufo lo scorso anno ha riscontrato particolare apprezzamento tra i nostri ospiti, dedicargli un intero tasting menu autunnale è stata una naturale conseguenza.
Nel piatti in carta emerge molto il sud Italia ma altrettanto presente è l'Oriente. Da dove arriva questa scelta?
Sono campano, amo i sapori della mia terra ed in generale del Mediterraneo. Nella mia cucina fine dining non ho timore di usare sapori decisi come quelli del peperone crusco e della 'nduja. La componente orientale arriva dalla mia passione per quelle terre lontane. Ho sempre viaggiato in Asia, sia per passione che per lavoro, e alcuni di quei luoghi sono così gastronomicamente vari che non è possibile restare impermeabili. Ogni volta che ritorno a casa mi porto dietro qualcosa. Così nelle mie portate si incappa frequentemente, tra le altre, in contaminazioni nipponiche, sia nella scelta della materia prima, come il wagyu, sia nelle preparazioni, come i gyoza. Nonostante questa premessa, non posso dire di proporre una cucina fusion, è semplicemente mia, frutto delle mie esperienze.
Foto Marco Ferrari
Ci sono altre cucine del mondo a cui si ispira?
Certamente. Innanzitutto quella della Spagna che, per ingredienti e tecniche, ha numerose affinità con la nostra ma anche interessanti differenze. Una volta all'anno mi concedo un appuntamento presso El Celler de Can Roca, mi nutre anche dal punto di vista umano. Poi mi intriga la cucina nordica. I Paesi scandinavi sono quelli che sperimentano maggiormente sul concetti di healthy, green, veg. Sono tutti aspetti che mi piace approfondire, senza mai dimenticare che L'Aria, così come il bistrot del Mandarin Oriental Lago di Como, è pur sempre un ristorante italiano.
In che senso?
Che lasciarsi ispirare dalle tradizioni vicine e lontane è un'ottima cosa; rende una proposta affascinate, contemporanea. Ma ciò che andiamo a proporre è comunque un'espressione diretta del territorio. Impossibile, nel nostro gettonato bistrot, non inserire una semplice e gustosa pasta al pomodoro, tra i piatti più richiesti.
Ci racconti meglio del bistrot, frequentatissimo sia all'aperitivo che per il pranzo e la cena. Qual è il suo segreto?
Innanzitutto una vista senza pari. E poi un'offerta chiara di casual dining che comprende ricette iconiche nostrane, sia tra i primi piatti che tra i secondi, come la cotoletta alla milanese. Non mi faccio mancare anche qualche proposta creativa, fresca. Vincenti sono state anche le serate dedicate alla pizza, ospitando periodicamente importanti pizzaioli.
Proporre eventi spot in una cornice così esclusiva parrebbe un modo per dialogare con il territorio e non esclusivamente con la clientela internazionale. Quanto conta questo aspetto per lei e per Mandarin Oriental Lago di Como?
È fondamentale. Questa struttura è davvero unica, così ampia, così garbatamente lussuosa, interamente affacciata sul lago più famoso al mondo, perché non trovare il modo più corretto per condividerla anche con chi il lago lo vive davvero? Gli ospiti dell'hotel qui si divertono a provare i piatti del ristorante come del bistrot ma l'idea di proporre una pizza di qualità, indipendentemente dagli eventi singoli, è un modo per invogliare anche un abitante di Como, Lecco o Milano a spostarsi di poco per raggiungerci. La stessa cosa vale per il ristorante stellato, che conta anche su un menu alla carta. Sarebbe un errore contare soltanto sugli ospiti internazionali e dimenticarsi di chi invece è così vicino.
Insomma, ci sono tutti gli elementi per affrontare con entusiasmo la stagione autunnale. Com'è l'umore della brigata?
Siamo davvero tutti pieni di energia. I momenti di stop, dopo un primo momento di spaesamento, sono serviti per lavorare, riflettere, perfezionarsi. La brigata quest'anno è composta da ventidue elementi, leggermente ridotta rispetto all'anno scorso, strascico del lockdown. Nel ruolo di sous chef c'è sempre Vincenzo Balzano, al mio fianco da oltre vent'anni. Lavoro da molto tempo con diversi membri dello staff e questo ci permette di creare una complicità speciale. L'alto livello del lavoro fatto qui quotidianamente è una diretta conseguenza di questo aspetto tutt'altro che scontato in una struttura così ampia. D'altronde stiamo parlando di Mandarin Oriental, la catena di hotel di lusso che vanta il maggior numero di stelle al mondo.
Foto Marco Ferrari