Come reagireste se vi offrissero una lattina di champagne? E se invece di aprire una bottiglia vi spillassero una pinta di prosecco? Se le lattine di champagne sono per fortuna fino a questo momento risparmiate agli occhi e alle papille del mondo, il prosecco alla spina è una realtà nell'immaginario di milioni di consumatori britannici. Che ne vanno pazzi.
Sia ben chiaro: quello venduto alla spina non è vero prosecco. Nella maggior parte dei casi si tratta di un vino frizzantino decoroso, italiano se va bene. Niente a che vedere con il prodotto viticolo protetto dall'italico Marchio d'Origine Controllata, quello che nel 2014 per la prima volta nella storia ha battuto nelle vendite globali l'ancora più nobile, e soprattutto rispettato, cugino francese, lo champagne.
REGNO UNITO: IL PROSECCO ALLA SPINA
Negli Stati Uniti le sue vendite hanno fatto un balzo del 30%, superando il milione di casse (10 milioni di bottiglie), per un controvalore di 150 milioni di dollari. Ma è proprio il Regno Unito il primo mercato estero in assoluto per il Prosecco: le vendite nel 2014 sono cresciute del 75%, per un valore stimato di circa un miliardo di sterline. Bollicine dall'eccellente rapporto qualità-prezzo (una bottiglia può costare meno di 10 sterline, meno della metà della bottiglia di champagne più economica), che hanno conquistato la classe media inglese, come un piccolo spumante di lusso da potersi concedere anche ogni giorno, magari sostituendo durante il pasto un vino fermo con la vivacità meno impegnativa delle bollicine.
Una storia d’amore a lieto fine, almeno finché il love affair è rimasto chiuso dentro le pareti trasparenti di una bottiglia. Ma il tradimento, dicono, dell'umana natura è parte, e nulla ne può la divinità di una produzione vinicola d'eccellenza, senza un tappo che ne garantisse l'autenticità. La bollicina che ha fatto traboccare il vaso è stata un hashtag, quello di #proseccoontap. I commenti entusiasti del nuovo popolo di fan del prosecco alla spina, dagli equivoci ristoranti di Soho e dai combattivi pub di Waterloo sono arrivati alle orecchie esterrefatte delle cantine di Valdobbiadene, la zona di produzione più nota del prosecco Docg, il marchio in cui la garanzia diventa doppia.
Una foto pubblicata da MintMag.ie (@mintmag.ie) in data: 6 Mag 2015 alle ore 06:55 PDT
LA RISPOSTA ITALIANA
Tra le colline gentili di quella terra del Nordest d’Italia, che danno ampio riparo dai venti settentrionali ai suoi vigneti, è scoppiata la bufera. La “pinta di prosecco” decisamente non è andata giù ai produttori di questo vino sprizzante note fruttate e floreali, ma non per questo meno solido di una quercia, almeno nel cercare di difendere la propria dignità. Che già nei secoli fu messa a dura prova: il brasiliano “Prosecco Garibaldi”, l'australiano “Prosecco Vintage”, il croato “Prošek “ eccetera, tutte imitazioni che spinsero i produttori di questo vino spumante che nasce dal vitigno glera in una zona del Veneto e Friuli-Venezia Giulia e viene alla luce con metodo Charmat, a unire le forze per tutelare la loro creatura facendola entrare nella Casa Protetta del Doc.
Ma ora la minaccia arriva dal Regno Unito e da una delle sue più venerate istituzioni, il pub. E pensare che fu proprio un gentiluomo inglese, l'esploratore e scrittore Fynes Moryson, il primo a citare, nel 1593, il cambio di denominazione del celebrato vino locale, uno dei migliori d'Italia, “now called Prosecho”. Risultato: il prosecco alla spina è frode, per l'Italia, l'Europa e l'Inghilterra.
Il Consorzio dei produttori, spalleggiato da Roma, ha puntato il forcone contro li UK’s Food Standards Agency and Intellectual Property Office, minacciando ritorsioni legali se il traffico illegale di “pseudo-vino pompato di anidride carbonica” e spacciato per prosecco non veniva arrestato.
E ai sudditi di Sua Maestà non è rimasto altro da fare che arrendersi, e staccare la spina.
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