Marco Sacco non ama le luci dei riflettori, né tantomeno la vicina Milano che gli ha sovente strizzato l’occhio e da sempre lo invita ad aprire qualcosa di più cittadino.
No, Marco resta nel mezzo delle meraviglia piemontesi, affacciato su quel Piccolo Lago - due Stelle Michelin dal 2007 - che lo ha reso celebre anche oltre i confini nazionali.
Ma esperienza e riconoscimenti non hanno fermato lo chef, che per festeggiare la riapertura del ristorante per la stagione 2016 ha deciso di dare una sferzata a menu e piatti, accompagnato anche da un nuovo giovane staff.
E da una nuova sinergia in cucina nascono nuovi piatti. Ecco quindi un primo che grida italianità da tutti i pori, lo Spaghetto d’Italia, il piatto piacione per eccellenza: spaghetto saltato in bianco, perfettamente al dente, con polvere di pomodoro, Mascarpa ossolana, cavolo nero scottato nell’acqua bollente e raffreddato in ghiaccio.
Vitalità e fantasia che portano anche interessanti commistioni con Oriente, Laos, Hong Kong, Corea del Sud. Le vediamo ad esempio in un piatto fatto di contrapposizioni come Lumaca Lumaca, che da una parte mette quelle di terra e dall'altra quelle di mare. Le prime ossolane delicate, morbide in bocca e cotte in modo più classico e apprezzato, con aglio, prezzemolo e burro servito su spuma di patate alla grappa. Le seconde, invece, parlano proprio di Oriente: cotte al vapore, più asciutte e sicuramente più ostiche al palato. Un incontro scontro che comunque rimane nella memoria per mise en place e concetto.
Il vero principe dei nuovi menu creativi firmati da Marco Sacco è senza dubbio Topinambur: il tubero selvatico, piemontese e fedele a se stesso nel piatto dello chef. La crema è ottenuta cuocendo il tubero nel forno mentre la croccantezza viene dta dal topinambur fritto con la sua pelle. E poi ecco la versione cotta al naturale e facile da mangiare col cucchiaio, accompagnata con tartufo nero essiccato e crescione.
Fra i secondi si gioca tanto sul versante vegetale che su quello della carne. Nel primo troviamo un piatto dal nome onirico, Acquario Vegetale, che ricrea un paesaggio di sapori molto delicato bagnato da acqua di mare. La Porca Costina è invece la parte un po’ più goduriosa del percorso di Marco Sacco, dopo lo spaghetto: maiale toscano cotto sottovuoto e messo nel forno, per poi essere affumicato anche questo secondo tradizione ossolana, sopra una brace sulla quale vengono disposte piante resinose aromatiche.
E uno dei dessert che viene servito al termine dei tre menu creativi del Piccolo Lago - chiamati rispettivamente Cinque Storie, Otto Uscite, Undici Opere - è il Carciofo.
Dopo una degustazione intensa come quella proposta dallo chef - che oltre alla creatività ci mette anche la sostanza - è un dessert che rinfresca e non lascia adito a molte interpretazioni. Il piatto l’anno scorso era stato proposto in versione salata, come antipasto con cuore a base di uovo. Adesso si trasferisce nella parte opposta della degustazione, diventa una ciambella fritta che regge un gelato di latte di mandorla e si accompagna a una leggera nota acida in fondo. Fresco e leggero abbastanza da lasciare spazio alla piccola pasticceria da condividere con i commensali, che devono tagliare i dolcetti con un semplice coltellino. La convivialità a tavola anche nei gesti più semplici e spesso completamente dimenticati nei ristoranti blasonati.
Marco Sacco abbraccia la novità e le nuove leve in cucina, ma non dimentica i piatti che l’hanno reso celebre come il Flan di Bettelmatt, la Carbonara au Koque o l’Anguilla, che continuano a rimanere in carta.
Qui sotto trovate invece altri piatti che fanno parte dei nuovi menu di Marco Sacco come Riso Vongole e Borragine e Calamaro Calamaro. Per il resto buona degustazione, vecchia e nuova, al Piccolo Lago.