A Milano c'è un locale ha avuto ancora poco tempo per mostrarsi al pubblico. Eppure Carico, in via Savona 1, ha già conquistato diverse persone con la sua proposta di casual cocktail bar.
Questo indirizzo, aperto ad inizio 2020, è una creatura di Domenico Carella, esperto di Food & Beverage con un passato da chef. Dalla sua un curriculum dal respiro internazionale che fa di lui un bar manager fuori dal comune. Che ha tanto da raccontare.
L'intervista di Fine Dining Lovers a Domenico Carella.
Come è partita la sua carriera nel mondo dei bar e della mixology?
È stato un percorso a dir poco inusuale. Tutto è iniziato il giorno successo al diciottesimo compleanno di mio fratello. Io avevo 15 anni. Utilizzammo per la sua festa una proprietà di famiglia in campagna, durante i preparativi mi cominciò a balenare in testa l'idea di aprire lì un'attività. Mio padre mi concesse di rendere realtà quello che era un semplice pensiero. Facevamo cocktail e panini, nulla di più.
Un'attività che si è ingrandita.
Sì, ancora oggi a Metaponto, in Basilicata, la mia famiglia gestisce Senso Farm, quello che nel tempo è diventato un agriturismo con un'offerta molto ampia, con tanto di salsa ricevimenti e dieci ettari di terreno.
Lei però non è rimasto lì. Come ha proseguito la sua formazione professionale?
Partii già in quella realtà occupandomi dei piatti. Successivamente lavorai come pizzaiolo e poi come chef. Quello con la mixology non fu quindi un amore a prima vista. A 25 anni ho poi scoperto di essere intollerante al glutine. Niente di male, certo, ma in quel momento la mia passione per la cucina vacillò e mi buttai a capofitto nella realtà dei bar. Lì ho ritrovato subito le stesse sensazioni positive che mi dava la cucina, ma potenziate: gli ingredienti, la pura sperimentazione, il riscontro immediato dei clienti.
E da lì spicca il volo. Quali sono state le tappe fondamentali della sua carriera prima dell'arrivo a Milano?
Inizialmente mi allontanai di poco. Inaugurai un locale nel vicino comune di Ferrandina, dove iniziai per la prima volta a spingere molto sull'offerta di miscelazione. Successivamente partecipai ad alcune competizioni, mi posizionai bene ma avevo un notevole tallone d'Achille: non conoscere bene l'inglese. Pertanto ricominciai a studiare la lingua ma anche il mondo del bar e dell'ospitalità, fino a quando non mi si presentò l'occasione di andare a Shanghai, con il ruolo di Bar Manager, per 8 1/2 Otto e Mezzo Bombana. Non potei certamente rifiutare. Mollai tutto e dissi sì. Seguirono Londra e Milano, dove feci una consulenza per Dry.
Così si fermò nel capoluogo lombardo?
Non ancora. Concluso il mio lavoro per Dry, mi chiamarono da Hong Kong. Fu il mio incarico più bello e stimolante prima dell'apertura del mio attuale locale. Lavorai così per Pirata Group, al mio arrivo avevano quattro locali e da lì ad un anno gli indirizzi erano dodici. Ancora, feci alcune consulenze brevi tra India ed Indonesia. Decisi infine di tornare in Italia quando iniziarono le proteste di Hong Kong contro la Cina.
Eccoci finalmente a Milano. Quando ha preso forma il progetto Carico?
Il mio primo impiego una volta rientrato definitivamente fu quello di Bar Manager del gruppo Langosteria. Poi mi spostai da Aimo e Nadia per seguire le diverse attività. Durante il mio lavoro da Langosteria iniziai però a conoscere il quartiere Tortona e, quando mi si presentò l'occasione di rilevare un locale, la colsi. Coinvolgendo il mio attuale socio Lorenzo Ferraboschi.
Qual è il segreto di Carico?
È mio figlio in tutto e per tutto. A partire dal design, che ho scelto personalmente, all'idea di cucina che ha poi sviluppato lo chef Leonardo D'Ingeo. In un luogo accogliente e piacevole, offriamo un ottimo servizio e proponiamo una cucina fine dining. Allo stesso modo viene sviluppata la proposta dei cocktail: all'insegna del gusto. Tra qualità e rilassatezza. Cambiamo con grande frequenza per dare sempre un'esperienza sempre differente, anche se ci sono dei signature che non mancano mai. Tra i cocktail il Cupsicum Funky, tra gli ingredenti del menu la quinoa risottata.