Dalla Puglia al Piemonte per diventare uno dei nomi di riferimento nel mondo dell'arte bianca: Massimiliano Prete vanta i tre spicchi della guida Gambero Rosso sia nella sua pizzeria Sestogusto di Torino che da Gusto Divino a Saluzzo.
Un successo che parte dell'impasto, a cui si avvicina con un approccio "da pasticcere", e solo dopo arriva al topping, gastronomico e locale. E che racconta dal principio a Fine Dining Lovers.
Com'è iniziato il suo percorso nel mondo della ristorazione e della pizza?
Il mio amore per gli impasti iniziò prestissimo. Da bambino osservavo sempre mia mamma in cucina. A quindici anni lasciai la Puglia per andare in Piemonte. Lavorai per due anni alla pizzeria pizzeria Tramonti di Asti e successivamente a Saluzzo, con il ruolo di pizzaiolo e pasticcere.
Qual è stato il vero “salto” nella sua carriera?
Nel 2014. Dopo aver frequentato l’Università della Pizza di Molino Quaglia mi si è aperto un mondo, un punto di vista totalmente nuovo ed incredibilmente ampio sul mondo dei lievitati, degli impasti, della fermentazione.
Qual è stata la prima insegna che ha aperto?
Nel 2000 ma non si trattava di una pizzeria. Coadiuvato da mia moglie Erica ho rilevato e gestito la caffetteria e pasticceria PiazzAffari. Ma il mondo della pizza mi mancava molto e nel 2011, con il nome di Teatro del Gusto, ho inaugurato il mio primo ristorante pizzeria, che per sette anni ha deliziato saluzzesi e turisti.
A cui segue l'insegna Gusto Divino...
Sì, nel 2014 decisi di chiudere PiazzAffari per dar vita, nel medesimo locale completamente rinnovato, a Gusto Divino. Il locale proponeva un nuovo concetto di pizza, quella gastronomica, perfetto mix tra innovazione e tradizione.
Com’è nata invece l'insegna Gusto Madre?
Il progetto nasce nel 2016, dal mio desiderio di portare la mia pizza e la mia filosofia dapprima nel cuore delle Langhe, nel regno dell’eccellenza culinaria piemontese. Ho aperto dunque ad Alba e, con lo stesso nome, nel 2017, anche in centro a Torino.
Foto Roberto Sammartini
Quando e come si è evoluta in Sestogusto?
Il termine giusto è proprio evoluzione. Nel settembre 2018, per focalizzare la mia attenzione sui locali di Torino e Saluzzo, e per dedicarmi a nuovi progetti, decisi di lasciare Gusto Madre ad Alba e di regalare al locale di Torino un nuovo nome: Sestogusto. Il sesto gusto, secondo i ricercatori, è infatti la più o meno spiccata sensibilità al sapore dei carboidrati. Una lettura che mi è piaciuta. Mi definisco un lievitista e non un pizzaiolo, perché è nell’impasto il tratto distintivo delle mie pizze, è fatto a regola d’arte al fine di garantire gusto e leggerezza. Tutto è frutto di un grande lavoro quotidiano di ricerca e sperimentazione.
Infatti nel suo menu ci sono diversi impasti disponibili. Quanti per l'esattezza?
Davvero molti e, poiché la ricerca è costante, ce ne sono spesso di nuovi. Per citarne alcuni, c'è la Classica, il Pizz’Otto soffice, la Croccante, la Pala, la focaccia imbottita Fa Croc®, la Fermento a fermentazione spontanea...
Utilizza lo stesso rigore e la stessa dedizione anche per i dolci?
Sono un pasticcere, la precisione è una componente essenziale del mio metodo di lavoro, per cui, in realtà, è l’approccio preciso della pasticceria che ha influenzato il mio modo di fare la pizza. Un approccio che mi piace riassumere con tre sostantivi: pazienza, precisione, poesia.
Come si pone nei confronti di tematiche quali riduzione dello spreco, stagionalità?
Sono aspetti molto presenti nella mia attività. Una delle cose di cui sono maggiormente orgoglioso è la mia Birra di Focaccia, realizzata in collaborazione con Antagonisti Gipsy Brewers di Melle, una birra sostenibile ottenuta recuperando il surplus delle nostre focacce. La stagionalità è invece il primo aspetto che considero per la stesura del menu, che varia come la carta dei dessert. Un altro tema che mi sta particolarmente a cuore è quello dei piccoli produttori artigianali italiani, per me i veri detentori dell’eccellenza e i custodi dell’autentico made in Italy. Nel post-Covid ho dedicato loro Orgoglio italiano, un menu degustazione nato per sostenerli nel mio piccolo.
Come definirebbe la sua pizza?
La tipologia di pizza che propongo può essere definita gourmet, termine oggi un po' inflazionato. Successivamente si è sentito parlare di pizza contemporanea. Ho deciso di cercarne uno che mi calzasse ancor meglio: pizza gastronomica. Anche se ogni tanto, nel definirla, esclamo: "Questa non è una pizza”.
Foto Roberto Sammartini
Ce n’è una più rappresentativa di altre?
La Margherita Extravergine®, realizzata solo con ingredienti di piccoli produttori di eccellenze italiane: base croccante realizzata con grano evolutivo raccolto nel 2019, guarnita con pomodorino di collina del Vesuvio, ricotta di capra Cascina Badin, pesto di basilico e pistacchi di Bronte. Rispecchia a pieno il mio pensiero gastronomico.
Si divide tra pizzerie e lezioni. Cosa l’ha spinta ad avvicinarsi alla didattica?
I miei clienti. In molti mi chiedevano consigli e suggerimenti per i loro impasti casalinghi e si dicevano interessati ad eventuali corsi. Ho quindi iniziato ad organizzarne di teorie e pratici per non addetti ai lavori, presso il mio locale di Saluzzo. Successivamente hanno iniziato a contattarmi aziende, enti di formazione e scuole. Da alcuni anni sono docente presso l’UNISG Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e ho avuto il piacere di tenere corsi presso diverse altre realtà. L’aspetto che più mi appaga è sapere di aver contributo alla formazione professionale di qualcuno, di aver aggiunto un tassello in più alle sue conoscenze. Il mio approccio non è sedermi in cattedra ed insegnare ma semplicemente fornire le regole base per poi permettere ad ogni singolo di esprimere il proprio potenziale. Un metodo che regala grandi soddisfazioni perché i corsisti ne escono con più conoscenze della materia ma anche più consapevoli dei propri talenti. Intanto io sono arricchito dal confronto costante.