L'amore per la cucina italiana arriva prima del suo trasferimento nel Bel Paese: Kokichi Takahashi, chef giapponese del ristorante Al Fresco, inizia a lavorare a 18 anni in un piccolo ristorante italiano in Giappone. Poi per imparare va in città sempre più grandi e infine decide di venire in Italia, a Milano.
Poi il master in cucina italiana ad Alma e da lì solo grandissime esperienze fra cui il Trussardi alla Scala di Andrea Berton e in seguito Carlo Cracco. Alla fine arriva il turno dell'alta cucina italiana per antonomasia, quella de Il Luogo di Aimo e Nadia e degli chef che ne hanno raccolto il testimone: Alessandro Negrini e Fabio Pisani.
Dopo l'esperienza a Il Luogo di Aimo e Nadia Takahashi approda al Bvlgari come sous-chef, ma la coppia stellata lo richiama per un nuovo progetto con un format diverso dal ristorante di via Montecuccoli. Il progetto si chiama Al Fresco, "luogo d'incontro con cucina" in una location d'eccezione al centro della movida dei Navigli e che si prefigge l'obiettivo di offrire una cucina italiana di altissimo livello a dei prezzi medi.
In questa intervista lo chef giapponese racconta di sè, della sua prima esperienza da executive chef, della sfida per portare la sua "cucina di cuore" sempre a tavola mantenendo i prezzi bassi.
Che tipo di cucina si trova ad Al Fresco?
Una cucina italiana, ma meglio dire una cucina di cuore. Mi piace lavorare bene; quando ci sono troppi tavoli e troppo ordinazioni mi rendo conto che si lavora male e non mi piace, perché nella cucina metto me stesso.

Un ingrediente italiano che l'ha colpita e di cui non può più fare a meno?
Le verdure più di tutte. Il gusto delle verdure e della frutta in Italia è più concentrato, forse perché c'è più sole e meno pioggia rispetto al Giappone. Nel mio paese trovo che non ci sia forza nelle verdure. Poi qui c'è davvero tanta varietà.
Un ingrediente che invece le manca del Giappone?
Per il tipo di cucina che faccio non servono ingredienti giapponesi, ma il gusto che mi manca è quello del pesce: il pesce giapponese è diverso, il mare è più freddo e gli regala un sapore unico. In più il pesce giapponese si conserva di più.
Da Berton a Cracco fino a Il Luogo di Aimo e Nadia: secondo lei cosa c'è di diverso nella cucina di Negrini e Pisani?
È il tipo di cucina per cui mi sono trasferito in Italia; quando sono arrivato lì mi sono accorto che cercavo proprio quello stile: apparentemente semplice e classico. Poi loro sono bravissimi in cucina: quando lavoravo con loro tutti i giorni assaggiavano qualsiasi cosa e ogni qual volta si preparava un piatto era una specie di esame. Adesso il nostro rapporto è cambiato, ma c'è sempre uno scambio continuo: si parla di fornitori, ingredienti e piatti.

Al Fresco: grande cucina a prezzi medio bassi. Come si fanno buoni piatti riducendo i costi?
Si utilizzano materie prime di ottima qualità, ma povere. Ad esempio in menu abbiamo avuto la Guancetta di Vitello per un po', al posto del filetto o di un taglio più costoso. È una cucina ragionata: gli ingredienti sono meno nobili, vanno lavorati di più, ma il risultato è sempre molto buono. L'altro giorno siamo andati con Fabio al mercato e abbiamo preso tanto sgombro, che va lavorato certamente tanto, ma che costa meno di altri pesci più pregiati.
Milano e l'Expo 2015: cosa ne pensa?
Cracco diceva "Milano è una piccola città internazionale", ed è vero ci sono tanti stranieri e ce ne saranno ancora di più l'anno prossimo. L'importante è sempre cucinare italiano e far vedere agli altri paesi cosa sappiamo fare.
Il ristorante che l'ha colpita di più e che consiglierebbe?
Wicuisine di Wicky Priyan: lui è molto bravo ad usare le spezie, mi piace molto
Lo chef che rappresenta secondo lei al meglio la cucina italiana?
Aimo Moroni senza dubbio, e Gennaro Esposito. Quest'anno sicuramente Niko Romito: è bravo perché lavora con i contadini e gli artigiani della sua terra.