La storia della Thomas Hardy’s Ale è la storia di una birra, nata negli anni Sessanta, che diventò una delle migliori birre artigianali al mondo, oggetto di un culto dai tratti quasi parossistici. La storia di passioni - per la letteratura, per gli alcolici, per la tradizione - che hanno portato prima alla nascita del barley wine più famoso del pianeta, e poi al suo rocambolesco salvataggio.
Una storia che ci è stata raccontata lunedì 13 settembre, durante una conferenza stampa nel corso della Milano Beer Week. Intorno a noi, cartonati con l’immagine della Thomas Hardy’s ci informano entusiasti che “THE LEGEND IS BACK!”. Davanti a noi, sul tavolo, un calice pieno (e una bottiglia vuota). Siamo qui per assistere al rilancio della birra che, dopo anni di oblio, è ritornata in produzione, e l’ha fatto grazie a due italiani, Sandro e Michele Vecchiato di Brew Invest.
LE ORIGINI
Era il 1968 quando il birrificio Elridge Pope, di Dorchester, decise di celebrare il quarantennale della scomparsa dello scrittore Thomas Hardy (noto soprattutto per il romanzo Tess dei D’Ubervilles). E quale modo migliore per farlo che con una birra? Nel suo racconto The Trumpet Major lo scrittore aveva descritto una "strong beer" che era
del più bel colore che l’occhio di un artista potesse desiderare per una birra: robusta e forte come un vulcano, piccante senza essere pungente, luminosa come un tramonto d’autunno, dal sapore uniforme ma, alla fine, piuttosto inebriante
Sono queste le parole che tengono a battesimo la Thomas Hardy’s Ale, che nasce da subito come una birra dai presupposti esclusivi: prodotta una volta l’anno, maturata in legno, venduta in bottiglie numerate (anno di produzione, lotto e numero di tiratura). Inoltre, i proprietari stessi raccomandano caldamente di non conservarla subito ma lasciarla in cantina: dà il suo meglio dopo 25 anni, dicono.
Era nata una delle migliori birre artigianali al mondo - e con lei la leggenda.
LA RINASCITA
La Elridge Pope Brewery continua la produzione di Thomas Hardy’s finché, nel 1999, è costretta a fermarla per costi di produzione non più sostenibili. L’adorazione esplode: i prezzi salgono alle stelle, le bottiglie rimaste diventano reliquie vendute a più di 100 sterline.
Nel 2003 l’importatore americano George Saxon la fa rinascere, con il supporto del birrificio O’Hanlon, ma la produzione si interrompe ancora nel 2008. Ed è qui che entra in gioco Sandro Vecchiato, che si lancia in un’operazione potenzialmente rischiosissima - rilevare un marchio tradizionalmente britannico, dalla produzione complessa e costosa - che si rivela invece vincente. “Ho faticato molto a trovare un birrificio britannico che ci supportasse, ma alla fine ce l’ho fatta. Volevo che rimanesse sul suolo natio” spiega Vecchiato “Insieme a Meantime abbiamo mantenuto i capisaldi della Thomas Hardy's: millesimata e a tiratura limitata”.
COME CONSUMARE LA THOMAS HARDY’S ALE
E i primi risultati gli hanno dato ragione: Medaglia d’oro all’International Beer Challenge, United Kingdom Country Winner ai World Beer Awards.
Anche il nostro giudizio - per quanto meno autorevole - ha plaudito alla "nuova" Thomas Hardy’s Ale, annata 2015: un barley wine (11,7% gradi) dal colore ambrato con sfumature bronzee, frutta secca tanto al naso quanto in bocca, velluto dolce sul palato con un finale leggermente acido.
“La Thomas Hardy’s Ale era un monumento. Ma secondo noi un monumento va visitato” conclude Vecchiato “Il nostro consiglio è comprarne un cartone: uno si beve, l’altro si lascia in cantina per almeno 12 mesi”.
Il prezzo dell'annata 2015 è 6,90 alla bottiglia, ma attenzione, gli appassionati sono avvertiti: a breve verrà messa in commercio una Thomas Hardy’s maturata in botti da cognac.